lo Gnosticismo

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  1. leAlidelDestino
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    Posto qui questa affascinante e particolare visione della creazione del mondo, anche se forse sarebbe più appropriata la sezione Mitologia :D . Sicuramente non si tratta di un articolo sopra le parti ( a tratti sembra anche ironico ai miei occhi), ma devo dire che chiarisce, sempre a mio avviso, molto bene i punti essenziali di questa.....dottrina (?) :)


    ALLE ORIGINI DELLO GNOSTICISMO
    di Ezio Albrile



    La parola "gnosis" in greco significa "conoscenza" e in genere viene utilizzata per designare due distinte modalità di pensiero.

    Da un lato, infatti, si indica col termine "gnosi" tutto ciò che ha attinenza con l'universo della "conoscenza segreta" e delle dottrine sapienziali, mentre dall'altro col termine "gnosticismo" si designa una specifica corrente religiosa della tarda antichità le cui vicende storiche sono a volte strettamente legate al Cristianesimo nascente.

    Lo gnosticismo dei primi secoli è un grande fenomeno religioso nel cui alveo sono confluite le più svariate fascinazioni misteriche provenienti dal mondo ellenistico e vicino-orientale. Un tempo conosciuto solo nelle fonti degli avversari, cioè nei Padri della Chiesa che lo combatterono aspramente, anni addietro ha avuto una nuova riscoperta grazie al ritrovamento, nelle sabbie del deserto egiziano presso Nag-Hammadi (l'antica Chenoboskion), di un'importante biblioteca in lingua copta.

    Si tratta dei cosiddetti manoscritti di Nag-Hammadi, una cospicua serie di trattati gnostici che per la prima volta rivelavano nelle fonti originali i testi di quest'antico credo misterico.

    Gli avversari chiamano i seguaci di quest'arcaico esoterismo con una sfilza di nomi differenti: Valentiniani, Basilidiani, Ofiti, Sethiani, Perati ecc., identificandoli con il nome del fondatore o con l'oggetto della loro devozione; nel caso degli Ofiti per esempio è il Serpente, in greco "ophis", venerato in questa cerchia in quanto apportatore di salvezza e conoscenza.

    Già, perché tratto fondamentale dello gnosticismo è la reinterpretazione in chiave esoterica e "rovesciata" di tutta la storia biblica: così il malvagio Serpente edenico diventa il veicolo della conoscenza salvifica, mentre il Dio dell'Antico Testamento si trasforma in un diabolico Demiurgo, omicida e ignorante.

    Il principio su cui si basano gli Gnostici per arrivare a una simile, estrema conclusione è che se il Dio da cui deriva l'Anima dell'uomo è un Dio buono e luminoso, non può certamente avere a che fare con un mondo colmo di orrori e di angosce.

    Il nostro universo è l'universo della scissione in cui nulla è "reale", tutto è creato affinché l'uomo soffra in balìa di potenze a lui oscure. Il cosmo è quindi creato secondo gli Gnostici da un Creatore inferiore, un Demiurgo maldestro e ignorante.

    Gli Gnostici, in trattati esoterici quali l'"Apokryphon Johannis", ovvero il "Libro segreto di Giovanni" (nel Medioevo conosciuto dai Catari come "Liber secretus"), descrivono le nefande imprese demiurgiche di questo Creatore inferiore da loro chiamato Yaldabaoth, cioè "Padre del Chaos". Padre del Chaos poiché generatore della struttura cosmica: Yaldabaoth crea i suoi Archonti, Angeli malvagi facitori del cosmo.

    L'UOMO PRIMIGENIO

    In tutte le tradizioni gnostiche gli Archonti principali corrispondono ai sette pianeti dell'astrologia tolemaica, mentre una serie demonizzata di Decani inferiori sovrintende alle particolarità dell'universo, in questo modo l'uomo è creato da una serie di Archonti inferiori che segnano e sovrintendono a ogni sua parte corporea.

