La Vera Storia dell'8 marzo

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    Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i saggi in mezzo a biasimi e lodi (Buddha)

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    La vera storia dell’8 marzo

    Una certa confusione regna da decenni intorno alle origini dell’8 marzo: se in Francia la data “simbolo” è l’8 marzo 1857 (in ricordo dello sciopero di centinaia operaie tessili a New York duramente represso dalla polizia) in Italia il mito ruota intorno al 1908 quando, ci viene raccontato, un incendio divampò in un opificio degli Stati Uniti causando la morte di un centinaio di operaie. Queste date (e gli avvenimenti ai quali si riferiscono) si sono rivelati però ad un attento studio delle fonti drammaticamente false e l’unica certezza sembra essere il fatto che questa confusione è stata da sempre adoperata sia in termini “strumentali” che per delegittimare il movimento femminista e la sua storia.

    Emblematico mi sembra lo scambio di lettere pubblicate lo scorso anno (precisamente il 17 e il 31 marzo 2007) su Tuttolibri, supplemento de La Stampa, nella rubrica La posta di Carlo Fruttero, scambio che vede coinvolti alcuni lettori, lo stesso Fruttero ed infine Tilde Capomazza, co-autrice con Marisa Ombra del libro “8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna” (1987, ristampa ed. Utopia, 1991).

    Il 17 marzo sotto il titolo di “L’8 marzo un falso storico?”, viene pubblicata la lettera di un lettore di Genova che chiede a Fruttero conferma del tragico incendio avvenuto in un opificio di Chicago nel 1908 e in cui morirono 127 operaie, evento considerato da molt*, (almeno in Italia) all’ origine della “festa delle donne” e messo in dubbio, durante una cena, da un amico. Fruttero risponde “ … Ho anch’io un vago ricordo di aver letto su una rivista o in un libro qualcosa di ’negazionistico’ in merito a quell’incendio, ma non saprei rimandarla a una fonte sicura. Ho addirittura il sospetto che della cosa, cioé del falso storico, siano ben coscienti i circoli femministi più spregiudicati, cui poco importa della verità, immagino: se l’incendio e le 127 torce umane ’funzionano’ per la causa, lasciamole tranquillamente bruciare nella leggenda …”.

    Il sabato successivo la discussione continua. Sotto il titolo generale di “Fiction femminista” quattro lettere, ognuna con un titoletto. Nella prima “L’allibito” (un lettore di Brescia) rimprovera a Fruttero “ … la noia e fastidio con cui lei risponde (anzi, non risponde) alla richiesta del lettore [...] Un minimo di umiltà e di rispetto (e perché no, anche di professionalità) le avrebbe consentito di leggere in Wikipedia i documenti che le allego, nei quali c’è la fotografia dell’edificio bruciato a New York il 25 marzo 1911, che causò la morte di 146 persone, per la maggior parte giovani operaie …”[2].

    “Il buon samaritano” (un lettore di Brescia) segnala il libro di Vittorio Messori (Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana, ed. Paoline, 1992) che al paragrafo Una ’festa’ inventata (p. 55) afferma che “la storia, pur commovente, è falsa”[3].

    La terza lettera con il titoletto di “La storica inviperita” è quella di Tilde Capomazza che ricordando il volume da lei scritto con Marisa Ombra scrive che “ … E’ un libro di ben 167 pagine … che scatenò “scandalo” sulla stampa di tutte le correnti per aver corretto la versione accreditata delle origini la quale recitava: ’Nel 1910 Clara Zetkin istituì la giornata internazionale della donna per ricordare la morte di 129 persone in un incendio a Chicago nel 1908 ’…Il libro è da tempo esaurito altrimenti lo manderei al suo lettore (Palumbo), il quale da uomo sensibile si pone almeno delle domande … Non lo manderei a lei perché sono certa che non lo leggerebbe. Peccato però che un uomo di cultura e di successo come lei abbia dato quella risposta”.

    Nell’ultima lettera L’Insensibile (lo stesso Fruttero) conclude: “…sarò anche insensibile ma resto comunque confuso. Ci fu davvero l’incendio? E dove? A New York o a Chicago? Nel 1908 o nel 1911? E quante furono le vittime, 129 o 146?”.

