I Rotoli del Mar Morto

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    Manoscritti del Mar Morto

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

    Il Rotolo dei Salmi con la sua trascrizione La località del ritrovamento, nella Cisgiordania occupata, sulla sponda del Uadi di Qumran.I Manoscritti del Mar Morto (o Rotoli del Mar Morto) sono un insieme di manoscritti rinvenuti nei pressi del Mar Morto. Di essi fanno parte varie raccolte di testi, tra cui i Manoscritti di Qumran, che ne costituiscono una delle parti più importanti. I rotoli del Mar Morto sono composti da circa 900 documenti, compresi testi della Bibbia ebraica, scoperti tra il 1947 e il 1956 in undici grotte dentro e intorno al Uadi di Qumran, vicino alle rovine dell'antico insediamento di Khirbet Qumran, sulla riva nord-occidentale del Mar Morto. I testi sono di grande significato religioso e storico, in quanto comprendono alcune delle uniche copie superstiti note dei documenti biblici prodotte prima del 100 a.C. e conservano la testimonianza della fine del tardo giudaismo del Secondo Tempio. Essi sono scritti in ebraico, aramaico e greco, per lo più su pergamena, ma con alcuni scritti su papiro.[1] Tali manoscritti datano in genere tra il 150 a.C. e il 70 d.C.[2] I Rotoli sono comunemente associati all'antica setta ebraica detta degli Esseni.

    I Rotoli del Mar Morto sono tradizionalmente divisi in tre gruppi: manoscritti "biblici" (copie di testi dalla Bibbia ebraica), che costituiscono circa il 40% dei rotoli identificati; manoscritti "apocrifi" o "pseudepigrafici" (documenti noti del periodo del Secondo Tempio, come Enoch, Giubilei, Tobia, Siracide, salmi non canonici, ecc. che non sono stati, in ultima analisi, canonizzati nella Bibbia ebraica), che costituiscono circa il 30% dei rotoli identificati; e manoscritti "settari" (documenti precedentemente sconosciuti, che descrivono le norme e le credenze di un particolare gruppo o gruppi all'interno della maggioranza ebraica) come la Regola della Comunità, il Rotolo della guerra, commento (in ebraico פשר, pesher) ad Abacuc e la Regola della Benedizione, che costituiscono circa il 30% dei rotoli identificati.[3]

    Fino al 1968 la maggior parte delle pergamene conosciute e dei frammenti sono stati custoditi nel Museo Rockefeller (già noto come Museo Archeologico della Palestina), a Gerusalemme. Dopo la guerra dei sei giorni, queste pergamene e frammenti furono spostati al Santuario del Libro, presso il Museo d'Israele, che tuttora ne conserva numerosi, mentre altri sono presso l'Istituto Orientale dell'Università di Chicago, al Seminario teologico di Princeton, all'Azusa Pacific University e nelle mani di collezionisti privati
     
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    Gli Esseni e i rotoli di Qumran

    1 gennaio 2000 | Autore: Andrea Veronese

    Sul significato del nome Esseni sono state fatte numerose supposizioni. Alcuni sostengono che la forma latina derivasse dall’ebraico “hasidim” (che significa pii), altri che il nome derivasse dall’aramaico “asya” (che significa medico).

    Nel 1947, all’interno delle grotte situate nella zona di Qumran, nei pressi del Mar Morto, vennero ritrovati dei rotoli che contenevano documenti manoscritti. Buona parte di questi documenti è già stata pubblicata ed è entrata a far parte dei “Vangeli apocrifi” o “gnostici”. Sebbene nei rotoli ritrovati non compaia il nome Esseni, i primi studiosi che ebbero la possibilità di tradurli si convinsero che questi documenti fossero stati redatti proprio da tale comunità, già nota da secoli attraverso gli scritti degli antichi autori, tra cui Filone Alessandrino, filosofo giudaico, e Giuseppe Flavio. Anche Plinio il Vecchio, vissuto nel I secolo d.C., autore di un’opera di storia naturale in lingua latina, parla della presenza di una comunità essena. Nelle fonti greche essi vengono citati come Essaioi o Essenoi. Tuttavia, anche se i rotoli trovati contengono opere che sicuramente sono riconducibili agli Esseni, ve ne sono altri che non sono integralmente riferibili a tale comunità. Gli Esseni probabilmente studiavano a fondo la Bibbia per ritrovare il loro ruolo nella storia, e proprio per questo motivo composero delle opere di esegesi biblica. Si stanziarono nella zona di Ein Gedi nel Mar Morto, e fondarono la loro comunità. Probabilmente i rotoli furono riposti nelle grotte per essere protetti e per far sì che sopravvivessero intatti, nella speranza che non cadessero in mani sbagliate.

    Secondo Plinio, gli Esseni erano una comunità che non accettava le vanità del mondo e che le aveva pertanto abbandonate. Così facendo essi si sarebbero elevati spiritualmente ed avrebbero conseguito una conoscenza mistica davvero solida.

    Testimonianze riguardanti il loro stile di vita ci pervengono dagli scritti dei loro contemporanei, che li definivano come “una razza particolare, più interessante di tante altre” e venivano considerati “i più antichi iniziati che ricevono il loro insegnamento dall’Asia centrale”.

    Gli Esseni si dichiaravano pacifisti, ma al tempo stesso si preparavano per una rivoluzione universale che li avrebbe resi popolo elitario di Israele. Erano agricoltori e frutticoltori, vivevano sulle rive dei laghi e dei fiumi, distanti dalle città, e ostentavano una grande conoscenza del suolo e del clima, che permetteva loro di coltivare una notevole varietà di frutta e vegetali anche in zone desertiche.

    Gli Esseni condannavano la schiavitù sotto qualsiasi forma, e nella loro comunità non esistevano ricchi o poveri, perché queste erano considerate limitazioni e deviazioni dalla loro legge. Si dedicavano allo studio della medicina, dell’astronomia e della Bibbia. Furono considerati i discendenti dell’astronomia persiana, caldea, dell’arte egizia della guarigione ed esperti profeti che si preparavano alla profezia con un prolungato digiuno.

    Dopo il lavoro nei campi e nelle vigne, consumavano il loro pasto in silenzio; non mangiavano carne e non bevevano vino. La loro giornata iniziava la sera, e il Sabato, o giorno santo, dedicato allo studio e alla discussione, era per loro il primo giorno della settimana. Per essere ammessi nella loro comunità occorreva sostenere un periodo di prova di un anno, quindi seguivano tre anni prima dell’iniziazione, seguiti da sette anni di tirocinio prima di essere ammessi completamente.

    Quasi tutte le religioni riportano tracce del loro insegnamento, e i principali insegnamenti della loro cultura vennero diffusi in India, Persia, Palestina, Egitto, Tibet, Grecia e molti altri paesi.

    L’Albero della Vita rappresentava la parte esoterica del loro insegnamento, con le Comunioni Essene con gli Angeli e la Settupla Pace. L’insegnamento esoterico appare nel primo libro del Vangelo Esseno della Pace e nei Rotoli del mar Morto e contiene i concetti fondamentali del Brahmanesimo, dei Veda, e anche i sistemi dello Yoga. La loro dottrina si ritrova nello Zend Avesta di Zarathustra, che la trasformò in uno stile di vita che ebbe numerosi seguaci per migliaia di anni. Anche le idee che Buddha divulgò e il suo “sacro Albero dell’Illuminazione” sono collegate all’Albero della Vita esseno.