    Quest'impresa, che nell'astrologia medievale prenderà il nome di "melotesia", è però fallimentare: l'Adamo creato dagli Archonti è una carcassa inerte, incapace di reggersi in piedi. Le potenze della Tenebra, ignare della loro limitatezza, hanno plasmato un involucro inutile: solo l'intervento del Dio trascendente e luminoso porterà alla vivificazione del corpo di Adamo.

    Altre tradizioni gnostiche provenienti dai Naasseni, cioè Nahasim equivalente ebraico di Ofiti, "Adoratori di Serpenti", narrano di un Archanthropos, cioè di un uomo primigenio e perfetto, un essere luminoso il cui corpo viene frazionato e rinchiuso nei corpi carnali dei discendenti di Adamo.

    Si tratta probabilmente di una interpretazione esoterica del testo della Genesi, nei passi dove si parla dell'esistenza di due Adami, un Adamo terreno plasmato dalla terra ed un Adamo celeste foggiato a immagine di Dio.

    Significativo è l'uso nella sequenza di Genesi 1,27 del termine ebraico "selem" per "immagine", una parola che avrà un uso magico importantissimo nelle cerchie cabalistiche della mistica ebraica medievale.

    Altro particolare importante è l'androginia di questa immagine divina: in questa versione dell'antropogonia Adamo è descritto in fattezze androgine, quale unione degli opposti.

    Anche il Dio gnostico descritto nell'"Apokryphon Johannis" è Metropator, ovverosia "Madre-Padre": la scaturigine del tutto è nella esperienza gnostica qualcosa di assoluto e di totalizzante, è l'esperienza dell'Uno da cui proviene il Tutto.

    DIO-PADRE E MADRE

    Il dilemma gnostico risiede nella spiegazione del Dio unico, ineffabile e sconosciuto, rintracciato a partire da una creazione negativa e malvagia.

    I seguaci di Valentino danno a questo dilemma una risposta orientata secondo i canoni della mitologia più sfrenata.

    Esiste all'inizio un mondo perfetto, un pleroma, in cui dimorano in perfetta quiete una serie di entità luminose dette Eoni, in greco Aion. Questi eoni sono appaiati in coppie maschili- femminili; l'ultimo di essi, il cui nome è Sophia, "Sapienza", è colta da una passione irrefrenabile: conoscere il Padre del Tutto, il
    Primo Eone, il Dio sconosciuto.

    Ciò turba in modo sostanziale l'equilibrio del pleroma e provoca l'estromissione di Sophia. Scagliata nel vuoto, il kenoma gnostico, Sophia si dibatte in una angoscia senza fine; dalla sua paura e dalle sue lacrime nasce la hyle, la "materia", il nostro mondo.

    I Valentiniani spiegano così l'origine del cosmo e del Demiurgo omicida: la Madre celeste Sophia è così l'inconsapevole generatrice di un universo in cui gli uomini "spirituali" sono incarcerati.

    Sì, perché il mito gnostico spiegherebbe anche la diversa gerarchia esistente fra gli uomini, una gerarchia esoterica s'intende.
    Tre, infatti, sarebbero le specie di uomini, come tre sono le modalità di esistenza in cui si è depotenziata la creazione partendo dalla Luce del pleroma, passando attraverso l'angoscia psichica di Sophia, sino a giungere alla manifestazione del mondo materiale.

    Si parla quindi di "pneumatikoi", cioè di uomini "spirituali" in cui alberga lo pneuma (spirito) divino, di "psychikoi", uomini indecisi e intermedi in cui l'anima, la psyche è doppiamente inclinata verso il Bene e verso il Male, e infine di "hylikoi" o "sarkikoi", uomini "corporei" o "carnali" dediti unicamente a seguire il mondo nei suoi molteplici inganni.