    A differenza dell’insensibile (e paternalista) Fruttero, la CGIL sembra non avere dubbi. Nella pagina dedicata alla Festa internazionale della donna del loro sito possiamo leggere testualmente: “L’8 marzo ha radici lontane. Nasce dal movimento internazionale socialista delle donne. Era il 1907: Clara Zetkin [...] organizza con Rosa Luxemburg [...] la prima conferenza internazionale della donna. Ma la data simbolo è legata all’incendio divampato in un opificio (Cottons) di Chicago nel 1908, occupato nel corso di uno sciopero da 129 operai tessili che morirono bruciate vive. Nel 1910 a Copenaghen, in occasione di un nuovo incontro internazionale della donna si propone l’istituzione di una Giornata internazionale della donna, anche in ricordo dei fatti di Chicago”, affermazione che accredita in pieno la falsa versione dell’evento contestata da Capomazza ed Ombra nel loro già citato “8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna”.

    Ed è sulla scorta di questo libro e di quello di Mirco Volpedo “8 marzo” (ed. Erga, 2006) che Donne e Rivoluzione fornisce – in Viva l’8 marzo di lotta femminile, proletaria e rivoluzionaria! -, una ricostruzione delle origini dell’8 marzo dove si afferma che la “vera e propria ricorrenza dell’8 marzo nasce ufficialmente per ricordare la prima manifestazione delle operaie di Vyborg (Pietrogrado) dell’8 marzo 1917 [23 febbraio del calendario russo, NdC] che diede l’avvio alla rivoluzione di febbraio: nel giugno del 1921 la Seconda Conferenza Internazionale delle donne comuniste, che si tenne a Mosca nell’ambito della Terza Internazionale, adottò formalmente quella data come “Giornata Internazionale dell’Operaia”.

    “Viva l’8 marzo” tenta però anche di tenere insieme le varie date “simbolo”: lo sciopero duramente represso dalla polizia delle operaie tessili nel 1857 a New York; la prima Giornata nazionale delle donne celebrata negli Stati Uniti il 28 febbraio del 1909 [4]; il lungo sciopero portato avanti nello stesso anno a New York dalle operaie tessili della Triangle Shirtwaist Company; la proposta delle delegate tedesche (Zetkin in testa) in occasione della Seconda conferenza delle donne dell’Internazionale (tenutasi a Copenaghen il 29 agosto del 1910) di istituire una Giornata Internazionale della donna che fu di fatto celebrata per la prima volta in Europa l’anno successivo, il 19 marzo 1911; la decisione delle americane, a partire dal 1913, di far coincidere la loro Giornata nazionale delle donne con quella europea.

    In questa ricostruzione vi è anche spazio per il famoso incendio a New York, che viene posticipato di qualche anno (troppo tardi quindi per essere all’origine della “Festa della donna” sia negli Stati Uniti che in Europa). Nell’incendio ( scoppiato, pare, nella stessa Triangle Shirtwaist Company, teatro dello sciopero del 1909) “più di 100 operaie (a seconda delle fonti 129 0 146) [...] (di cui molte italiane), rimangono uccise [...]. I proprietari della fabbrica, che al momento dell’incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiuse a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne [...]. Quell’incendio segna una data importante, anche se non è da esso, come erroneamente riportato da alcune fonti, che trae origine la Giornata della donna. Migliaia di persone presero parte ai funerali delle operaie uccise dal fuoco. Fu quel fatto tragico comunque che portò alla riforma della legislazione del lavoro negli Stati Uniti e che rafforzò nel tempo la Giornata della Donna istituita l’anno prima.(Narra la leggenda che sulla tomba delle operaie morte fossero fiorite poco dopo la loro sepoltura delle mimose)”.

    Ma credo sia importante chiedersi il perché della “confusione” fiorita intorno all’8 marzo (confusione fatta di tante parziali “certezze” oltre di date e cifre diverse), per capire le ragioni di questa “confusione” e gettare nuova luce sulle “strumentalizzazioni” che sempre hanno accompagnato (e accompagnano) questa giornata.

    Lo scorso anno avevo pubblicato qui in Marginalia in occasione dell’8 marzo la (parziale) traduzione di un articolo del 1982 di Liliane Kandel e Françoise Picq, Le mythe des origines. À propos de la journée internationale des femmes. Qui veniva dimostrata (consultando fonti primarie quali la stampa americana dell’epoca e fonti secondarie quali pubblicazioni sulla storia del movimento operaio e femminista del periodo) l’invenzione bella e buona del famoso sciopero del 1857, che diviene la data simbolo nel contesto francese a partire dagli anni 50 (negli stessi anni cioè in cui in Italia, come vedremo, fa la sua comparsa il mito delle povere operaie bruciate nel rogo della loro fabbrica.

