Come nel Nome della Rosa: antichi libri all'arsenico scoperti in una biblioteca danese

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    I tre volumi cosparsi di vernice all’arsenico erano custoditi in una biblioteca universitaria in Danimarca. E proprio come nella trama del romanzo capolavoro di Umberto Eco, due ricercatori hanno risolto il mistero della loro origine
    di SIMONE VALESINI


    ANTICHI libri velenosi, abbondanti dosi di arsenico e un'indagine per risolvere un autentico giallo del passato. Non è la trama del "Il nome della Rosa" ma una peculiare vicenda che ha per protagonisti due ricercatori danesi, che si sono trovati a scoprire una serie di antichi tomi "avvelenati" risalenti al XVI-XVII secolo sugli scaffali della biblioteca della University of Southern Denmark. A raccontarla sono gli stessi protagonisti, sulla pagine della rivistaThe Conversation.

    A differenza di quanto avviene nel libro di Umberto Eco, il ruolo di investigatori questa volta non è affidato a un frate francescano, né tanto meno al fisico statuario di Sean Connery. I protagonisti della vicenda sono infatti Jakob Povl Holck, bibliotecario della University of Southern Denmark, e Kaare Lund Rasmussen, professore di fisica, chimica e farmacologia dello stesso ateneo. E diverso è anche l’inizio del mistero: se nel libro di Eco la storia prende il via da un omicidio, in questo caso a dare il la alle indagini è stata pura curiosità intellettuale.

    I due ricercatori avevano infatti scoperto che le copertine di tre antichi libri custoditi nella biblioteca dell'università erano state ottenute riciclando pezzi di pergamene risalenti al medioevo. Una pratica comune – raccontano – durante il XVI-XVII secolo, che li ha spinti a interrogarsi sul contenuto dei testi con cui era stata realizzata la brossura dei volumi. Ad una prima analisi si sono però accorti subito di un primo impaccio: le pergamene originali erano infatti state rese illeggibili dall'applicazione di uno spesso strato di vernice verde.

    Nel tentativo di superare l’empasse hanno quindi fatto ricorso a una tecnologia chiamata micro-spettrofotometria Xrf, una tecnica di imaging che permette di identificare i materiali presenti su un campione bombardandoli di raggi X e analizzandone poi lo spettro. Una strategia molto utilizzata da archeologici e storici dell'arte, perché conoscendo gli elementi presenti in inchiostri e pigmenti permette di ricostruire testi e disegni antichi senza compromettere i campioni studiati.

    Arrivati in laboratorio e sottoposti i tre libri alla micro-spettrofotometria, i due ricercatori hanno fatto una scoperta inattesa: la vernice verde utilizzata per coprire le copertine conteneva altissimi livelli di arsenico. Proprio come il libro al centro delle vicende de "Il nome della Rosa", i tre volumi erano a tutti gli effetti coperti da un potente veleno. Come mai? Ulteriori analisi hanno permesso ai due di stabilire che la composizione della sostanza era più precisamente acetato arsenico di rame (II), anche conosciuto come verde di Parigi, un pigmento molto apprezzato e utilizzato durante il XIX secolo. Oggi è possibile ammirarlo in moltissime tele degli impressionisti parigini, ma all'epoca era un po' ovunque: sulle copertine dei libri, ad esempio, ma anche in vestiti e tessuti di ogni tipo.

    Un'autentica moda, conclusasi bruscamente quando ci si è resi conto che l’arsenico contenuto al suo interno è una delle sostanze tossiche più pericolose al mondo, capace di provocare sintomi di ogni intensità: da semplici rush cutanei, a gravi lesioni, disturbi intestinali, nausea diarrea, fino ad arrivare ai tumori. Per la fine del 1.800 la tintura a base di arsenico non veniva già più usata, e per questo i due ricercatori ritengono di aver risolto l'origine della vernice presente sulle copertine dei libri. A parer loro infatti deve essere stata aggiunta dai bibliotecari dell’epoca, per tentare di mantenere i tre volumi al riparo dall'attacco di insetti e roditori. Un intervento che come effetto collaterale ha reso i libri estremamente velenosi.

    Da repubblica.it
     
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