    In Tibet il loro insegnamento viene espresso nel Cerchio della Vita Tibetano. Esso fu anche parte integrante della cultura dei Fenici e della scuola alessandrina di filosofia in Egitto, e contribuì a espressioni della cultura occidentale come la Cabbalah, il Cristianesimo, lo Gnosticismo e la Massoneria. Era come se gli Esseni vivessero in questo mondo, ma non ne facessero parte in modo reale. Erano infatti convinti di vivere in compagnia degli angeli, di sentire di essere la “comunità di Dio”, di essere gli eletti da Dio. L’esseno era quindi una persona la cui elezione era stata predestinata. Egli viveva nel mondo, ma il fatto stesso di dover affrontare il rituale per entrare a pieno diritto nella comunità ne avrebbe fatto oggetto di predestinazione.

    Gli Esseni chiamavano questo cambiamento, disposto da Dio, “pentimento”, che così acquistò un significato differente tra gli Esseni rispetto agli altri Ebrei. Essi non avevano, però, solo questo concetto riguardo alla predestinazione, ma anche quello dualista tra bene e male, già apparso nella Bibbia, ma “aggiornato” dagli Esseni che vi aggiunsero un altro dualismo: l’opposizione tra i Figli della Luce, da cui sarebbero derivate tutte le generazioni dei Figli della Luce, e i Figli delle Tenebre, che avrebbero dato origine alle generazioni dei Figli delle Tenebre. Quindi la divisione tra malvagi e giusti era una delle componenti base della predestinazione essena. Un uomo predestinato, fin dalla nascita ad essere Figlio della Luce, lo diventava realmente a tutti gli effetti e si univa alla comunità. Dio stesso lo avrebbe preservato dalle sofferenza e dai peccati. Fondamentale all’interno del mondo spirituale era anche la divisione tra bene e male: esistevano due generi di uomini e due generi di esseri spirituali. Gli spiriti potevano essere di due tipi: quelli di “menzogna” o Figli delle Tenebre, a capo dei quali si trovava Belial (Satana) e rappresentati da Ebrei e gentili, condannati all’inferno; e quelli di “verità”, a capo dei quali si trovava l’arcangelo Michele, e che rappresentavano i Figli della Luce e gli eletti della setta. La parte malvagia sarebbe stata sconfitta nella Guerra della Fine dei Giorni e solamente i giusti sarebbero sopravvissuti. L’uomo doveva quindi dare prova della sua elezione attraverso i suoi progetti, dimostrando agli altri e a se stesso di far parte degli eletti.

    Gli studiosi disponevano di pochi testi originali e integrali fino al ritrovamento nel 1945 a Nag Hammadi, nell’Alto Egitto, di un’intera biblioteca gnostica. Le fonti per lo studio delle teorie gnostiche erano costituite per lo più da descrizioni e da citazioni contenute nelle confutazioni da parte di autori cristiani, che scrivono in difesa dell’ortodossia. Si veda, ad esempio, sant’Ireneo, vescovo di Lione nel II secolo, nella sua opera Denuncia e confutazione della pseudo-gnosi.

    Nelle grotte di Qumran venne scoperta un’enorme quantità di Rotoli, ma buona parte di essi era stata danneggiata dagli agenti atmosferici e dai parassiti. Furono rinvenute, in meno di venti grotte, testimonianze indispensabili per lo studio e la comprensione della letteratura religiosa ebraica e cristiana. Una parte dei rotoli sono commentari a vari libri dell’Antico Testamento e ad altre opere ebraiche apocrife.

    I rotoli

    I manoscritti ritrovati a Qumran possono essere divisi in diverse categorie:

    I Manoscritti biblici: Circa un quarto dei manoscritti scoperti a Qumran (202 su quasi 800) è costituito dai volumi che, dalla fine del I secolo d.C., furono inseriti dai Giudei nel canone palestinese della Bibbia: il libro dei Salmi è quello più attestato con ben 36 copie, seguito da Deuteronomio, Isaia, Esodo, Genesi e Levitico. Tutti i libri dell’Antico Testamento sono certificati, eccetto Neemia ed Ester.

    Testi deuterocanonici: I testi deuterocanonici (cioè del secondo canone) sono i libri dell’Antico Testamento presenti nel canone lungo della Bibbia, accolto dalla Chiesa cattolica, ma non in quello breve, chiuso definitivamente dagli Ebrei a cavallo tra il I e il II secolo d.C. A Qumran sono state rinvenute tre copie aramaiche e una ebraica del Libro di Tobia, più alcuni frammenti del Siracide (Ecclesiastico).

    Tefillim e mezuzot: I tefillim (filatteri) ,scoperti nella grotta 26, e le mezuzot, scoperte nella grotta 8, sono piccole pergamene contenenti testi dell’Esodo e del Deuteronomio. I tefillim vengono ancora oggi collocati in scatole legate al braccio sinistro o alla fronte dell’orante; i mezuzot sono invece affissi agli stipiti della porta di casa, in osservanza al precetto divino: “Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi, e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte” (Dt 6,8-9).

    I Targumim: I targumim sono le traduzioni in aramaico, lingua corrente dell’epoca, delle Scritture ebraiche. A Qumran sono stati ritrovati targumim dei libri del Levitico e di Giobbe.

    Vangeli Apocrifi: I testi sacri scritti negli ultimi secoli prima di Cristo e nei primi due secoli dell’era cristiana e che non entrarono a far parte di nessun canone Bibbia, vengono definiti “Apocrifi”. Questi sono anche detti pseudoepigrafi, perché attribuiti falsamente ad un autore. Molti frammenti aramaici rinvenuti nella grotta 4 appartengono alla “letteratura enochica” (Libro dei Vigilanti, Libro dei Sogni, Epistola di Enoc, Libro dell’Astronomia). C’è anche parte del Libro dei Giganti. Da questi frammenti è possibile ricostruire la presenza di 15 o 16 copie del Libro dei Giubilei. Sono stati inoltre rinvenuti alcuni frammenti di opere che servirono come base per la stesura del Testamento di Neftali, di Giuda, di Giuseppe e di Levi, detto anche Testamento dei XII Patriarchi. Oltre all’apocrifo della Genesi, le grotte hanno restituito agli studiosi anche alcuni resti di opere finora sconosciute come brevi testi su Noè, Geremia, Daniele, Giuseppe, Samuele, Abramo, Mosè, Giosuè, Ezechiele, Davide, Giacobbe, Qohelet ed Ester. Ci sono poi numerosi frammenti di testi che assomigliavano ai libri sapienziali della Bibbia (Proverbi, Giobbe, Ecclesiaste, Siracide e Sapienza).