    Kandel e Picq ripercorrono le tappe dell’istituzione della Giornata internazionale delle donne: la proposta di Zetkin – che riprendeva l’iniziativa delle donne socialiste americane che dal 1909 celebravano una giornata nazionale per l’uguaglianza dei diritti civili – alla Seconda conferenza internazionale delle donne socialiste nel 1910; la data del 19 marzo 1911 come prima Giornata internazionale della donna svoltasi in Europa e precisamente in Germania e in Austria; la prima manifestazione francese nel 1914, a Parigi; l’interruzione delle celebrazioni in Europa non solo a causa della guerra ma per i contrasti e le divisioni interne al campo socialista internazionale; il rilancio della giornata internazionale delle donna grazie al nuovo impulso dato dalla grande manifestazione delle operaie di Pietrogrado il 23 febbraio – 8 marzo del nostro calendario – 1917. E quindi sotto questa nuova data (e sotto l’auspicio del partito bolscevico e della Terza Internazionale) che viene a collocarsi la cosiddetta festa della donna. Scrive Alexandra Kollontai: “La giornata delle operaie è divenuta memorabile nella storia. Quel giorno, le donne russe hanno innalzato la fiaccola della Rivoluzione proletaria e messo a fuoco il mondo; la Rivoluzione di febbraio ha fissato il suo inizio quel giorno” [5].

    La Giornata internazionale delle donne diviene tra le due guerre oggetto di aspre dispute tra la Seconda e la Terza Internazionale, tra il Partito comunista francese e la Sfio (la sezione francese dell’internazionale operaia) che, come ricordano Kandel e Picq non la celebrano nella stessa data. A partire dalla seconda guerra mondiale è celebrata in tutti i paesi socialisti e altrove. Se, tra le due guerre, era raro il riferimento a un qualsiasi avvenimento originario (talvolta lo sciopero delle operaie russe del 1917, talvolta la proposta di Zetkin del 1910) a partire dal dopoguerra comincia ad essere elaborato il mito. L’origine “sovietica” della giornata della donna sparisce: in Francia ci si riferisce inizialmente ad una decisione presa dal Partito socialista americano nel 1908 per giungere, a partire dal 1955, alla collocazione dell’origine dell’8 marzo nello sciopero newyorkese del 1857.

    Anche in Italia (dove a partire dal dopoguerra l’8 marzo acquista nuovo impulso a partire dalla manifestazione indetta dall’Udi – che almeno a quanto scrive la CGIL nel suo sito sceglie come simbolo la mimosa -, nel 1946) inizialmente l’avvenimento originario (per lo meno nella tradizione socialista) sembra essere quello dello sciopero del 1857 ma, a partire dagli anni 50, (e dunque in piena guerra fredda) si afferma la versione delle operaie bruciate nel rogo della loro fabbrica: il 7 marzo 1952 il settimanale bolognese La lotta, scrive che la data della Giornata della Donna vuole commemorare l’incendio scoppiato in una fabbrica tessile di New York l’8 marzo del 1929, in cui sarebbero morte (rinchiuse all’interno dello stabilimento dal padrone perché minacciavano di scioperare) 129 giovani operaie in gran parte di origine italiana ed ebraica. In seguito, il tema dell’incendio e delle operaie arse vive nel rogo del loro posto di lavoro viene ripreso, ma con diverse varianti. Nel 1978, il Secolo XIX di Genova colloca l’episodio a Chicago, in una filanda. Nel 1980, La Repubblica parla di un incendio a Boston, datato 1898. Nel 1981 Stampa sera situa l’incendio ai primi del ‘900, in un luogo imprecisato degli Stati Uniti, le operaie vittime sarebbero state 146. Lo stesso anno, L’Avvenire parla di 19 operaie morte. Nel 1982, Noi Donne , afferma che l’incendio sarebbe avvenuto a Boston nel 1908 e le operaie morte sarebbero state 19 [6]. Nonostante l’infondatezza della notizia (non risulta nessun incendio nè nel già citato volume di Capomazza e Ombra nè nel libro di Renée Còté, Verità storica della misteriosa origine dell’8 marzo) la leggenda delle operaie bruciate vive continua ad imperversare anche in tempi recenti: tralasciando le varie occorrenze reperibili in diversi volantini e documenti (tra i quali innumerevoli siti e blog), veramente troppi per essere elencati, ricordo qui il quotidiano Liberazione che il 7 marzo dello scorso anno ha pubblicato una lettera/appello di Elisabetta Piccolotti (portavoce nazionale Giovani Comunisti/e), indirizzata a Giorgia Meloni, vicepresidente della Camera, nonché presidente di Azione Giovani. Nella lettera (“sul volgare machismo” della sezione di Biella di Azione giovani che aveva organizzato un “eteropride” con spettacolo di lap-dance publicizzato da un manifesto con lo slogan “Questione di pelo”), Piccoletti scrive: “L’8 marzo in tutto il mondo – come ogni anno dal 1908 quando 129 donne persero la vita durante un incendio in una industria tessile di New York – ricorre la festa delle donne”.