    Da un punto di vista rituale questa triplice ripartizione dava luogo nelle conventicole gnostiche ad una duplice ed opposta risposta: vi erano infatti gnostici che per risvegliare l'elemento divino presente nell'uomo sopprimevano totalmente l'involucro carnale, dandosi ad una ascesi assoluta; altri invece esaltavano l'elemento corporeo e sessuale, predicando l'assoluta incontinenza. È quest'ultimo l'aspetto più sconcertante e oscuro dell'esoterismo gnostico.

    Consacrandosi al Demiurgo "Padre del Desiderio", gli Gnostici contribuivano a distruggerne la creazione: "tramite il piacere si combatte il piacere" sostengono i Carpocraziani, mentre una frase trascritta da un testo eresiologico fa dire a una iniziata: "abbi rapporto sessuale con me e ti condurrò dall'Archonte".
    È probabile che dietro a tutta questa rituaria si nascondesse una tecnica di magia sexualis implicante una ascesa e un attraversamento delle sfere archontiche, così come adombrato ad esempio nel Diagramma degli Ofiti, un testo riportato dal pagano Celso nella polemica contro Origene.

    Il Diagramma degli Ofiti è un cosmogramma in cui sono effigiati i cieli archontici che l'iniziato gnostico deve attraversare per giungere alla dimora paradisiaca. L'interpretazione del Diagramma è resa difficile dalla presenza di ulteriori "barriere cosmiche", quali un gigantesco serpente, l'Uroboros, che delimita la sfera del nostro mondo e dall'idea, al culmine dell'ascesa celeste, di un doppio paradiso, una duplice dimora paradisiaca, celeste e terrestre.

    L'Uroboros e la presenza dei colori planetari implicano inoltre la conoscenza e la pratica presso questi Gnostici di specifici rituali sincronizzati con il ciclo zodiacale.
    La pratica rituale gnostica è, infatti, una pratica di perfezionamento esistenziale che utilizza ogni risorsa materiale al fine di trascendere la materialità stessa.
    In India, per esempio, troviamo qualcosa di simile nelle dottrine e nelle pratiche dello yoga tantrico: l'energia che mantiene in vita l'universo viene utilizzata dallo yogin per liberarsi dal cosmo stesso.

    È il paradosso della Sophia, la Madre celeste gnostica: come la Kali hindu anch'essa è latrice di vita e di morte.

    Il sesso fonda una rituaria dalla lunga posterità: si pensi, in Occidente, alla sequela di sette e conventicole che dall'impulso orgiastico hanno tratto vita, tra le più famose è sicuramente da annoverare il "Libero Spirito", le cui pratiche paiono effigiate nei capolavori di Hieronymus Bosch (cfr. W. Fraenger, Hieronymus Bosch:
    Il Regno Millenario [Carte d'Artisti - 71], a cura di G. Collu, Abscondita, Milano 2006): un'ascesi intrisa di eros parallela, se non coincidente, alle esperienze di annientamento e di cancellazione di Dio formulate dal credo di un Meister Eckart o di un Taulero.

    In un universo culturale segnato dalla latenza della letteratura erotica, poiché quella antica era stata cancellata dal cristianesimo e quella futura sarebbe fiorita di lì a qualche secolo, si può affermare che questi esecranda ecclesiatici ne costituiscano un valido succedaneo. Un fervore e un kerygma privilegio di pochi eletti.

    www.edicolaweb.net

    Edited by Nausicaa* - 15/2/2010, 08:43
     
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    In questo 3d si parla dello Gnosticismo e nel 5 filmato vengono citate le tavole emeraldine di Ermete Trimegisto: https://vascello-stelleperdute.forumfree.it/?t=46098337
     
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  3. leAlidelDestino
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    QUOTE (Nausicaa* @ 12/2/2010, 11:11)
    In questo 3d si parla dello Gnosticismo e nel 5 filmato vengono citate le tavole emeraldine di Ermete Trimegisto: https://vascello-stelleperdute.forumfree.it/?t=46098337