    Commentari biblici: Anzitutto i pešârîm, commenti che seguono passo passo il testo biblico, citandone i versi e separandoli dall’interpretazione con una frase del tipo “Il senso di queste parole è…”. Alcuni testi vengono spiegati in funzione della storia della setta essena, altri nel quadro generico della storia del tempo, altri in modo escatologico. Ricordiamo il Commento ad Abacuc, a Naum, ai Salmi, a Michea, a Isaia. Il Commento ad Abacuc fu ritrovato nella grotta n. 1 ed è considerato il testo che più si avvicina ad una cronaca della comunità. Esso racconta che un certo numero di membri della comunità, seguendo gli incitamenti di un personaggio chiamato “uomo di menzogna”, si allontanarono rompendo il patto e finirono per non rispettare più la Legge. Questo fece sì che esplodesse un conflitto fra loro e il Maestro di Giustizia, capo della comunità. Nel documento viene nominato anche un avversario malvagio conosciuto come il “Sacerdote empio”. Se questi fosse stato un membro della gerarchia del Tempio, ciò significherebbe che il Tempio esisteva ancora. Come nella “Regola della Guerra”, in questo rotolo si fa riferimento alla Roma Imperiale, quindi alla Roma del I secolo avanti Cristo. Il Commento ad Abacuc fa riferimento ad una pratica particolare: le truppe romane vittoriose facevano offerte sacrificali alle loro insegne. Tale prassi non avrebbe potuto essere riferita durante il periodo della Roma repubblicana, anche perché a quell’epoca le truppe vittoriose avrebbero offerto sacrifici agli dei. Solo con la nascita dell’Impero, quando l’imperatore divenne una divinità agli occhi dei suoi sudditi, la sua immagine o il suo simbolo furono riprodotti sulle insegne dell’esercito. Quindi la Regola della Guerra, il Rotolo del Tempio ed il Commento ad Abacuc si riferiscono all’epoca di Erode.

    Vi sono poi alcune esposizioni tematiche, che raccolgono testi biblici riguardanti un argomento particolare, tratte da libri diversi delle Scritture.

    Testi legali

    Lettera Halakika (4QMMT): è stata definita come una lettera del Maestro di Giustizia e dei suoi adepti alla classe sacerdotale di Gerusalemme, capeggiata dal Sacerdote empio. Nella lettera vengono elencate le differenze rituali e legali dei due gruppi, quello dei giusti e quello degli empi, e vengono invitati i gerosolimitani a conformarsi alle usanze proposte dalla setta qumranica.

    Rotolo del Tempio (11QTemple): Il Rotolo del Tempio fu probabilmente ritrovato nella grotta n. 11. Esso tratta del tempio di Gerusalemme, fornendone la pianta, gli ornamenti, gli equipaggiamenti, ed elenca i riti che vengono praticati al suo interno. Il Rotolo del Tempio è stato definito come una specie di Torah alternativa usata dalla comunità di Qumran e da altre sette palestinesi. La Torah ufficiale comprende i primi cinque libri dell’Antico Testamento: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Il Rotolo del Tempio è considerato il sesto Libro della Legge, che contiene le regole riguardanti le cerimonie del culto del Tempio, e quindi il rituale di purificazione, le pratiche sessuali e le leggi riguardanti il matrimonio. Esso comprende anche i regolamenti riguardanti l’istituzione della monarchia in Israele, il comportamento, i costumi e gli obblighi del re. Infatti è severamente vietato che il re appartenga ad un’altra nazionalità, che sia poligamo e che, come tutti gli ebrei, sposi la sorella, la zia, la moglie del fratello o la nipote. Gli esperti considerano i rotoli come risalenti all’epoca dei re Maccabei di Israele. Con l’ascesa al trono di Erode e dei suoi discendenti la situazione si modificò radicalmente. Innanzitutto, Erode era uno straniero, un arabo dell’Indumenea, zona a sud della Giudea. Inoltre tra i re erodiani era consueto sposare le nipoti. Tutto ciò ci permette di capire che i divieti elencati nel Rotolo del Tempio si riferivano ad un tempo preciso e sono una critica diretta alla dinastia di Erode, dinastia di re stranieri imposti e mantenuti dalla Roma imperiale.

    Regola della Comunità o Manuale di Disciplina (QS): Venne rinvenuta nella grotta n. 1. Essa illustra i riti e le regole che facevano da guida alla vita della comunità, le conoscenze del Maestro e dei suoi subalterni, le regole fondamentali di comportamento e le punizioni per tutti coloro che, in qualche modo, le avessero tradite. Il testo iniziava presentando i principi in base ai quali tutta la comunità si distingueva. Secondo questi principi, i membri della comunità si impegnavano ad un “Patto davanti a Dio per fare tutto quanto Egli ha ordinato” e, sempre secondo i suddetti principi, a chi praticava l’obbedienza sarebbero “state perdonate tutte le colpe”. Fondamentale era la fedeltà alla Legge. Tra le varie definizioni che indicavano i membri c’erano i “Guardiani del Patto” e gli “Zelanti della legge”. Il Patto prevedeva riti ben precisi, tra cui il lavaggio e la purificazione per mezzo del battesimo, non una volta soltanto, ma tutti i giorni. Vi erano le preghiere quotidiane all’alba e al tramonto e la recita della Legge. Tra tutte le cerimonie di questa comunità a noi note, troviamo anche il “patto della comunità”, che somiglia molto, come dimostrato da vari rotoli, all’Ultima Cena. In essa si parla anche del Messia. I membri della comunità devono rispettare la Legge per poter procedere nella “via della perfezione fino alla venuta del Profeta e dei Messia di Qumran e di Israele”. La cerimonia in questione fa riferimento a due figure regali, due differenti Messia: uno sarebbe il discendente dalla stirpe di Aronne, l’altro della stirpe di Davide e Salomone, quindi del regno di Israele. Bisogna però specificare che il termine Messia aveva un significato ben diverso da quello che è pervenuto fino a noi: questo termine stava ad indicare “l’Unto”, ossia colui che era stato consacrato con l’olio. Nella tradizione di Israele sia i re che i sacerdoti erano unti, e quindi messia.

    Documento di Damasco: Fu conosciuto in un primo tempo dagli studiosi poiché rinvenuto nel 1896 nella Ghenizâ del Cairo, cioè il luogo in cui erano riposti i vecchi manoscritti dismessi della sinagoga di Esdra. Copie del X e del XII secolo furono, poi, rinvenute a Qumran, in frammenti che risalgono al I secolo a.C. L’opera è composta da due parti: quella delle “esortazioni”, in cui vi sono varie analisi sulla storia della setta, sul tema della perfezione, della predestinazione e sulle tentazioni di Belial; e quella degli “ordinamenti”, in cui sono contenute le regole giuridiche sulla vita in comune, sull’ammissione al gruppo, sul giuramento, sulle norme di purità e sul sabato.

