Esploratore Intergalattico
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L’Inquisizione nacque come tribunale speciale per l’eliminazione di forme non ortodosse ma cristiane di religiosità, le cosiddette “eresie”. Secondo la dottrina cattolica, l'eresia è un errore dell'intelletto per cui una persona che ha ricevuto il battesimo (e perciò appartiene alla comunità ecclesiale) nega una o più verità rivelate da Dio e proposte dalla Chiesa come oggetto di fede. La nozione di eresia si formò contestualmente alla grande diffusione del cristianesimo nell'area mediterranea, tra il II e il IV sec., quando si avviò anche un intenso sforzo di elaborazione dottrinale, teso a delineare i contenuti fondamentali della fede cristiana, dando forma teorico-sistematica a verità e principi affermate dalle Sacre Scritture e dalla tradizione delle prime comunità cristiane. Mentre questa immane opera di discussione, approfondimento, chiarificazione, definizione, si sviluppò tra dissensi e controversie anche laceranti, alle assemblee generale dei vescovi (consigli ecumenici) fu assegnato il compito di fissare in formulazioni precise le linee di fondo della fede e della teologia cristiana, di stabilire i dogmi, cioè le verità rivelate, della Chiesa Universale. Le interpretazioni errate o comunque imperfette, che si discostavano da quelle ufficiali della Chiesa, costituivano le eresie, che come tali venivano perseguite dal diritto canonico. Nell’occidente dell’Alto Medioevo non erano presenti molte eresie, ma ebbero luogo dibattiti teologici in cerchie culturali relativamente ristrette e per lo più monastiche. Nel corso del XII sec. il fenomeno eresia divenne molto più complesso: i movimenti eretici divennero tendenze collettive, diventando più complessi, tendendo ad uscire dal dibattito dotto e ricevendo risposta positiva nella società, in cui venne affermandosi un vero e proprio dissenso religioso, al quale si sommarono elementi di affermazione dottrinale e di contestazione della società, della Chiesa e delle sue istituzioni. Questo disagio verso dottrine ed istituzioni aspirava ad un ritorno agli originari ideali evangelici e di purezza della Chiesa, a cui veniva contestata la sua nuova potenza e ricchezza temporale , visti come elementi tali da snaturarne l'intima essenza e la sua funzione più alta. Fu proprio nell'eresia medievale che la riforma protestante trovó l’antesignano della sua volontà di ritorno alla purezza evangelica. Dal punto di vista degli eretici, ogni eresia era diversa dall’altra. Le dottrine considerate eretiche che ebbero maggior presa sulla popolazione europea furono quelle di Arnaldo da Brescia (arnaldisti), quella catara, quella valdese e quella degli umiliati. Queste non rinnegavano Dio o Cristo, ma interpretavano in maniera differente il culto ed il valore della Chiesa e delle sue istituzioni. In principio, addirittura, valdismo e catarismo stavano per essere accettate dalla Chiesa. Quando però, le organizzazioni dei catari, ad esempio, arrivarono a strutturarsi a tal punto da divenire una sorta di Chiesa parallela (con sacerdoti propri, funzioni e istituzioni)il clero, che fino a quel momento aveva lasciato fare, non sapendo come muoversi, entró nel panico sentendo il cristianesimo in pericolo. Contro valdesi, umiliati e catari, e, più in generale contro l'eresia, la Chiesa reagì con condanne e scomuniche (la scomunica è la più grave delle censure ecclesiastiche, e consiste nell'esclusione dalla "comunione dei fedeli", ovvero dal godimento di tutti i diritti e benefici, spirituali e temporali, che derivano dall'appartenere alla Chiesa: lo scomunicato non può ricevere nessun sacramento, né assistere alle celebrazioni, né compiere atti legali ecclesiastici; appena si penta sinceramente della propria colpa, tuttavia, deve essere assolto dalla scomunica). Dall’orientamento pacifico mantenuto fino a quel momento dalla Chiesa quindi, essa cambió rotta, così, mentre iniziò a proporre nuovi indirizzi di vita religiosa capaci di rispondere alle aspirazioni della gente e nello stesso tempo rispettosi dell'autorità ecclesiastica, sviluppò nuove e severe forme di contenimento e repressione dell'eterodossia, e l'intransigenza verso forme di dissenso bollate come eretiche si fece più marcata. Con la bolla Ad abolendam del 1184, papa Lucio III stabilì il principio - sconosciuto al diritto romano - secondo il quale, anche in assenza di testimoni, si poteva essere accusati di eresia e dunque subire un processo. Da questo momento in poi, l'eresia non fu solo considerata un'aberrazione religiosa individuale, ma un crimine pubblico, un delitto di lesa maestà (secondo la decretale di papa Innocenzo III del 1199 Vergentis in senium); si ribadì così la necessità di combatterla con più forza, e si pose mano alla creazione di strumenti adeguati. Il IV Concilio lateranense del 1215 prescrisse una particolare attenzione da parte dei vescovi nella ricerca e nella identificazione degli eretici nelle loro diocesi (questo è il significato originario del termine "inquisizione"). Costoro dovevano essere processati e, se giudicati colpevoli, affidati all'autorità civile per la condanna e l'esecuzione della pena. Anche la legislazione civile infatti considerava l'eresia un reato, a norma ancora dell'antica legislazione romana e l'azione antiereticale del papato trovò in questi anni l'appoggio di Federico II. La Vergentis venne poi ribadita nel 1215 dal Concilio Lateranense IV, il quale istituì delle «procedure d'ufficio» per combattere l'eresia. Un semplice sospetto o una delazione bastava per iniziare il processo; inoltre, chi era a conoscenza di una eresia o presunta tale e non denunciava il fatto, era considerato anch'egli responsabile e perciò sottoposto al medesimo giudizio. Nel 1231 il pontefice Gregorio IX, insoddisfatto del poco impegno dei vescovi e timoroso dell'ingerenza del potere civile, avocò a Roma la guida della lotta all'eresia. Il compito, nelle diverse diocesi, venne affidato a delegati del pontefice, i giudici inquisitori, scelti prevalentemente dall'ordine domenicano e poi anche da quello francescano. Si creò così una vasta rete di tribunali autonomi rispetto ai vescovi e dipendenti direttamente dal papa. Nacque così un temibile apparato repressivo, e l'autorità ecclesiastica si faceva più attenta a stabilire chiare e definite linee di distinzione fra ortodossia ed eterodossia. Sotto il controllo dell'inquisizione cadevano anche i "delitti" contro la morale, la disobbedienza alla Chiesa, la bestemmia. L'organizzazione dell'inquisizione e le procedure inquisitoriali vennero perfezionate intorno alla metà del secolo, al tempo di papa Innocenzo IV, che con la bolla "Ad Extirpanda" (dal latino: "Per estirpare") del 1252, diede la prima approvazione pontificia della tortura come strumento di ottenimento della confessione del reo, in particolare nei processi dell'Inquisizione. La validità della bolla fu confermata sia da papa Alessandro IV nel 1259 sia da papa Clemente IV nel 1265. La lotta all'eresia conobbe un sostanziale successo. All'inizio del Trecento le forme della vita religiosa apparivano assai più disciplinate e controllate: i fermenti di eterodossia e di dissenso risultavano marginali, o costretti alla clandestinità. Quando l'eresia nuovamente si manifestò nel XIV sec. come movimento di massa, ciò avvenne per impulso di forti motivazioni sociali; e alle condanne dell'autorità religiosa si aggiunse la ancor più risoluta volontà repressiva delle autorità civili.
fonte: Storia medievale di C.Capra- G. Chittolini- F. Della Peruta
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