    In questi filmati ad un certo punto il professore intervistato cita: "L'inno alla perla". Ecco di cosa si tratta:


    L'INNO ALLA PERLA"



    Quando ero bambino e abitavo nel regno della casa di mio Padre e mi dilettavo della ricchezza e dello splendore di coloro che mi avevano allevato, i miei genitori mi mandarono dall'oriente, nostra patria, con le provviste per il viaggio. Delle ricchezze della nostra casa fecero un carico per me: esso era grande eppure leggero, in modo che potessi portarlo da solo….Mi tolsero il vestito di gloria che nel loro amore avevano fatto per me, e il manto di porpora che era stato tessuto in modo che si adattasse perfettamente alla mia persona, e fecero un patto con me e lo scrissero nel mio cuore perché non lo potessi scordare: " Quando andrai in Egitto e ne riporterai l'Unica Perla che giace in mezzo al mare, accerchiata dal serpente sibilante, indosserai di nuovo il tuo vestito di gloria e il manto sopra esso, e con tuo fratello, prossimo a noi in dignità, sii erede del nostro regno".

    Lasciai l'Oriente e mi avviai alla discesa, accompagnato da due messi reali, poiché il cammino era pericoloso e difficile ed io ero troppo giovane per un tale viaggio; oltrepassai i confini di Maishan, punto d'incontro dei mercati dell'Oriente, giunsi nella terra di Babel ed entrai nelle mura di Sarbùrg. Scesi in Egitto e i miei compagni mi lasciarono. Mi diressi deciso al serpente e mi stabilii vicino alla sua dimora in attesa che si riposasse e dormisse per potergli prendere la Perla. Poiché ero solo e me ne stavo in disparte, ero forestiero per gli abitanti dell'albergo. Pure vidi là uno della mia razza, un giovane leggiadro e bello, figlio di re ( lett.: di coloro che sono unti). Egli venne e si unì a me; io lo accolsi familiarmente e con fiducia e gli raccontai della mia missione. Io (egli?) lo (me?) avvertii di guardarsi dagli Egiziani e di evitare il contatto con gli impuri. Tuttavia mi vestii con i loro abiti, perché non sospettassero di me, che ero venuto da fuori per prendere la Perla, e non risvegliassero il serpente contro di me. Ma in qualche modo si accorsero che non ero uno di loro e cercarono di rendersi graditi a me; mi mescerono nella loro astuzia (una bevanda), e mi dettero da mangiare della loro carne; e io dimenticai la Perla per la quale i miei genitori mi avevano mandato.

    Per la pesantezza dei loro cibi caddi in un sonno profondo. I miei genitori avevano notato tutto quello che mi accadeva ed erano afflitti per me. Fu proclamato nel nostro regno che tutti dovevano presentarsi alle nostre porte. E i re e i grandi della Partia e tutti i nobili dell'Oriente formarono un piano perché io non fossi lasciato in Egitto. E mi scrissero una lettera firmata col nome di ciascuno dei grandi. " Da tuo padre, il re dei re, e da tua madre signora dell'Oriente e da tuo fratello, nostro prossimo di rango, a te nostro figlio in Egitto. Svegliati e sorgi dal tuo sonno e intendi le parole della nostra lettera. Ricordati che sei figlio di re: guarda chi hai servito in schiavitù. Poni mente alla Perla per la quale sei partito per l'Egitto. Ricordati del vestito di gloria, richiama il manto splendido, per indossarli e adornarti con essi, e il tuo nome possa essere letto nel libro degli eroi e tu divenga con tuo fratello, nostro delegato,erede nel nostro regno". Come un messaggero era la lettera che il Re aveva sigillato con la mano destra contro i malvagi, i figli di Babel e i demoni ribelli di Sarbùrg. Si levò in forma di aquila, il re di tutti gli alti, e volò finché discese vicino a me e divenne interamente parola. Al suono della sua voce mi svegliai e mi destai dal sonno; la presi, la baciai, ruppi il sigillo e lessi. Conformi a quanto era stato scritto nel mio cuore si potevano leggere le parole della mia lettera. Mi ricordai che ero figlio di re e che la mia anima, nata libera, aspirava ai suoi salimi. Mi ricordai della Perla per la quale ero stato mandato in Egitto e cominciai ad incantare il terribile serpente sibilante.