    Scritti liturgici: Alcuni testi liturgici stabiliscono le festività giudaiche secondo un calcolo del calendario solare di 364 giorni. Le mishmarot stabiliscono i turni di servizio dei 24 gruppi dei sacerdoti del Tempio e fissano alcune tavole di equivalenza tra i vari calcoli. Vi sono poi testi poetici simili a quelli del libro dei Salmi: gli Hôdayôt (cioè inni di ringraziamento), dallo stile antologico, in cui l’autore parla in prima persona e medita sulla benevolenza divina. Vi sono anche altre composizioni poetiche: due opere liturgiche (4Q392-393), i Salmi di Giosuè (4Q378-379), Salmi apocrifi (4Q380-381) e altre preghiere (4Q286-293; 434-456). Pare tuttavia che queste non fossero opere destinate alla celebrazione cultuale pubblica.

    Testi escatologici: Sono molti i testi che trattano gli eventi riguardanti la fine del mondo, alcuni scritti a Qumran, altri portati lì al momento della sua fondazione. Tra questi, l’opera più nota è il Rotolo della Guerra (QM), che descrive la guerra di 40 anni che avrà come protagonisti i giusti e gli empi, con l’intervento degli angeli. Il rotolo ha il chiaro scopo di istigare la comunità contro il nemico, fornendo anche una dimensione metafisica e teologica alla lotta, riconoscendola appunto come lo scontro tra i Figli della Luce e i Figli delle Tenebre. Il rotolo contiene inoltre degli elementi essenziali per la sua datazione. Quando in esso si parla dei Romani troviamo scritto “il loro re”, quindi non si riferisce al periodo della Roma repubblicana, ma al periodo della rivolta palestinese del 6 d.C., quando i soldati della Roma imperiale invasero la Palestina. Quindi la Regola della Guerra appartiene al I secolo dopo Cristo. L’opera è ricca di riferimenti alla strategia militare, alla guerra, alle armi, alle formazioni di battaglia, alle insegne utilizzate e alla funzione rivestita dai sacerdoti. “Anche le sette formazioni dei cavalieri si terranno alla destra e alla sinistra della linea di combattimento, ma prenderanno posizione da una parte”. Manca l’attesa del Messia davidico, in quanto il ruolo predominante è quello del sommo sacerdote. La datazione potrebbe essere attribuita al periodo che va dal il 110 a.C. al 25 d.C. Ci sono poi alcuni frammenti di un’opera che descriveva la nuova Gerusalemme.

    Rotolo di rame: Il Rotolo di Rame (3Q15) fu ritrovato nella grotta n. 3 di Qumran. Questo documento è l’inventario di 64 luoghi dove era nascosto un tesoro composto da oro, argento e pietre preziose che ammonterebbe a 30 milioni di sterline. Molti dei luoghi che vengono nominati si trovano a Gerusalemme, sotto o nelle vicinanze del Tempio, altri sono territori vicini a Qumran. Ma ciò che conta più del valore materiale è il significato religioso e simbolico: questo renderebbe il tesoro davvero inestimabile. Quando fu rivelato il contenuto del rotolo, nessuno disse che in esso si parlava del tesoro del Tempio di Gerusalemme, che fu trasportato in diversi luoghi per essere nascosto e protetto dagli invasori romani. Si ha così la possibilità di concludere che il Rotolo di Rame risalga al 68 d.C., tempo dell’invasione romana. Alcuni sostengono che si tratti di un tesoro immaginario, per altri, invece, esso è esistito davvero. Purtroppo è impossibile individuare i luoghi segreti nominati nel rotolo in questione, in quanto luoghi e punti di riferimento citati hanno nomi geografici ormai dimenticati e sostituiti da tempo. Nel 1988 un’ulteriore scoperta portò alla luce una piccola anfora risalente all’epoca di Erode e dei suoi discendenti, a poca distanza dal luogo dove era stato trovato il Rotolo di Rame. Questa anfora doveva essere considerata di grande valore, poiché era stata nascosta con molta cura ed era stata avvolta in un telo di fibre di palma. In essa era contenuto un olio rosso, denso, la cui composizione risultò essere sconosciuta anche alle analisi chimiche. Si ipotizza che questa sostanza fosse in realtà un balsamo, un’essenza preziosa prodotta a Gerico ed usata per consacrare i legittimi re d’Israele. La sua composizione, tuttavia, non può essere stabilita con certezza perché l’albero da cui probabilmente l’olio veniva estratto è ormai estinto da quasi 1500 anni. Comunque, il merito principale del Rotolo di Rame è di aver dimostrato che Qumran non era una comunità isolata, ma legata a gruppi collegati al Tempio di Gerusalemme.

    Testi commerciali: tra i frammenti trovati nella grotta 4, sono state trovate alcune lettere, una ricevuta, documenti di vendita di terreni, atti commerciali e conti relativi a quantità di denaro o di grano.

    Tutte le analisi che sono state fatte sui testi, come la datazione al radiocarbonio, convergono a confermare la datazione paleografica proposta dagli studiosi: tra il III sec. a.C. e il I sec. d.C. Buona parte dei testi è collocabile tra l’ultimo terzo del II sec. a.C. e il I sec. d.C.

    * * *

    Bibliografia

    Luigi Moraldi, I manoscritti di Qumran, traduzione italiana, Torino, 1986(2).
    F. García Martínez, Testi di Qumran, a cura di Corrado Martone, Brescia, 1996.
    W. F. LIBBY, Radiocarbon Dating, Chicago, 1952, p. 72.
    F. M. CROSS, The Development of the Jewish Scripts, in G. E. WRIGHT (a cura di), The Bible and the Ancient Near East: Essays in Honor of W. F. Albright, Doubleday, 1961, pp. 133-202.
    G. BONANI – S. IVY – W. WÖLFLI – M. BROSHI – I. CARMI – J. STRUGNELL, Radio Carbon Dating of Fourteen Dead Sea Scrolls, in Radiocarbon XXXIV (1992), pp. 843-849.

    Fonte: www.centrostudilaruna.it/essenirotolidiqumran.html
     
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    Peccato che molti rotoli siano andati persi!!
     
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    Ciao Mar,

    Ho letto che Gesú era un Esseno. Ti risulta?

    Grazie,

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    Questo lho letto, ma anche qui ci sono molte opinioni discordanti.

    Qui sotto c'è un articolo, per me, intetressante, con i pro e contro

    Gli esseni e i cristiani: introduzione alla problematica

    La tesi secondo cui il cristianesimo non è nient'altro che un essenismo vincente, fu formulata per la prima volta già nel XIX secolo, molti decenni prima dunque della scoperta dei Rotoli del Mar Morto. Questa teoria ha avuto nuovi ulteriori e importanti sviluppi grazie a moltissima letteratura sensazionalistica pubblicata negli ultimi due decenni, che dipinge il faticosissimo lavoro del gruppo di studiosi che ha lavorato per cinquant'anni attorno alla pubblicazione di tutte le migliaia di frammenti dei Rotoli come un tentativo di occultare l'innegabile collegamento che esisterebbe tra Gesù, i primi cristiani e gli esseni di Qumran. Sarebbe inutile aggiungere che questo tentativo pretende di fondare la propria scentificità sui punti di contatto del pensiero cristiano ed esseno (ma basterebbe aggiungere che entrambi i movimenti vivevano in Palestina, erano permeati di cultura ebraica ed erano all'incirca contemporanei per rovinare la festa), spesso tacendo innegabili e fondamentali punti di forte contrasto tra il pensiero di Gesù e quello esseno (contrasti che per altro si contano a decine).
    Sono innegabili gli influssi dell'essenismo sui primi cristiani, così come è innegabile che avere alcune concezioni di pensiero in comune non vuol dire certo identità generale di vedute né tantomeno che l'uno derivi o discenda dall'altro! È dunque più che mai valido ancora oggi il principio metodologico espresso da M. Simon una trentina di anni fa: «non si potrà individuare una diretta influenza dell'essenismo sul cristianesimo nascente se essa non riguarderà elementi originali e specifici, caratteristici unicamente dei due gruppi» (da Giudaismo e cristianesimo, Laterza 1978, p. 228).