    Ma il testo di Kandel e Picq non ci aiuta soltanto a fare chiarezza intorno all’origine dell’8 marzo, ma mostra anche i conflitti e le strumentalizzazioni che hanno contrassegnato questo evento fin dalla nascita. L’8 marzo, nato per decisione “delle donne socialiste di tutti i paesi” riunite a Copenaghen “in accordo con le organizzazioni politiche e sindacali del proletariato” (Kandel e Picq, p. 74), viene anche adoperata per marcare la differenza tra le donne socialiste e le femministe “borghesi”, situandosi in una tradizione che nega “il diritto delle donne ad organizzarsi in maniera autonoma, al di fuori di organizzazioni e partiti politici”(p. 75).

    Questa giornata benché ripresa dal movimento femminista negli anni 70 – che spesso però ne ignorava la storia – è stata spesso adoperata da partiti e sindacati (in Italia in primis la CGIL) per riscuotere consenso presso le “masse femminili” subendo, tra l’altro, uno svuotamento progressivo: la festa della donna (mimose, cene, serate danzanti …).

    Ma la carica “simbolica” dell’8 marzo non è del tutto esaurita. Mentre la CGIL allestisce la celebrazione di un centenario storicamente infondato, in varie città d’Italia non mancano tentativi di appropriazione/strumentalizzazione e ulteriore svuotamento di questa giornata … ma questo è un altro discorso, che andrebbe probabilmente ripreso e sviluppato [7] .

    http://marginaliavincenzaperilli.blogspot.com/


    Fonte: http://napoli.indymedia.org/2010/03/08/la-...ell-39-8-marzo/
     
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    Lettera di Papa Giovanni Paolo II alle donne

    Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.
    Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.

    Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.

    Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del «mistero», alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.

    Grazie a te, donna-consacrata, che sull’esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta «sponsale», che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.
    Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.

    Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.
    Ma il grazie non basta, lo so. Siamo purtroppo eredi di una storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò le ha impedito di essere fino in fondo se stessa […].
    Sì, è l’ora di guardare con il coraggio della memoria e il franco riconoscimento delle responsabilità alla lunga storia dell’umanità, a cui le donne hanno dato un contributo non inferiore a quello degli uomini, e il più delle volte in condizioni ben più disagiate [...]. Rispetto a questa grande, immensa «tradizione» femminile, l’umanità ha un debito incalcolabile. Quante donne sono state e sono tuttora valutate più per l’aspetto fisico che per la competenza, la professionalità, le opere dell’intelligenza, la ricchezza della loro sensibilità e, in definitiva, per la dignità stessa del loro essere!
    E che dire poi degli ostacoli che, in tante parti del mondo, ancora impediscono alle donne il pieno inserimento nella vita sociale, politica ed economica? Basti pensare a come viene spesso penalizzato, più che gratificato, il dono della maternità, a cui pur deve l’umanità la sua stessa sopravvivenza. Certo molto ancora resta da fare perché l’essere donna e madre non comporti una discriminazione. È urgente ottenere dappertutto l’effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri del cittadino in regime democratico.
    Si tratta di un atto di giustizia, ma anche di una necessità. I gravi problemi sul tappeto vedranno, nella politica del futuro, sempre maggiormente coinvolta la donna: tempo libero, qualità della vita, migrazioni, servizi sociali, eutanasia, droga, sanità e assistenza, ecologia, ecc. Per tutti questi campi, una maggiore presenza sociale della donna si rivelerà preziosa, perché contribuirà a far esplodere le contraddizioni di una società organizzata su puri criteri di efficienza e produttività e costringerà a riformulare i sistemi a tutto vantaggio dei processi di umanizzazione che delineano la «civiltà dell’amore»”.


    Dal Vaticano, 29 giugno 1995, Solennità dei Santi Pietro e Paolo.
     