    Lo indussi al sonno invocando il nome di mio Padre, il nome del nostro prossimo in rango e quello di mia madre la regina d'Oriente. Presi la Perla e mi volsi per tornare a casa da mio Padre. Mi spogliai del loro vestito sordido e impuro e lo abbandonai nella loro terra; diressi il mio cammino onde giungere alla luce della nostra patria, l'Oriente. Trovai la lettera che mi aveva ridestato davanti a me sul mio cammino; e come mi aveva svegliato con la sua voce, ora mi guidava con la sua luce che brillava dinanzi a me; e con la voce incoraggiava il mio timore e col suo amore mi traeva. E andai avanti…I miei genitori… mandarono incontro a me a mezzo dei loro tesorieri, a cui erano stati affidati, il vestito di gloria che avevo tolto e il manto che doveva coprirlo. Avevo dimenticato il suo splendore, avendolo lasciato da bambino nella casa di mio Padre. Mentre ora osservavo il vestito, mi sembrò che diventasse improvvisamente uno specchio-immagine di me stesso: mi vidi tutto intero in esso ed esso tutto vidi in me, cosicché eravamo due separati eppure ancora uno per l'eguaglianza della forma…E l'immagine del Re dei Re era raffigurata dappertutto su di esso…E vidi anche vibrare dappertutto su di esso i movimenti della gnosi. Vidi che stava per parlare e percepii il suono delle canzoni che mormorava lungo la discesa: " Sono io che ho agito nelle azioni di colui per il quale sono stato allevato nella casa di mio Padre, ed ho sentito in me stesso che la mia statura cresceva in corrispondenza delle sue fatiche". E con i suoi movimenti regali si offerse tutto a me e dalle mani di quelli che lo portavano si affrettò perché potessi prenderlo; e anch'io ero mosso dall'amore a correre verso di esse per riceverlo. E mi protesi verso di lui, lo presi, e mi avvolsi nella bellezza dei suoi colori. E gettai il manto regale intorno a tutta la mia persona. Così rivestito, salìì alla porta della salvezza e dell'adorazione. Inchinai la testa e adorai lo splendore di mio Padre che me lo aveva mandato, i cui comandi avevo adempiuto perché anch'egli aveva mantenuto ciò che aveva promesso…Mi accolse gioiosamente ed ero con lui nel suo regno, e tutti i suoi servitori lo lodarono con voce d'organo, cantando che egli aveva promesso che avrei raggiunto la corte del Re dei Re e avendo portato la mia Perla sarei apparso insieme a lui".

    Ora una interpretazione psicologica a questo inno:

    LETTURA PSICOLOGICA DEL CANTO DELLA PERLA
    (ottobre 2007, quattro incontri)



    L’Inno – o Canto – della Perla è una composizione gnostica compresa negli atti apocrifi dell’apostolo

    Giuda Tommaso, pervenutaci in una versione siriaca ed una greca, di cui la prima è verosimilmente l’originale. Una rassegna ampia e documentata delle varie controversie ermeneutiche di cui è stato oggetto il testo è presente nell’opera di Paul-Hubert Poirier, L’Hymme de la Perle des Actes de Thomas (1981), cui si rimanda per approfondimenti.