    Ad esempio Gesù e il «Maestro di Giustizia» [1] hanno sì alcune convinzioni in comune, ma la loro visione della "giustizia di Dio" è totalmente contrastante. Il «Maestro di Giustizia» annuncia questa giustizia nel pesher di Abacuc come un tribunale penale (1QpHab 2,6ss; 7,1-8), Gesù al contrario come avvento del Regno di Dio e rivelazione della salvezza per tutti coloro che sentono il bisogno di Dio e fanno penitenza (Mc 1,14ss): il Regno di Dio per altro è oramai arrivato (Mt 4,23-25), quindi non bisogna attenderlo oltre. Ma ad un annuncio radicalmente differente, corrisponde un predicazione dell'attesa sostanzialmente simile: entrambi predicavano la penitenza e promuovevano una nuova auto-consapevolezza in vista della venuta di Dio, tramite la quale l'uomo si mettesse alla prova alla luce del volere assoluto di Dio.
    Diversa interpretazione, simile predicazione, diversa attuazione: molto probabilmente risale allo stesso «Maestro di Giustizia» la vita monastica della comunità di Qumran: un modo di vivere che ha la sua fondazione nella tradizione sinaitica (dopo l'esodo dall'Egitto, gli Israeliti giunsero nel deserto del Sinai e piantarono le loro tende ai piedi del monte, aspettando così l'apparizione di Dio), con il quale la nuova setta si ritirava nel deserto abbandonando il mondo civile assimilato all'impuro Egitto. Gesù ribalta completamente questo concetto: egli va in mezzo al mondo contaminato rivolgendogli la sua predicazione di penitenza come invito al regno di Dio; viene definito un «mangione e ubriacone» che vive in mezzo a pubblicani e peccatori (un'attenzione peraltro alla quale si opponeva anche il fanatismo della quarta filosofia citata da Giuseppe Flavio e che per comodità chiameremo zelota).

    Un punto di contatto può essere trovato tra Qumran e il modo di vivere nella cerchia di discepoli di Gesù. Questo può essere definito affine per certi aspetti alla vita communis degli esseni: la comunità di Gesù, composta dai suoi apostoli, da discepoli e da alcune donne sposate che si occupavano delle "faccende domestiche" (Lc 8,1-3), si era distaccata dal normale modo di vivere dei giudei, pur rimanendo nel loro contesto culturale. C'era stata la rinuncia a un legame con la propria professione, con la propria famiglia e con il proprio villaggio, anche se forse è precipitoso il collegamento con la famiglia "spirituale" degli Inni di Qumran (1QH 7,20-22; 9,33ss).
    Come gli esseni di Qumran, Gesù era celibe, caratteristica questa che condivideva con Giovanni il Battista (e più tardi con Paolo) e con pochi altri rabbini nella storia giudaica: ma presso gli esseni il celibato era motivato dall'attesa imminente del Regno di Dio e da norme sacerdotali, Gesù adottò questo comportamento in vista del Regno di Dio già venuto sulla Terra. Chi non è sposato si occupa delle cose del Signore dirà qualche anno più avanti Paolo (1Cor 7,32). Non è escluso che l'espressione di Gesù «eunuchi per il regno dei Cieli» (Mt 19,10-12), oltre che a chiarire quasi certamente la sua scelta di vita, fosse allusiva proprio al comportamento della setta essena, più che da riportare ad un contesto pienamente giudaico nel quale rimane piuttosto oscura.
    Altrettanto valore aveva per la cerchia dei discepoli (soprattutto dei dodici) la comunanza dei beni (At 2,42-47). La cassa era comune (e tenuta da Giuda Iscariota, come ci informa Giovanni in 13,29, sempre attento a queste note "di colore"). Ma a Qumran il banchetto era riservato ai membri di pieno diritto, in quanto completamente puri, nei banchetti presieduti da Gesù come capotavola la partecipazione era invece aperta a tutti i possibili ospiti. La stessa ospitalità che riflettono alcuni personaggi del Nuovo Testamento, come la famiglia di Maria, Marta e Lazzaro (i quali non erano sposati) che secondo il racconto di Luca 10,38-42 accolsero Gesù e i suoi discepoli e li ospitarono. Questa ospitalità era caratteristica degli esseni secondo Giuseppe Flavio (Guerra Giudaica II,124), elemento che ha fatto ipotizzare l'appartenenza dei tre al «secondo ordine» degli esseni [2].
    Secondo alcuni studiosi, perfino certe espressioni neotestamentarie potrebbero essere parafrasi per indicare il gruppo degli esseni: in particolare coloro che vengono indicati come quelli che «aspettano il regno di Dio» (cfr. Mc 15,43; Lc 2,25; 2,38; 23,51) [3]. È altamente probabile che anche i "sacerdoti convertiti" menzionati in Atti 6,7 e i "Dottori della Legge" facessero parte di qualche gruppo essenico [4]. Dal momento che i testi evangelici vennero redatti in un periodo successivo che va dal 45-50 al 90, bisogna necessariamente ipotizzare contatti proficui tra gli esseni e i primi cristiani.

    Altre caratteristiche comuni vengono a volta richiamate per i riti, in particolar modo battesimo ed eucarestia: ma il battesimo cristiano è conferito una sola volta nella vita, le abluzioni rituali degli esseni si ripetono invece quotidianamente; anche il significato attribuito ai due riti è totalmente diverso: quello cristiano è una "rinascita in Cristo", quello esseno riguarda determinate regole di purità. Tra cena cristiana e pasti rituali degli esseni le affinità sembrano più nette, ma anche in questo caso vi è un contesto culturale di fondo comune, quello giudaico: pane, vino e benedizione domestica fanno parte del rito pasquale ampiamente attestato già nell'Antico Testamento. Per altro, «nel Giudaismo in particolare, condividere la stessa mensa significa amicizia al cospetto di Dio, perché il fatto che tutti quelli che sono a mensa mangino un pezzo di pane spezzato rivela che loro tutti partecipano della benedizione che il padrone di casa ha pronunciato sul pane spezzato» [13] (cfr. 2Re 25,27-30). Quindi non si dovranno cercare punti di contatto nel rito, ma semmai nel significato particolare che esso assume nell'una o nell'altra parte: sotto questo aspetto, il rito cristiano nella sua essenza e nel suo molteplice significato appare originario del Cristianesimo stesso.
    Che il rito del pasto comune fosse particolarmente importante in entrambe le comunità è fuori discussione. Per gli esseni, le descrizioni forniteci da Filone e Giuseppe Flavio sono state ampiamente confermate dai rotoli del Mar Morto, in particolare dalla Regola della Comunità 1QS 6,2.4-5: «mangeranno in comune... E allorché disporranno la tavola per mangiare o il vino dolce per bere, il sacerdote stenderà per primo la sua mano per benedire in principio il pane e il vino dolce». Anche presso i farisei troviamo la concezione della purità della mensa come verifica della devozione al patto: ma ancora un volta l'osservanza delle regole di purità che dominava la comunione degli esseni era molto più rigida (1QS 5,10-11) rispetto a quella degli haberim [14]. In ogni caso, elemento che contraddistingue particolarmente il rito cristiano da quello esseno è ancora una volta la sociologia applicato allo stesso: la piena partecipazione al pasto comunitario era riservata ai soli membri a tutti gli effetti presso gli esseni, e l'essere accettati alla mensa costituiva il sigillo all'accettazione presso «i molti»; nel cristianesimo, è evidente il carattere misterico e aperto a tutti del pasto comunitario.
    Torneremo più oltre su alcuni particolari del NT che sembrano rivelare una critica al pasto comunitario di Qumran.

