Howard Phillips Lovecraft

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    H. P. Lovecraft


    |EPPURE NON RIESCO A DIMENTICARE QUELLO CHE HO VISTO CON I MIEI OCCHI NELL’OSPEDALE DI GUTHRIE|


    L’orrore, nella letteratura, è un argomento assai controverso.
    Sono pochi i racconti e i romanzi che riescono a intrappolare nella loro rete il lettore, spingendolo a ridacchiare nervosamente mentre controlla che, effettivamente, non vi siano mostri sotto al letto o demoni dentro l’armadio.
    Eppure di storie agghiaccianti ce ne sono eccome, basta rivolgersi al giusto narratore.

    Howard Phillips Lovecraft nasce a Providence il 20 Agosto 1890. Il padre viene ricoverato in un ospedale psichiatrico a causa di forti allucinazioni e l’atmosfera cupa causata dalla perdita della nonna, causano in lui sogni spaventosi, abitati da demoni e spiriti malvagi.
    La sua scrittura è scorrevole, ma mai banale. Spesso utilizza la prima persona nei suoi racconti, ma ciò che colpisce è la capacità di descrivere dettagliatamente persone, situazioni o luoghi, senza mai cadere nel noioso. Lovecraft getta qua e là, fin dal principio della storia, avvertimenti ambigui e considerazioni che fanno aggrottare la fronte. Il lettore non può che rimanere incollato alle pagine, alla ricerca di ciò che ha terrorizzato e condotto sul limite della follia il protagonista.
    Protagonista che, in realtà, non viene mai approfondito a livello psicologico. Di lui sappiamo solo il nome (e a volte neanche quello), la professione e la condizione socioeconomica.
    I personaggi principali sono prevalentemente di sesso maschile e le apparizioni femminili si contano sulle dita di una mano. Evidente eccezione è “Medusa” in cui la storia ruota appunto intorno ad una donna bellissima, dal portamento patrizio, ma che “aveva un no so che di sottilmente repellente, e mi riusciva spontaneo elaborare insane elucubrazioni macabre su tutto ciò che la riguardavano”.
    Questo racconto, intitolato originariamente “Medusa’s Coil”, è scritto da Lovecraft sotto le direttive di Zealia Bishop, la quale gli fornisce anche un abbozzo di trama che lo scrittore cerca di inserire nel vasto mondo dei Miti di Cthulhu.
    L’assenza di questo spessore del protagonista è una grave mancanza che diminuisce il valore dei suoi scritti?
    La risposta è no. I protagonisti sono persone alla ricerca di misteri o semplicemente di storie, a volte sono attratti irresistibilmente dal paranormale, mentre più spesso inciampano casualmente nell’orrore. Sono vittime e spettatori di qualcosa di più grande di loro: come bambini che ascoltano attentamente macabre fiabe e favole misteriose, i protagonisti dei racconti Lovecraftiani ascoltano la storia dalla bocca di chi, l’orrore, l’ha visto davvero o ne è stato solo sfiorato.
    Un’altra particolarità è la capacità di inserire colpi di scena assolutamente inaspettati, ma soprattutto l’ingegno con il quale riesce a spingere il lettore, alla fine di molti dei suoi racconti, a chiedersi: dunque era tutto vero o solo un’allucinazione?
    Lo stress, l’odio, le droghe e l’alcol si mescolano al reale tanto da non riuscire a capire se ciò che è stato vissuto sia effettivamente frutto di un incubo o una spaventosa realtà. Nei suoi scritti, le spiegazioni scientifiche non mancano, ma l’inquietudine rimane e, quel brivido angoscioso che fiorisce quando si arriva al punto conclusivo, lascia una traccia non indifferente nella psiche.

    |ALL’ANIMA IMMORTALE NON È DATO SCONFIGGERE CIÒ CHE HA CONOSCIUTO L’ABISSO E HA FATTO DELL’IMMORTALITÀ UN ATTIMO PASSEGGERO. LA FINE? NO! NON È CHE L’INIZIO MISERICORDIOSO.|



    “La maledizione di Yig” è uno dei miei racconti preferiti, in cui leggende locali e terrore si mescolano alla perfezione, creando una tragedia che di soprannaturale ha ben poco, o almeno così sembra fin quando non si giunge alla fatidica ultima frase. A questo punto, le porte dell’orrore si spalancano ed è troppo tardi per tornare indietro.
    Il protagonista della racconto è un uomo a caccia di leggende sui serpenti, ma quando giunge in un ospedale dell’Oklahoma, la storia che il Dottor McNeill gli racconta lo turba al punto da affermare nelle prime righe: “ritornai da lì con una paura di quei rettili che mi resterà per tutta la vita. Riconosco che è sciocco, dal momento che esistono spiegazioni logiche per tutto quello che ho visto e sentito […] Se quel vecchio racconto fosse stato tutto lì, non sarei rimasto così scosso”.
    Un’agghiacciante storia attende il protagonista e il lettore, suo compagno fidato, ascolta turbato tanto quanto lui.

    Ciò che resta, sempre, è l’incapacità di distinguere tra il reale, la fantasia e l’assurda e persistente paura che qualcuno, alle nostre spalle, ci stia osservando.
     
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