    La lettura e il commento di questo testo trae origine dal desiderio di conoscere il pensiero gnostico e di poterlo rileggere in chiave psicologica. Difficile tracciare un breve riassunto senza togliere un po’ di incanto all’opera. Il testo, dietro cui si cela il dramma dell’intera esistenza umana, narra la storia di un giovane principe che viene inviato dall’oriente, sua patria, in Egitto per recuperare l’unica perla che giace negli inferi custodita da un serpente. Giunto in Egitto, per non essere riconosciuto come straniero, il giovane indossa le vesti locali e assume le usanze del posto, dimenticando il compito che gli è stato assegnato. I genitori, venuti a sapere di ciò, gli inviano una lettera con il sigillo reale, rammentandogli le sue origini e ricordandogli della perla. Il giovane, ridestatosi, porta quindi a termine
    la sua missione e intraprende il cammino di ritorno, giungendo infine alla sua dimora dove, riavvolto nella veste splendente, si appresta con il padre a raggiungere la corte del re dei re.

    Nell’interpretazione gnostica il giovane principe è lo spirito individuale che dalla sua patria celeste, viene inviato sulla terra per recuperare una parte della sua anima che, corrotta dalla materia, giace negli inferi. Qui, a fronte dei piaceri e delle seduzioni della vita che lo distolgono dal suo compito, inducendolo in uno tato di torpore e oblio, vi è all’opposto l’intervento di figure dotate di maggiore consapevolezza, i genitori, che per il tramite della lettera rievocano nel figlio antiche conoscenze relative alla sua origine celeste. In questo passaggio sta il fulcro di tutta la gnosi: la presa di coscienza, o meglio il riconoscimento, di chi si è e del proprio compito. Solo a partire da tale consapevolezza il giovane può intraprendere la conquista della perla e quindi la riunificazione della sua persona, che è preludio della salvezza celeste.

    Pur non essendosi occupato direttamente del Canto della Perla, Jung riservò un’attenzione particolare allo gnosticismo e non mancò di trattare il simbolo della perla facendo convergere contributi

    1 Acta Thomae 108-113.
    2 L’interpretazione gnostica si basa su una simbologia che vede nella casa del padre in oriente la dimora celeste, nella terra d’Egitto il mondo materiale e nei due viaggi la caduta e la risalita dell’anima (incarnazione e morte). Cfr. Jonas, Lo gnosticismo, SEI, 1995.
    3 Nella dottrina gnostica questa conoscenza è l’apice dell’esperienza religiosa e la conquista della perla la conseguenza
    naturale di questa rivelazione. Ciò spiega anche il fatto che nel testo le imprese per la conquista della perla sono solo
    accennate se non addirittura omesse.
    4 Questa visione, che rispecchia una prospettiva religiosa e cosmica molto cara non solo alla gnosi ma a molta mitologia
    ellenistica, si distingue da quella di altri trattati gnostici per la presenza della perla che libera la vita dell’uomo dalla connotazione
    di punizione e di carcere dell’anima. La missione assegnata al principe infatti sembra rivalutare i possibili esiti
    positivi dell’esistenza prospettando per l’uomo incarnato il compito del ritrovamento del suo Sé.
    5 Jung rimanda spesso al pensiero gnostico ma il testo senz’altro più significativo in proposito è “I sette sermoni dei
    morti” (pubblicato in italiano in Ricordi sogni e riflessioni, Bur, Milano, 1992) in cui l’autore tratta alcuni temi cari alla
    gnosi, con lo pseudonimo di Basilide.

    FONDAZIONE ESPERIA

    Provenienti da varie tradizioni culturali-religiose6. Ricollegandosi ad un motivo ricorrente dell’arte cinese classica, il drago con una perla dorata davanti a sé, Jung ritiene che quest’ultima simboleggi «l’unicità dell’individuo imperituro che esiste sempre», «quella cosa minuscola, quell’individuo unico, quel piccolo sé, che è piccolo come la punta di un ago eppure, proprio perché è così piccolo, è anche più grande del grande»7. Applicando questa concezione al mito gnostico si ha che la riconquista della perla corrisponde, in una prospettiva Junghiana, al processo di individuazione.