    In tale contesto, una mano non secondaria viene dall'archeologia. È oramai comunemente accettato che in Gerusalemme i cristiani fossero i vicini della "porta accanto" degli esseni (utilizziamo quest'ordine in quanto i cristiani sono cronologiamente posteriori agi esseni): le tradizioni locali che collocano il primo luogo di riunione della prima comunità cristiana nella collina sud-occidentale della città sono considerate molto antiche (fine I sec. d.C.), e ritenute attendibili. Nelle vicinanze dell'abitazione nella quale, secondo i Vangeli, si svolse il Cenacolo, l'archeologo benedettino Bargil Pixner ha scavato una porta di epoca neotestamentaria [5], che gli esperti ritengono essere quella chiamata da Giuseppe Flavio «Porta degli Esseni» (Guerra Giudaica V,145). Fin dall'800 questa porta (allora conosciuta solo dalle fonti) fu messa in relazione con il quartiere essenico di Gerusalemme, risalente con molta probabilità al tempo di Erode il Grande (l'insediamento qumranico venne distrutto da un terremoto nel 31 a.C.), il quale inizialmente si mostrò benevolo verso gli esseni (Antichità giudaiche XV,373-379) [6]. Se poi prendiamo in considerazione alcuni elementi di contatto citati in precedenza (in particolare la comunanza dei beni in At 2,44-45; 4,32-35), ciò diventa più che molto probabile, senza doversi necessariamente spingere a considerare l'edificio del Cenacolo e della Pentecoste come appartenente ad un esseno o lanciarsi in esagerate sovrapposizioni [9].
    Dunque accanto a farisei convertiti (At 15,5), vi dovettero essere anche esseni: ma come sempre avviene, ogni nuovo adepto di una comunità porta all'interno della stessa la sua precedente formazione ideologica. Sicuramente ci furono elementi "pericolosi" per la nascente comunità cristiana: ma un apporto determinante dovette certamente essere la notevole formazione scritturistica. Sappiamo dalla Regola della Comunità (1QS 6,6-8) che presso gli esseni lo studio intensivo della Sacra Scrittura occupava tra loro un posto notevole, ben un terzo della giornata: tale constatazione è ancora più sorprendente se consideriamo che gli esseni vivevano nell'attesa della fine imminente. Eppure la loro produzione fu fin dall'inizio (come confermato da analisi papirologiche e al radiocarbonio) molto elevata: il mito degli studiosi di Nuovo Testamento secondo cui i primi cristiani appartenessero agli strati incolti della popolazione e non avessero alcuna intenzione di scrivere qualcosa su Gesù in virtù della loro ardente attesa della fine dei tempi (secondo alcuni risalente a Gesù stesso che ne profetizzò l'imminenza, interpretazione tuttavia fallace e sbagliata), tesi sostenuta già dai fondatori della formgeschichte R. Bultmann e M. Dibelius e che ha come corollario la formazione tardiva di affermazioni teologiche di una certa profondità, deve quindi essere profondamente rivisto alla luce delle nuove acquisizioni esegetiche e archeologiche.
    Gli esseni erano un gruppo di altissima formazione scritturistica, che senz'altro dovette aiutare i primi cristiani nella trattazione della tradizione [7], molto probabilmente anche nella formazione di alcune convinzioni dottrinarie, essendo gli stessi in grado di studiare a fondo chi sia stato Gesù e in che modo ci abbia portato la salvezza. Oggi, non è più facilmente comprensibile l'idea secondo la quale i primi cristiani abbiano dovuto aspettare non meno di venti anni dopo la Crocifissione e la Risurrezione per scrivere qualcosa su Gesù. Sebbene con altri argomenti, finalmente anche nel mondo accademico questa convinzione comincia ad essere messa in dubbio [8].



    Un particolare gruppo di esseni

    Nei Vangeli di Marco e Matteo troviamo un gruppo particolare di giudei: i cosiddetti «erodiani» (Mc 3,6; 12,13; Mt 22,16. In Mc 8,15 la lezione «lievito di Erode» è attestata da codici dell'impronta del Vaticano e del Sinaitico, ma sembrerebbe trattarsi di una lectio difficilior rispetto a quella del Papiro 45 e di altri manoscritti; dal momento inoltre che «Erode» non ha molto senso, è probabilmente da preferirsi la lezione «erodiani»). Si sono fatte molte ipotesi su chi fossero gli appartenenti a questo gruppo: vicini ai farisei? Vicini ai sadducei? Un gruppo che sosteneva politicamente Erode? E in tal caso quale: il Grande, Agrippa o più genericamente la famiglia? Interessante è tuttavia notare come appaiano in coppia coi farisei, il che potrebbe lasciar intendere loro l'interpretazione autentica della Torah.
    Dopo la pubblicazione del Rotolo del Tempio [10] sembra tuttavia essere stato chiarito il dilemma: gli erodiani non furono altro che un gruppo di esseni nato al tempo di Erode il Grande e così chiamati per la simpatia che questo re nutriva nei loro confronti. Yadin dunque ha confermato l'ipotesi di C. Daniel [11], il quale aveva visto nell'esseno Manaem di Giuseppe Flavio (Ant. Giud.XV,371-379) il capostipite di questo gruppo: questa ipotesi spiegherebbe anche il perché il complesso di Qumran non fu occupato nel periodo che andava dal 31 al 4 a.C. (come invece sotto la dominazione asmonea), e il perché fu soprattutto ora che il quartiere esseno in Gerusalemme potè svilupparsi dopo che il loro centro nel deserto venne distrutto dal terremoto del 31 a.C.
    Nel Rotolo del Tempio, al passo 15,9-14 si trova menzionata la festa di Millû'îm, una dedicazione del Tempio e del sacerdozio celebrata durante i primi sette giorni del mese di Nisan (cfr. Es 29; Ez 43,18-27). In ognuno dei giorni della celebrazione, si doveva offrire un canestro di pani insieme a un ariete in segno di oblazione nel Tempio. Ma ciò che rende particolare questa festa è il fatto che sembra essere stata caratteristica degli esseni, in quanto non è menzionata dall'Antico Testamento. Seconto Yadin tuttavia sarebbe menzionata invece nel Nuovo Testamento, laddove in Mc 8,14-21 Gesù deve avervi fatto riferimento nella conversazione coi propri discepoli: è appena terminato il racconto del miracolo della seconda moltiplicazione dei pani per i quattromila; Gesù ammonisce i suoi discepoli a guardarsi dal lievito dei farisei e degli erodiani, chiedendo loro quante ceste di pane erano state raccolte dopo le due moltiplicazioni e concludendo «Non capite ancora?». Nella prima moltiplicazione erano state raccolte 12 ceste: dodici pani della Presentazione venivano offerti dai farisei (che attribuivano a questo grande importanza) ogni settimana al tempio, dove venivano mangiati dai sacerdoti; nella seconda moltiplicazione erano state raccolte 7 ceste: sette ceste di pani erano da offrirsi da parte degli esseni durante i sette giorni della festa della Dedicazione. Quel «Non capite ancora?» del Maestro era dunque un chiaro riferimento teologico al fatto che il pane dei farisei e degli erodiani era «lievito». cioè pane non adatto a un sacrificio (cfr. 1Cor 5,6-7), mentre la folla era stata sfamata con del pane vero, il «pane della vita» rappresentato da Gesù stesso, il Figlio di Dio (cfr. Gv 6,33-35). Secondo lo studioso, il miracolo avvenne alla festa dell'Investitura, poco prima della Pasqua ebraica (cfr. Gv 6,4: «Or la Pasqua, la festa dei Giudei, era vicina»).
    Come i farisei, anche gli erodiani (alias esseni) erano avversi all'atteggiamento tenuto da Gesù nei confronti del Sabato (dai vangeli emergono invece frequenti "violazioni" della regola da parte dei Nazareno: cfr. soprattutto Mc 3,1-6): secondo i regolamenti sul sabato contenuti nel Documento di Damasco (CD 10-11), la loro interpretazione del comandamento di non lavorare in questo giorno di riposo era estremamente rigida, anche più di quella dei farisei [12].