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  3. Il Pescatore
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    Grazie a voi, donne, anche da parte mia, perché siete veramente la spina dorsale dell'umanità, e anche se alle volte (forse troppe!) ci fate desiderare la libertà da ogni vincolo che ci leghi a voi (non tutte siete dolci e pazienti, ma molte sono anche acide e rompi..., e nessuno mi può contraddire), tuttavia noi maschiacci vi consideriamo un male naturale, come può essere il freddo dell'inverno o l'afa dell'estate. Certamente una cosa dobbiamo riconoscerla: senza di voi noi non potremmo esistere (ma anche voi senza di noi, ricordatevelo!!!).
    Scusatemi se oggi, giorno della vostra Festa, io vi parlo così, ma sono nato maschio, cresciuto maschilista e purtroppo, arrivato alla mia età non riesco più a cambiare. Sopportatemi.
    Grazie.
    :wub: :wub: :D :)
     
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    Ti ringrazio degli auguri caro Il Pescatore! Ti sopporteremo, tranquillo, anche se sei um maschiaccio, quoto le tue parole, noi donne sappiamo anche sopportare, un bel saluto!! :D :)
     
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  5. NeoNata
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    Dedicato alle donne

    Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
    i capelli diventano bianchi,
    i giorni si trasformano in anni.

    ...Però ciò che è importante non cambia;
    la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
    Il tuo spirito e` la colla di qualsiasi tela di ragno.

    Dietro ogni linea di arrivo c'è una linea di partenza.
    Dietro ogni successo c`e` un`altra delusione.

    Fino a quando sei viva, sentiti viva.
    Se ti manca cio` che facevi, torna a farlo.
    Non vivere di foto ingiallite...
    insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.

    Non lasciare che si arruginisca il ferro che c'è in te.
    Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.

    Quando a causa degli anni
    non potrai correre, cammina veloce.
    Quando non potrai camminare veloce, cammina.
    Quando non potrai camminare, usa il bastone.
    Pero` non trattenerti mai!

    Madre Teresa di Calcutta
     
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    Il sacrificio delle morte ammazzate. Perché gli uomini odiano le donne

    La Casa delle donne ha svolto un'indagine sul femicidio in Italia. Nel solo 2010 le vittime sono state 127. Nel 23% dei casi, a uccidere è un ex compagno. E il più delle volte la tragedia si consuma in un luogo familiare
    di GIULIA CERINO

    Nel 2010 sono state uccise centoventisette donne

    UOMINI che odiano le donne. Oppure le amano troppo e quindi le ammazzano. Francesca Bova, 34 anni, madre di un bambino di 8 mesi. Jenny Dal Vecchio, 33 anni. Filomena Rotolo, 42 anni. Giovanna Piattelli, 59 anni, dirigente dell'ufficio istruzione e sport di Montecatini uccisa da Silvano Condotti, ex autista 55enne, perché ritenuta responsabile del suo licenziamento. E poi Atif Zineb, marocchina, 20 anni appena fatti ma già sposata. Da qualche mese voleva tornare in Marocco. E' morta prima. Anzi, è stata ammazzata il 25 febbraio dal marito. Quel giorno leggevamo di lei sulle pagine della cronaca veneta. Ma in tutto il 2010 abbiamo letto di tante altre donne: tre con meno di 18 anni, nove tra i 18 e i 25, ventuno tra i 26 e i 35, ventotto tra i 36 e i 45, trentaquattro tra i 46 e i 60, sedici tra i 61 e i 75 e sedici con più di 75 anni. Centoventisette in totale. Otto in più rispetto al 2009. Ma forse molte di più ancora perché spesso accade che i casi di donne scomparse si risolvano solo dopo due, tre, dieci giorni, mesi, anni con il ritrovamento di un cadavere che sulla stampa non fa più notizia.

    Non c'è mimosa che tenga. La Casa delle donne 1 ha deciso di diffondere proprio oggi, 8 marzo, i risultati dell'indagine sul femicidio in Italia nel 2010. Per raccontare la storia di Elsa Bellotto, 45 anni, Daniela Mirza, romena 28 anni, Francesca Gattuso morta in un incidente stradale rivelatosi un delitto di genere ma anche quella di Simona Melchionda, 25 anni, Silvana Scarlata e Anna Spiridigliotti. L'indagine è un'accurata rassegna di trafiletti e articoli di cronaca nera raccolti durante tutto l'anno passato. E' un'occasione per ricordarle tutte e 127 queste donne d'Italia uccise per mano degli uomini per motivi di genere.

