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.I sogni del popolo mesopotamico
Nell'antica terra di Sumer, per i popoli che chiamavano "casa" la Mesopotamia, il concetto di destino era strettamento collegato al mondo divino: erano gli dèi a decidere della vita - e della morte - degli uomini. Tutto era già scritto.
Namtar, il destino ineluttabile.
Qui, i sogni erano un piccolo scorcio su ciò che avrebbe potuto essere e su ciò che sarebbe stato. Una porta, concessa da dèi e demoni (intesi come creature sovrannaturali, non necessariamente negative). Sognare quindi, era conoscere il volere degli dèi per volontà divina.
Allo stesso tempo però, la visione del mondo onirico per questi popoli era un fatto quasi scientifico. Non si cercavano i miracoli nei sogni, ma l'interpretazione della realtà, per sé e i propri cari.
Sfortunatamente il tempo e l'ignoranza della lingua, non ci permettono di avere resoconti effettivi e completi, ma da ciò che è rimasto pare che per i popoli mesopotamici l'anima, durante il sonno, si distaccasse dal corpo e avesse la facoltà di vagare, così che i ricordi del sogno non erano altro che le avventura dell'anima errante.
Non è ben chiaro se i sogni comuni derivassero da un dio in particolare o una facoltà intrinseca dell'anima. Per quanto riguarda gli incubi, invece, vi era una particolare concezione. Questi sogni non erano, infatti, mai trascritti esplicitamente, poiché anche solo il rievocarli (e conservarli) avrebbe potuto comportare conseguenze nefaste. Essi erano la manifestazione dell'ira di un dio (forse di Ziqiqu, messaggero lunare e dio dei sogni, il cui nome potrebbe essere tradotto come "fantasma" o "nullità"), il sintomo di un cattivo stato di salute, o il risultato delle trame malvage di un altro essere umano invidioso. In ogni caso, l'origine era malefica e il sognatore doveva purificarsi tramite riti e formule specifiche. Un mezzo era, per esempio, la trascrizione del sogno su un pezzo d'argilla che, successivamente, sarebbe stato fatto sciogliere. La formula associata preve di rivolgersi direttamente alla tavola: "Zolla, nella tua sostanza è mescolata la mia sostanza, nella mia sostanza è mescolata la tua sostanza [...] possa il male che ho visto nei sogni andarsene, svanire". Questo perché si pensava che ogni oggetto avesse una propria essenza, una volontà e una storia.
Altre invocazioni potevano essere rivolte al dio Sin (dio lunare) o a Shamash (dio solare) per tramutare il sogno malefico in un'opportunità, in qualcosa di buono.
Gli incubi, in ogni caso, non erano utili all'interpretazione. In tutti gli altri sogni invece, si prestava attenzione alla posizione del sognatore, al russare, al parlare nel sonno e ogni altra particolarità, poiché essi erano contatti con il divino, da interpretare affinché dai simboli si giungesse alla predizione.
Nella cultura assiro-babilonese la figura dell'oniromante era molto controversa: a volte elemento da disprezzare, altre volte fidati consiglieri reali. Perché questa differenza? Non è dato da sapere, si può solo ipotizzare. Spesso, infatti, il disprezzo era rivolto verso donne che interpretavano i sogni in base a doti particolari, acuta sensibilità e si rivolgevano al popolo. I consiglieri erano invece uomini per i quali la lettura dei sogni era una scienza, con libri da studiare e analisi da comparare.
Curiosità:Sumer vi era il cuore di Uruk, ovvero il tempio di Eanna in cui vi era una stanza molto particolare. Il sovrano poteva usarla infatti per coricarsi e ricevere sogni premonitori.
Sogni famosi
Il primo è parte di una dinamica che sicuramente avrete già sentito: un dio si arrabbia e decide di spazzare via l'umanità. Un altro dio avverte in sogno il prediletto che si salva e popola il nuovo mondo.
No, non stiamo parlando di Noé, ma di Ziusudra (o Utnapistim), unico uomo che si salverà con la moglie dal diluvio universale scatenato dagli dèi. Fu il divino Enki a rendersi conto dell'errore e ad avvertire Ziusudra tramite un sogno. Egli acquisirà poi l'immortalità.
Nell'epopea di Gilgamesh, Enkidu sogna gli dèi. Essi sono seduti a consiglio e stanno decidendo quale sia la punizione migliore per i due amici che hanno osato abbattere la foresta di Cedri e uccidere il toro celeste. Sebbene sia stato Giglamesh il vero fautore dell'impresa, su Enkidu che ricadono le colpe: gli dèi hanno deciso di ucciderlo. L'uomo prima maledice l'amico e la prostituta che l'ha sedotto, poi tramuta le sue maledizioni in benedizioni, capendo che il suo destino era già scritto e che qualunque cosa avrebbe fatto non avrebbe cambiato nulla.
Sempre nell'epopea, Gilgamesh scopre dell'arrivo di Enkidu grazie ad alcuni sogni che, turbato, racconta alla madre perché lei possa interpretarli. In uno di essi per esempio, un'ascia bipenne si abbatte su Uruk e le genti si radunano incredule intorno ad essa, finché il re non la porta dalla madre. Il parere della donna è che presto giungerà un amico, un guerriero, un uomo che cambierà la vita di Gilgamesh stesso.
Per approfondire:
Interpretazioni del sogno, Zuleika Fuscu
L'epopea di Gilgamesh, N. K. Sandars
Gilgames, Franco D'Agostino
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Molto bello! Grazie 😊 . -
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Grazie Night! Davvero molto interessante! 🤗 . -
Sibilla .
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Grazie!! .
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