    Gesù a casa di un esseno?

    Un fatto particolarmente significativo raccontato dai vangeli è il pasto consumato da Gesù in casa di «Simone il lebbroso» a Betania (Mc 14,3-9; Mt 26,14-16; Gv 12,1-18, che però sembra riferirsi ad un episodio diverso), durante il quale giunse una donna e lo unse con un unguento prezioso. Senza entrare nelle questioni teologiche e cristologiche che gli esegeti fanno derivare da questo passo, è interessante tuttavia sottolineare come ancora una volta chi lo bolla come mera invenzioe evangelica, carico com'è di teologia, potrebbe doversi ricredere.
    Gesù non aveva timore d'avere contatto coi lebbrosi che avessero bisogno del suo aiuto (cfr. Mc 1,40-45 e passi paralleli; Lc 17,11-19). Ma è da notare la stranezza del fatto che un lebbroso si trovi a possedere una casa in un villaggio poco fuori da Gerusalemme laddove secondo la Legge i lebbrosi dovevano vivere in una sorta di quarantena presso la porta d'ingresso d'una città (2Re 7,3ss; cfr. anche Nm 5,2-3; Kelim 1,8; m.Baba Qamma 1,14; m.Nidd 7,4; Giuseppe Flavio, Ant. Giud. III,261; Guerra V,227). Senza ricordare tutti i problemi connessi con il concetto di santità di Gerusalemme (cfr. Lv 22,4; Dt 23,10-11; Es 19,1-15), anche questo particolarmente sentito dalla comunità essena (11QTemple 27,4), pare interessante sottolineare il fatto che il luogo di Betania fosse quello indicato dagli esseni come zona dove potessero vivere i lebbrosi (Rotolo del Tempio 46,16-18; 48,14-15). Molto probabilmente dunque Simone era membro della comunità degli esseni che non viveva a Qumran, e che era stato costretto ad abitare ad est di Gerusalemme per via di quella sua infermità che lo rendeva immondo.



    Gesù e la parabola del gran convito


    Nel vangelo di Luca, il passo del capitolo 14,12-21 sembrerebbe in chiaro parallelismo antitetico con 1QSa 2. Questo rapporto venne individuato e brevemente chiarito già subito dopo la pubblicazione del testo [15]. In particolare emergono evidenti due punti significativi: il nesso tra 1QS 6,4-5 e 1QSa 2,17-21 con parallelo nel nesso tra Lc 14,3 e 14,21; la chiara espressione lucana che lascia ben sottinteso che il punto di vista e l'esortazione di Gesù sarebbero stati fonte di stupefazione per l'etichetta contemporanea. Per altro, sembrano espressamente menzionati quelle categorie del popolo (poveri, storpi, zoppi, ciechi) che sono specificatamente escluse dai pasti della comunità e soprattutto dai pasti comuni (cfr. anche Lv 21). In ogni caso, il legame tra zoppi e ciechi è ampiamente attestato anche nell'Antico Testamento (Dt 15,21; Mal 1,8; 2Sam 5,6.8.9; Giobbe 29,15; Is 35,5-6; nella LXX chōlos è sempre traduzione dell'ebraico psh, e similmente tuphlos è sempre la traduzione dell'ebraico 'wr), e anche nel Nuovo Testamento è frequente (Mt 11,5 // Lc 7,22; Mt 15,30-31; 21,14; Gv 5,3). La parola "storpio" deriva dal greco anapeiros (variante di anaperōs), che però è un più generico «invalido» o «gravemente invalido» (dunque più che storpio vale come denotazione di invalidità fisica di tipo non specificato), attestato nella LXX in Tobia 14,2 e 2Mac 8,24; è possibile comunque considerazione questo termine come l'equivalente dell'ebraico hgr presente nei testi del Mar Morto 1QM 7,4; 4QCDb, o anche dell'ebraico mwm (nel senso di «deformità», «tara», «difetto») presente nella LXX in Lv 21,17-18 e nei MMM in 1QSa 2,5; 1QM 7,4: è comunque evidente che gli autori dei testi avevano in mente una menomazione fisica.
    L'attenzione di Gesù per i poveri è piuttosto forte nei testi evangelici, e sembra dunque storicamente fondata; non si trova un parallelo né nel Levitico, né nei manoscritti del Mar Morto, né in Qumran, laddove invece sembra che la setta utilizzasse questo termine come auto-definizione (1QpHab 12,2-10; 1QM 11,9.13; 13,14; 1QH 5,22; 4QpPs 37 ,19; 2,9 e con il solo Documento di Damasco 6,21; 14,14, che usa il termine nel senso più comune). Ma l'antitesi era troppo ghiotta ed è piuttosto evidente: mentre i poveri di Qumran sono poveri "ad arte", che tali erano per adeguarsi alla Legge e che rifiutavano esplicitamente le categorie infime della popolazione, Gesù fa un chiaro riferimenti ai poveri "reali", a coloro che non hanno di che vivere, associandoli in tal modo a quelle categorie espressamente escluse dagli esseni e facendoli oggetto speciale della sua attenzione e della sua predicazione. Questo atteggiamento dovette produrre anche delle dispute con alcuni esponenti dei farisei, dispute le cui tracce si percepiscono ancora chiaramente nelle tradizioni evangeliche.
    «In breve: la comunione di mensa di Gesù dev'essere vista sia come protesta contro uno zelo religioso fondato sul giudizio e sull'esclusivismo, sia come espressione concretamente vissuta dell'apertura che contraddistingue la grazia di Dio» [16].


