Catullo e Lesbia

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    Catullo Caio Valerio. Poeta latino (Verona ca. 84 – Roma ca.54 a.C.). Conosciamo poco della vita di Catullo. Le uniche notizie ci pervengono direttamente dalle sue opere .Le date di nascita e morte sono incerte ma alcune considerazioni sulla sua vita attesterebbero tra l’84 e al 54 avanti Cristo. Pertanto egli visse solamente trent’anni. Apparteneva ad una famiglia agiata: suo padre era in stretti rapporti con Cesare che più volte fu suo ospite. Non sappiamo nulla degli studi né dei maestri che ebbe (forse lo stesso Valerio Catone). Si stabili a Roma giovanissimo e se ne allontanò sporadicamente per brevi soggiorni nelle ville di Sirmione e Tivoli: solo un lungo viaggio in Bitinia al seguito di Memmio e di ritorno in Troade per onorare la tomba del fratello ivi morto mentre era in missione: Catullo non intraprese mai la carriera politica ma si dedicò alla vita letteraria e fece parte dei cosiddetti Neoteroi ovvero “poetae novi “diventandone uno dei poeti più attivi. Ebbe amici influenti che favorirono la sua vita sociale, ma l’incontro con Lesbia segnerà indelebilmente la sua vita. Si è molto discusso sull’identità di Lesbia: Apuleio dice che il vero nome ere Clodia (una delle tre sorelle di P. Clodio Pulcro e moglie di Q. Metello ). Il tempestoso legame con Lesbia ebbe termine dopo il ritorno di Catullo dalla Bitinia verso il 55 a.C. Di lì a poco il poeta morì. Le opere non ci sono interamente pervenute. I 116 componimenti che conosciamo sono divisi in sezioni distinte come Nugae, Carminia docta ed ancora una parte di carattere puramente letterario e di tono epigrammatico. Questa distribuzione dei Carmi non fu opera di Catullo ma probabilmente di Cornelio Nipote.

    www.gallito.eu/2009/03/19/catullo-e-lamore-per-lesbia/

    E' l'incipit del quinto dei Carmina di Catullo, nonché il primo verso del carme, e viene usato come titolo della poesia stessa. I personaggi della poesia sono il poeta e Lesbia; il tempo è il I secolo a.C., il luogo è la Roma del I secolo a.C.

    Vivamus, mea Lesbia, atque amemus
    Rumoresque senum severiorum
    Omnes unius aestimemus assis.
    Soles occidere et redire possunt:
    nobis cum semel occidit brevis lux,
    nox est perpetua una dormienda.
    Da mihi basìa mille, deinde centum,
    dein mille altera, dein secunda centum
    deinde usque altera mille, deinde centum.
    Dein, cum milia multa fecerimus,
    conturbabimus illa, ne sciamus,
    aut nequis malus invidere possit,
    cum tantum sciat esse basiorum.

    Viviamo, mia Lesbia, e amiamoci
    e ogni mormorio perfido dei vecchi
    valga per noi la più vile moneta.
    Il giorno può morire e poi risorgere,
    ma quando muore il nostro breve giorno,
    una notte infinita dormiremo.
    Tu dammi mille baci, e quindi cento,
    poi dammene altri mille, e quindi cento,
    quindi mille continui, e quindi cento.
    E quando poi saranno mille e mille
    nasconderemo il loro vero numero,
    che non getti il malocchio l'invidioso
    per un numero di baci così alto.

    Il messaggio della poesia è l'invito del poeta a godere la vita prima che essa finisca e dopo la quale gli uomini debbono entrare nell'interminabile notte della morte. L'amore rende piacevole la vita; ma l'invito edonistico non è un abbandonarsi alle sfrenate passioni della libidine, bensì è un invito a vivere una vita intensa d'amore giovanile ed erotico, come chiarisce meglio il carme VII che dice: «Brillarono un tempo per te giornate radiose/ quando sovente venivi agli incontri che la ragazza fissava,/ amata da me quanto non s'amerà nessuna. Là si svolgevano giochi gioiosi d'amore senza mai fine, e tu dicevi sì e lei non diceva no. Splendevano, una volta, candidi soli». Ma l'amore non dura in eterno e allora Catullo dice a se stesso di prendere atto, nel carme VIII, che essa non ci sta più e quindi: «Disperato Catullo, falla finita con le tue follie; ciò che è perduto, come perduto consideralo. Non cercarla se sfugge; e non vivere da disperato, ma con ostinazione sopporta, tieni duro. Cara ragazza addio. Alla fine Catullo è fermo, non ti cercherà più, non ti implorerà più, tanto non vuoi, ma ti pentirai, quando nessuno più t'implorerà...».

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    Odi et amo.
    Quare id faciam fortasse requiris.
    Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

    Ti odio e ti amo.
    Mi chiedo come questo possa accadere.
    Non lo so, ma sento che accade e ne soffro.

    Capolavoro
     
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