Gabriele D'Annunzio

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    Amando definire «inimitabile» la sua vita, Gabriele D'Annunzio costruisce intorno a sé il mito di una vita come un'opera d'arte.


    Gabriele D'Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863 da famiglia borghese, che vive grazie alla ricca eredità dello zio Antonio D'Annunzio. Compie gli studi liceali nel collegio Cicognini di Prato, distinguendosi sia per la sua condotta indisciplinata che per il suo accanimento nello studio unito ad una forte smania di primeggiare. Già negli anni di collegio, con la sua prima raccolta poetica Primo vere, pubblicata a spese del padre, ottiene un precoce successo, in seguito al quale inizia a collaborare ai giornali letterari dell'epoca. Nel 1881, iscrittosi alla facoltà di Lettere, si trasferisce a Roma, dove, senza portare a termine gli studi universitari, conduce una vita sontuosa, ricca di amori e avventure. In breve tempo, collaborando a diversi periodici, sfruttando il mercato librario e giornalistico e orchestrando intorno alle sue opere spettacolari iniziative pubblicitarie, il giovane D'Annunzio diviene figura di primo piano della vita culturale e mondana romana.

    Nel 1919 organizzò un clamoroso colpo di mano paramilitare, guidando una spedizione di "legionari", partiti da Ronchi di Monfalcone (ribattezzata, nel 1925, Ronchi dei Legionari in ricordo della storica impresa), all'occupazione della città di Fiume, che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia. Con questo gesto D'Annunzio raggiunse l'apice del processo di edificazione del proprio mito personale e politico.
    L'11 e 12 settembre 1919, la crisi di Fiume. A Fiume, occupata dalle truppe alleate, già nell'ottobre 1918 si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava l'annessione all'Italia. di cui fu nominato presidente Antonio Grossich. D'Annunzio con una colonna di volontari occupò Fiume e vi instaurò il comando del "Quarnaro liberato". Il 5 ottobre 1920 aderì al Fascio di combattimento di Fiume.

    Mussolini avviò rapidamente una sottoscrizione pubblica per finanziare l'Impresa di Fiume che raccolse quasi tre milioni di lire. Una prima tranche di denaro, ammontante a 857.842 lire, fu consegnata a D'Annunzio ai primi di ottobre, altro denaro in seguito. Una parte cospicua del denaro raccolto invece non fu consegnata a D'Annunzio. Mussolini fu accusato da due redattori di aver dirottato il denaro per finanziare il proprio partito in vista delle prossime elezioni politiche italiane del 1919 e lo squadrismo.
    Per controbattere alle accuse D'Annunzio inviò una lettera a Mussolini in cui ne attestò pubblicamente l'autorizzazione. Il poeta certificò che parte della somma raccolta fu utilizzata per finanziare lo squadrismo a Milano.

    « Mio caro Benito Mussolini, chi conduce un'impresa di fede e di ardimento, tra uomini incerti o impuri, deve sempre attendersi d'essere rinnegato e tradito "prima che il gallo canti per la seconda volta". E non deve addontarsene né accorarsene. Perché uno spirito sia veramente eroico, bisogna che superi la rinnegazione e il tradimento. Senza dubbio voi siete per superare l'una e l'altro. Da parte mia, dichiaro anche una volta che — avendo spedito a Milano una compagnia di miei legionari bene scelti per rinforzo alla vostra e nostra lotta civica — io vi pregai di prelevare dalla somma delle generosissime offerte il soldo fiumano per quei combattenti. Contro ai denigratori e ai traditori fate vostro il motto dei miei "autoblindo" di Ronchi, che sanno la via diritta e la meta prefissa.
    Fiume d'Italia, 15 febbraio 1920

    Gabriele D'Annunzio. »

    Estetismo e pensiero dannunziano

    Alcune volte la fortuna di cui un autore gode è il frutto di scelte consapevoli, di una capacità strategica di collocarsi nel centro di un sistema culturale che possa garantirgli le migliori opportunità che il suo tempo ha da offrirgli. D'Annunzio aveva cominciato a "immaginarsi" poeta leggendo Giosuè Carducci negli anni del liceo; ma la sua sensibilità per la trasgressione e il successo dal 1885 lo portò ad abbandonare un modello come quello carducciano, già provinciale e superato in confronto a quanto si scriveva e si dibatteva in Francia, culla delle più avanzate correnti di avanguardia - Decadentismo e Simbolismo. Il suo giornale gli assicurava l'arrivo di tutte le riviste letterarie parigine, e attraverso i dibattiti e le recensioni in esse contenuti, D'Annunzio poté programmare le proprie letture cogliendo i momenti culminanti dell'evoluzione letteraria del tempo.
    Fu così che conobbe Théophile Gautier, Guy de Maupassant, Max Nordau e soprattutto Joris-Karl Huysmans, il cui romanzo À rebours costituì il manifesto europeo dell'estetismo decadente. In un senso più generale, le scelte di D'Annunzio furono condizionate da un utilitarismo che lo spinse non verso ciò che poteva rappresentare un modello di valore "alto", ideale, assoluto, ma verso ciò che si prestava a un riuso immediato e spregiudicato, alla luce di quelli che erano i suoi obiettivi di successo economico e mondano.
    D'Annunzio non esitava a "saccheggiare" ciò che colpiva la sua immaginazione e che conteneva quegli elementi utili a soddisfare il gusto borghese ed elitario insieme del "suo pubblico". D'altronde, a dimostrazione del carattere unitario del "mondo dannunziano", è significativo il fatto che egli usò nello stesso modo anche il pensiero filosofico.