    Tratto da: http://cristianesimo.altervista.org/qumran/cristiani.htm


     
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  6. ‚‚Sally‚‚
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    ciao, sì anche io sapevo questo, cioè che gesù fu istruito dagli esseni e gli esseni credevano, tra l'altro, nella reincarnazione. Infatti il cristianesimo delle origini approvava la reincarnazione, fu solo successivamente che tale credenza fu abolita. Lo stesso Origene fu allontanato proprio perchè professava idee diverse, tra cui, sembra, proprio quella della reincarnazione.
     
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    Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i saggi in mezzo a biasimi e lodi (Buddha)

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    Si, anche io so questo, che il Cristianesimo alle origini credeva nella reicarnazione e che poi dopo un certo Concilio, venne cancellata.
     
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  8. ‚‚Sally‚‚
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    dovrebbe essere il concilio di costantinopoli, 553. Ma c'è anche chi dice che in realtà in quel concilio non si parlò affatto di reincarnazione.
     
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    CITAZIONE (‚‚Sally‚‚ @ 30/5/2010, 01:58)
    dovrebbe essere il concilio di costantinopoli, 553. Ma c'è anche chi dice che in realtà in quel concilio non si parlò affatto di reincarnazione.

    Grazie Sally!

    A tal proposito ho trovato questo:

    "Nel Concilio di Costantinopoli tenutosi nell’869 la Chiesa cattolica decretò che doveva essere cancellata l’esistenza dello Spirito come parte costitutiva dell’essere umano e che da quel momento, solo l’anima umana poteva avere qualche qualità spirituale ma nulla più di questo.
    In tal modo fu cancellata non solo la parte spirituale dell’uomo, quella parte cioè che può avere possibilità di evoluzione, ma fu di fatto negata anche l’esistenza del Mondo Spirituale con tutte le sue leggi evolutive, compresa la legge del karma e della reincarnazione e conseguentemente la possibilità di autodeterminazione dell’essere umano.

    Tale decreto era stato preparato già con il secondo Concilio di Costantinopoli del 552 d.C.
    In seguito il tutto fu ribadito con il Concilio di Lione del 1274 e quello di Firenze dell'1439.
    La Chiesa cattolica condannava l'idea di reincarnazione come “… una antica idea pagana” .
    Per tale motivo essa fu considerata alla stregua di un’eresia.
    Questi Concili hanno condannato la reincarnazione anche perché, come parametro di giudizio, prendevano in considerazione l'idea di reincarnazione che viveva nel mondo orientale."


    Fonte: www.disinformazione.it/cristianesimo_reincarnazione.htm
     
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  10. leAlidelDestino
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    Questo argomento si fa sempre più interessante!! Devo rispolverare i miei studi sulla storia antica, che memoria di bip che ho :angry:
    Quel periodo di storia mi ha sempre affascinata,ahhh la storia Bizantina ha un qualcosa di magico
     
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    Certo che di cambiamenti ce ne sono stati davvero tanti.. da parte della Chiesa!
     
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  12. ‚‚Sally‚‚
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    CITAZIONE (Nausicaa* @ 30/5/2010, 10:11)
    <i>"Nel Concilio di Costantinopoli tenutosi nell’869 la Chiesa cattolica decretò che doveva essere cancellata l’esistenza dello Spirito come parte costitutiva dell’essere umano e che da quel momento, solo l’anima umana poteva avere qualche qualità spirituale ma nulla più di questo.
    In tal modo fu cancellata non solo la parte spirituale dell’uomo, quella parte cioè che può avere possibilità di evoluzione, ma fu di fatto negata anche l’esistenza del Mondo Spirituale con tutte le sue leggi evolutive, compresa la legge del karma e della reincarnazione e conseguentemente la possibilità di autodeterminazione dell’essere umano.

    Tale decreto era stato preparato già con il secondo Concilio di Costantinopoli del 552 d.C.

    fatemi capire, quindi nel 552 (o 53?) fu accenato questo cambiamento e poi solo nell'869 fu abolita la reincarnazione?

    se fossi così si spiegherebbe perchè alcuni siti dicono che nel 553 non fu abolito nulla...

    interessante.
     
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    Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i saggi in mezzo a biasimi e lodi (Buddha)

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    CITAZIONE (‚‚Sally‚‚ @ 31/5/2010, 00:32)
    CITAZIONE (Nausicaa* @ 30/5/2010, 10:11)
    <i>"Nel Concilio di Costantinopoli tenutosi nell’869 la Chiesa cattolica decretò che doveva essere cancellata l’esistenza dello Spirito come parte costitutiva dell’essere umano e che da quel momento, solo l’anima umana poteva avere qualche qualità spirituale ma nulla più di questo.
    In tal modo fu cancellata non solo la parte spirituale dell’uomo, quella parte cioè che può avere possibilità di evoluzione, ma fu di fatto negata anche l’esistenza del Mondo Spirituale con tutte le sue leggi evolutive, compresa la legge del karma e della reincarnazione e conseguentemente la possibilità di autodeterminazione dell’essere umano.

    Tale decreto era stato preparato già con il secondo Concilio di Costantinopoli del 552 d.C.

    fatemi capire, quindi nel 552 (o 53?) fu accenato questo cambiamento e poi solo nell'869 fu abolita la reincarnazione?

    se fossi così si spiegherebbe perchè alcuni siti dicono che nel 553 non fu abolito nulla...

    interessante.

    Si, esatto, nel 552 d.C. e poi messo in pratica in quello del'869 d.C.

    Un vero peccato aver perso un tale patrimonio !

     
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  14. leAlidelDestino
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    I rotoli del Mar Morto 2.0
    Sabato 23 Ottobre 2010 09:31 National Geographics


    Una nuova tecnica, un team di scienziati provenienti da più discipline e il contributo di Google: i Rotoli del Mar Morto saranno presto fruibili anche in rete. I testi, che custodiscono alcune delle più antiche e preziose testimonianze della cultura ebraico - cristiana, saranno digitalizzati con un approccio e una tecnologia all'avanguardia che permetterà agli studiosi di andare ancora più a fondo nella loro decifrazione.

    RotoliMarMorto

    I Rotoli del Mar Morto - i più antichi testi biblici al mondo (e in assoluto i testi più antichi di sempre) - si preparano ad essere scannerizzati con un'attrezzatura speciale ad alta risoluzione per le immagini. L'obiettivo è quello di permetterne lo studio e la visione anche online, come annunciato martedì dall'Autorità per il Patrimonio Archeologico Israeliano (IAA) e dal motore di ricerca Google.

    http://www.esonet.org/index.php?nmart=2642...0di%2520Platone
     
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