    Nel 23% dei casi, ad agire sono ex mariti, ex amanti, ex conviventi, ex partner. Il dato in sé contiene una costante e una novità rispetto alle ricerche degli anni precedenti. L'omicidio della moglie da parte del marito è sempre stato ricorrente. Ma quest'anno è l'ex ad aver ucciso di più. Tra il 2006 e il 2010 la percentuale e salito: dall'11 al 23%. Conoscenti e colleghi hanno agito 17 volte sul totale. I figli delle donne che nel 2010 hanno eliminato con la violenza le loro madri sono 14. Solo in un caso è stato un fratello ad ammazzare la sorella. Uomini ossessivi, malati, perseguitati. Assassini. Italiani nel 79% dei casi. Tra gli esecutori del 2010 ci sono solo un pakistano, un ucraino, un croato, un filippino, un bosniaco, un marocchino, un ecuadoregno, un rom, un romeno, un albanese, un argentino e un bulgaro. Gli altri, tutti uomini di casa nostra.

    Maschi che nella maggior parte dei casi hanno tra i 36 e i 60 anni e annientano per un motivo: impedire che si affermi la volontà femminile. Evitare che sia lei, una donna, a porre fine alla relazione affettiva. La separazione è infatti causa del 19% dei femicidi avvenuto in Italia. Seguono nella stessa percentuale la conflittualità e il cosiddetto 'raptus' (12 e 13%). Poi ci sono le ragioni economiche, i problemi psichici, la gelosia (10% dei casi) o il rifiuto di lei di fare l'amore (2%). L'atto di uccidere arriva sempre alla fine. Prima di impugnare l'arma, di solito, si scatenano violenze domestiche, minacce, discussioni che lasciano pensare al peggio. Subito dopo, invece, il 29% degli uomini si suicida o tenta di farlo. Il 24% confessa il delitto mentre nel 20% dei casi nascondono tutto, vergognandosi come cani, e dannandosi senza potersi redimere. Altri fuggono. Abbandonano la zona del crimine: la casa.

    Gli uomini che odiano le donne non uccidono per strada. Il 70% delle regine di questo 8 marzo 2011 è stato massacrato in un luogo familiare, senza nemmeno avere il tempo per rendersene conto. Il 25% degli uomini ha agito tra le mura domestiche: nello stesso luogo dove aveva appena finito di fare l'amore, mangiare, guardare la televisione o lavarsi i denti guardandosi, l'un l'altro, allo stesso specchio. Spesso il femicidio avviene a casa di lei (36%) o nell'appartamento dei parenti (9%). In cucina magari. Usando un'arma da taglio (26%) o un'arma da fuoco (31%). Alcuni uomini le soffocano (25%). Poi, c'è anche chi sfoga la propria frustrazione ammazzandole di botte (7%), prendendole a calci, a pugni. Sbattendole per terra.

    Su 127, 61 sono morte al nord, 25 al centro, 23 al sud e 12 nelle isole. Le vittime sono quasi tutte donne italiane (78%). Otto le romene, tre le albanesi, due le polacche, le brasiliane e le filippine. Tutte morte in Italia, questa terra straniera.
    (08 marzo 2011)



    http://www.repubblica.it/cronaca/2011/03/0...ccise-13323727/
     
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    Un difetto nelle donne......

    Le donne hanno forze che sorprendono gli uomini.........
    sopportano fatiche e portano fardelli,
    ma comprendono la felicità, l'amore e la gioia.
    Sorridono quando vogliono urlare.
    Cantano quando vogliono piangere.
    Piangono quando sono felici,
    e ridono quando sono nervose.
    Combattono per quello in cui credono...
    si ribellano all'ingiustizia.
    Non accettano un "no" come risposta
    quando credono che ci sia una soluzione migliore.
    Rinunciano per far avere di più alla famiglia.
    Vanno dal dottore con un'amica spaventata.
    Amano incondizionatamente.
    Piangono quando i loro figli vincono
    e festeggiano quando i loro amici ricevono premi.
    Sono felici quando sentono parlare
    di una nascita o di un matrimonio.
    I loro cuori si spezzano quando muore un amico.
    Stanno in lutto per la perdita di un membro della famiglia
    ma sono forti quando pensano che non sia rimasta più forza.
    Sanno che un abbraccio ed un bacio
    possono curare un cuore spezzato.
    Di donne ce ne sono di tutte le forme, misure e colori.
    Guideranno, voleranno, cammineranno, correranno
    o ti invieranno e-mail per mostrarti quanto tengano a te.
    Il cuore di una donna è ciò che continua a far girare il mondo.
    Portano gioia, speranza e amore.
    Hanno compassione ed idee.
    Danno supporto morale alla famiglia e agli amici.
    Le donne hanno cose vitali da dire
    e tutto da dare.
    Comunque, se c'è un difetto nelle donne
    è che si dimenticano del loro valore.
     