    Tenendo presente i contributi provenienti dalla tradizione gnostica e da Jung, si è quindi cercato di rileggere il testo a partire da alcune riflessioni emerse durante gli incontri.

    La condizione umana è spesso vissuta come una specie di torpore o sonno nel quale compiamo azioni senza esserne realmente consapevoli, nel quale abbiamo la sensazione di esprimere un comportamento non nostro ma conforme alle richieste sociali; persino i nostri pensieri e la nostra identità ci appaiono
    come qualcosa di sovrapposto o di indotto dall’esterno. Eppure non sempre abbiamo gli strumenti per uscire da questo stato di immobilità. Allora può accadere che un evento esterno apparentemente casuale, o uno slancio interiore, o ancora una persona amata che vede la nostra difficoltà, intervengano in nostro
    aiuto ricordandoci che abbiamo un compito: riscoprire quella parte della nostra anima andata perduta.

    Questa ricomposizione delle parti di sé è il viaggio alla scoperta dell’inconscio. Non è un caso che la perla si trovi sul fondo degli abissi, in una sorta di regno infernale8, custodita da un serpente malvagio poiché allude al lungo e faticoso passaggio che l’uomo compie attraverso i propri abissi e i propri inferi.
    Nel testo le imprese per la conquista della perla sono solo accennate; questo aspetto apparentemente singolare è spiegabile alla luce della concezione gnostica secondo cui l’apice dell’esperienza religiosa è il momento della rivelazione (gnosi), che nel testo corrisponde al risveglio del giovane sollecitato dalla
    lettera; tutte le azioni che seguono e che riguardano la conquista della perla, essendo considerate il frutto di questa grazia, risultano naturali, e non richiedono di essere approfondite.

    Tuttavia nella nostra esperienza, il primo riconoscimento di una parte di sé prima ignota, pur essendo sorgente di elevate capacità trasformative, non è sufficiente in sé; è necessaria una pratica costante e assidua di consapevolezza per contrastare le istanze regressive10 sempre presenti nell’inconscio. E’
    proprio in questa fase del percorso allora che occorre aprire una porta, iniziare un nuovo capitolo, che si soffermi sulle lunghe e faticose imprese dell’uomo alla riconquista di Sé e della sua ombra. E, in assenza di altre guide, è in questo lungo e progressivo cammino che la psicanalisi può fornire un imprescindibile
    punto di riferimento.

    6 Si guardi in proposito Jung, Visioni, Appunti del seminario tenuto negli anni 1930-1934, Edizioni Ma. Gi., 2004, Vol. I, pp.
    391-392 da cui sono stati estratti i passi riportati in seguito.
    7 Jung paragona poi la perla all’eroe che, ingoiato dal drago, lo distrugge dall’interno e ricompare. Ibidem, p. 393.
    8 Il greco ἐκεῖ significa letteralmente là ma già a partire da Eschilo è usato come eufemismo per l’Ade. Jonas preferisce tradurre
    con in mezzo al mare, facendo comunque riferimento ad un luogo sito in profondità difficilmente penetrabili e accessibili.
    L’acqua è poi frequentemente usata come simbolo dell’inconscio.
    9 Una prima formulazione di un impulso regressivo incoscio è stata data da Freud (1914) nell’articolo, “Ricordare, ripetere,
    rielaborare” OSF 7, a partire dalla constatazione della presenza di una tendenza nei pazienti a ripristinare lo stato psichico precedente
    il cambiamento. Tale pulsione conservativa, poi designata pulsione di morte (Al di là del principio di piacere, 1920), è
    responsabile di quei fenomeni psicopatologici ripetitivi che Freud designa come coazione a ripetere.

    Riassunto a cura di Costanza Ratti da: www.fondazionesperia.it/pdf/CANTOPERLA.pdf

    Edited by Nausicaa* - 15/2/2010, 09:02
     
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