    Gli autori contemporanei più letti in Europa negli anni 1880 e 1890 furono senza dubbio Schopenhauer e Nietzsche; da essi lo scrittore trasse non più che spunti e motivi per nutrire un universo di sentimenti e valori che appartenevano già a lui da sempre, e che facevano parte dell'atmosfera culturale che si respirava in un continente agitato da venti di crisi nazionalistiche, preannunzio della Grande guerra. La scelta di nuovi modelli narrativi e soprattutto linguistici - elemento questo fondamentale nella produzione dannunziana - comportò anche, e forse soprattutto, l'attenzione verso nuove ideologie. Ciò favorì lo spostamento del significato educativo e formativo che la cultura positivista aveva attribuito alla figura dello scienziato verso quella dell'artista, diventato il vero "uomo rappresentativo" di fine ottocento - primo novecento: "è più l'artista che fonde i termini che sembrano escludersi: sintetizzare il suo tempo, non fermarsi alla formula, ma creare la vita".
    Spregiudicatezza e narcisismo, slanci sentimentali e calcolo furono alla base anche dei rapporti di D'Annunzio con le numerose donne della sua vita. Quella che sicuramente più di ogni altra rappresentò per lo scrittore un nodo intricato di affetti, pulsioni e di artificiose opportunità fu Eleonora Duse, l'attrice di fama internazionale con cui egli si legò dal 1898 al 1901. Non c'è dubbio infatti che a questo nuovo legame debba essere fatto risalire il suo nuovo interesse verso il teatro e la produzione drammaturgica in prosa (Sogno di un mattino di primavera, La città morta, Sogno di un tramonto D'Autunno, La Gioconda, La gloria) e in versi (Francesca da Rimini, La figlia di Jorio, La fiaccola sotto il moggio, La nave e Fedra). In quegli stessi anni, la terra toscana ispirò al poeta la vita del "signore del Rinascimento fra cani, cavalli e belli arredi", e una produzione letteraria che rappresenta il punto più alto raggiunto da D'Annunzio nel repertorio poetico.
    Nei cinque libri delle Laudi, che costituiscono l'opera poetica più nota e famosa di D'Annunzio, viene sviluppato il concetto di Superomismo. Sembra un'eccezione l'Alcyone, in cui si riflettono i momenti più felici della sua panica immersione nel paesaggio fiorentino e versiliese e in cui apre la strada al periodo del Notturno, ma questa fusione non è in contrasto con le ideologie dei due precedenti libri, infatti essa può essere raggiunta solo dal "Superuomo" poiché egli è la creatura superiore. L' Alcyone è considerato dalla critica il più autentico di tutto il materiale dannunziano. Un'esistenza segnata, per altro verso, da quell'edonismo sperperatore già menzionato a proposito dell'impronta ricevuta dal padre: incurante della realtà e dei sentimenti altrui, D'Annunzio oscillò tra Firenze e la mondana Versilia curando le proprie pubblicazioni, che non erano comunque sufficienti a coprire le spese del suo esagerato tenore di vita, e intrecciando ripetutamente rapporti sentimentali con diverse donne.
    D'Annunzio e Giovanni Pascoli, l'altro grande poeta del Decadentismo italiano, si conoscevano personalmente, e, benché caratterialmente e artisticamente molto diversi, il Vate stimava il collega e recensì positivamente le liriche pascoliane e Pascoli considerava D'Annunzio come il suo fratello minore e maggiore. Alla morte del Pascoli (1912) D'Annunzio gli dedicò l'opera Contemplazione della morte.

    Nell'ambito della narrativa, sull'esempio dei romanzi ciclici dell'Ottocento (come la "Commedia umana" di Zola e "I Vinti" del Verga), il D'Annunzio si propose di scrivere tre trilogie ciascuna denominata dal nome di un fiore: la rosa, il giglio e il melograno per simboleggiare le tappe evolutive del suo spirito dalla schiavitù delle passioni alla vittoria su di esse infatti tutti i protagonisti dei romanzi dannunziani sono una proiezione narrativa dell'autore.. I romanzi della rosa li scrisse tutti e sono: Il piacere, L'innocente e Il trionfo della morte.
    Della trilogia del giglio scrisse solo "Le vergini delle rocce" e della trilogia del melograno scisse solo "Il fuoco" in cui trasfigurò la propria relazione con l'attrice Eleonora Duse. Secondo D'Annunzio, il giglio è il fiore simbolo del superuomo e della passione che si purifica, esso cioè è simbolo dell'uomo che si serve delle passioni per realizzare un progetto ambizioso.

    www.pixem.it/pixshoah/personaggi/dannunzio.htm
     
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    Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i saggi in mezzo a biasimi e lodi (Buddha)

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    Dalla Nebulosa...

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    Ho amato tantissimo la poesia di D'Annunzio...è sempre stato uno dei miei autori italiani preferiti. Mi era sempre stato insegnato che fosse un uomo di destra, il Futurismo, la cultura del Super Uomo ecc ecc . Ho scoperto di recente che non lo era affatto...era un uomo che metteva alla prova se stesso ed i propri limiti, che voleva rompere le regole prestabilite della sua epoca ed andare oltre...esplorare e conoscere. Rifiutò l'idea di fascismo quando si rese conto cosa significasse, un'altra storia da quella che ci è stata raccontata. La sue poesie sono bellissime...
     
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    Inizialmente appoggiò Mussolini, poi quando capì a cosa si andava incontro e che la destra non era per niente favorevole allo sviluppo della letteratura...si allontanò..

    Mussolini lo definì "un dente guasto..o da estirpare o da ricoprire d'oro". Il duce lo ricoprì d'oro. Forse gli conveniva di più..essendo il poeta una persona con carattere forte e deciso...
     
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2 replies since 14/11/2010, 15:09   329 views
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