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    Trovo giusto riportare questa discussione, per non dimenticare!
     
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  9. biancajana
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    Grazie mar! :D

    Aggiungo questo articolo che ho trovato molto interessante, in merito a questa giornata dedicata a tutte le donne del mondo:


    "Le donne che hanno cambiato il mondo, non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza" (Rita Levi Montalcini)

    In occasione della Festa delle donne rendiamo omaggio a tutte le donne ed al valore del lavoro femminile.

    Un tributo a tutte quelle donne che insieme, quando si parla di questione del lavoro al femminile, generano "il dato statistico" della partecipazione femminile al mercato del lavoro; le statistiche dimostrano che le donne hanno tutte le carte in regola – sono più preparate, studiano di più, si laureano prima e meglio dei colleghi maschi ma quando si entra nel mondo del lavoro preparazione, talento e determinazione non bastano più.

    Ancora oggi nel nostro paese il lavoro femminile non viene riconosciuto come risorsa importante che porta valore e rappresenta strumento di crescita economica per la società.

    Quando si parla di diritti per le donne, l'Italia si ritrova tra le ultime posizioni guardando assai da lontano le altre democrazie occidentali.

    Dall'analisi di alcuni dati del Global Gender Gap Report 2012 che fotografa il divario tra i sessi in 135 paesi, l'Italia è passata dal 72° al 74°posto, costretti ad inseguire persino il Ruanda e la Mongolia, dimostrando ancora una volta di essere un paese dove le "pari opportunità" rappresentano solo il nome di un ministero!


    In un'inchiesta svolta dal settimanale Newsweek, basata su vari rapporti internazionali con l'obiettivo di trovare i paesi del mondo migliori e peggiori in cui essere una donna, sono stati aggregati in una classifica i risultati di numerosi studi.

    Gli autori hanno preso in considerazione una trentina di parametri che riguardano i diritti concessi alle donne nei vari stati: livello di educazione, denunce di abusi sessuali, percentuale di lavoratrici nei differenti settori, accesso ai ruoli dirigenziali e alle poltrone in politica.

    Sono stati utilizzati studi di organismi del calibro dell'Unesco, delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione mondiale della sanità. Ebbene a seguito del punteggio assegnato ai vari paesi, anche qui l'Italia è risultata essere fanalino di coda, riuscendo a classificarsi dietro stati come il Turkmenistan e il Vietnam.

    Certo è difficile stupirsi conoscendo i pochi aiuti che, nel nostro paese, le donne ricevono se hanno intenzione di creare una famiglia e continuare a lavorare, tra asili nido mancanti e salari inferiori a quello dei colleghi uomini!

    Nel campo della rappresentatività ai vertici del potere basta poi ricordare alcuni dati:
    dal 1° gennaio 1948 quando è entrata in vigore la Costituzione repubblicana, in Italia si sono succeduti 11 Presidenti della Repubblica, 16 Legislature e 60 governi.

    Nonostante i numerosi cambiamenti politici, le donne non sono riuscite mai a ricoprire le più importanti cariche dello Stato.


    Dopo 65 anni dalla sua nascita la Repubblica Italiana continua a vantare alcuni primati negativi:solo 75 donne hanno ricoperto ruoli di governo;

    29 ministre (la prima fu Tina Anselmi nel 1976, nominata Ministro del Lavoro e Previdenza sociale nel III Governo Andreotti);

    2 ministre ad interim;

    17 ministre senza portafoglio;

    1 vice-ministra (Patrizia Sentinelli nel 2006, II governo Prodi);

    114 sottosegretarie

    2 Presidenti della Camera dei deputati: Nilde Iotti dal 1979 al 1992 e Irene Pivetti dal 1994 al 1996;

    Unica senatrice di nomina presidenziale è stata il Premio Nobel Rita Levi Montalcini;


    NON C'E' MAI STATA:

    -una Presidente del Senato
    -un Presidente del Consiglio;
    -una Presidente della Repubblica.

    Se poi volgiamo lo sguardo all'Europarlamento i dati sono ancora più negativi, l'Italia è 24° su 27 nazioni per percentuale di eurodeputate.

    Nonostante si rilevi una sensibile crescita di donne al governo e in Parlamento dobbiamo fare ancora molti passi in avanti per aumentare la presenza delle donne in ruoli di governo, sia nel pubblico che nel privato, per creare una vera e propria leadership femminile, così come è avvenuto in altri paesi, soprattutto del Nord Europa.


    Dobbiamo tutti contribuire a costruire politiche a favore delle donne per combattere le discriminazioni e le disuguaglianze e per rendere finalmente l'Italia un paese per donne.....un paese migliore!

     
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    NON C'E' MAI STATA:

    -una Presidente del Senato
    -un Presidente del Consiglio;
    -una Presidente della Repubblica.

    Veramente una cosa scandalosa! Credo che siamo gli unici tra i Paesi del G-8 !!!
     
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  11. iceland
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    Tratto da Clarissa Pinkola Estes in "Donne che corrono con i lupi" un libro stupendo che consiglio a tutte le donne di leggere.

    ..."C'è una cosa che la donna moderna, addomesticata, ha dimenticato di sé: il suo Potere ferino.
    La donna contiene in sé una natura fera, ovvero selvaggia, animalesca, un archetipo di Dea Madre che crea ma nello stesso tempo può distruggere in un ciclo perfetto di vita/morte/vita che ben rappresenta la circolarità dell'esistenza.

    Come una lupa selvaggia, la Madre archetipa dà vita, protezione e nutrimento alle sue creature ma può trasformarsi in una belva feroce che annienta il predatore minaccioso.
    Le creature di ogni donna non sono per forza solo i figli. La donna ha in sé un naturale istinto di protezione dei valori e delle idee che le appartengono.
    La donna fera difende il proprio territorio psichico selvaggio e incontaminato con i denti e con le unghie, ringhiando e mordendo se necessario.

    Riportare in vita l'istinto primordiale insito in noi significa tornare a noi stesse, a essere autentiche, libere da condizionamenti sociali e culturali che ci vogliono soggiogate, arrendevoli, remissive.
    In quanto femmine ci hanno insegnato a essere carine. A dire sempre sì, a farci ammirare.
    Ma, come dice la saggia Clarissa Pinkola Estés in Donne che corrono coi lupi, vi immaginate un madre lupa che insegna alle sue cucciole a essere carine? A sorridere invece di difendersi dai predatori?

    La donna fera è una donna conscia del proprio Potere, della propria seduttività animale, centrata sui propri valori e fiera della propria essenza intrinseca.
    Si muove nel mondo con il proprio istinto infallibile, ha fiuto per le energie che la circondano.

    La donna fera mangia, balla e fa l'amore come fosse la prima e unica volta, senza aver nulla da perdere, cammina a piedi nudi, scala gli alberi, corre a perdifiato nella campagna dietro i suoi cani, canta a squarciagola, ride e ama con autentico trasporto.
    Sa di essere fatta di sangue e carne e ossa e unghie e peli e accetta la propria fisicità, la propria natura materiale.

    La donna fera si immerge nella vita con l'entusiasmo del cucciolo selvaggio ma con la consapevolezza della vecchia saggia.
    E' vecchia e giovane allo stesso tempo.
    Lo puoi vedere dai suoi occhi.
    Che siano spalancati dall'entusiasmo o sottili fessure cariche di energia sessuale potente, la donna fera non è come tutte le altre.

    Lo puoi vedere da come cammina, ancheggiando leggermente, a testa alta, da come si siede a gambe incrociate per terra o con i piedi sulla sedia. Mangia con le mani ma non è mai volgare.
    A volte si veste con strani cappelli, a volte con sciarpine svolazzanti, con scialli o maglioni che ricordano il mantello di una strega medievale, ha collane che tintinnano o hanno il look crudo di monili ancestrali.
    Comunque sia, la donna fera non passa inosservata.

    E quando una tale donna diviene consapevole del suo Potere ferino, ecco che diviene una Dea in terra.
    Se ascoltate bene, potete sentire il battito di tamburi selvaggi rombarle nel sangue e l'odore selvatico del suo sesso che vi chiama...."
     
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    E' incredibile ahimè quanto potere ha l'informazione nel diffondere anche cose e miti falsi.
    Ho sempre creduto che l'origine della festa delle donne derivasse dall'incendio delle operaie.A scuola pure si insegna spesso.Nei documentari ciò viene raccontato.Proprio uno o due anni fa su un forum avevo letto che era un falso.Bah....
     
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    Verissimo, grazie per averlo ripescato
     
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