TIAMAT

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    Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i saggi in mezzo a biasimi e lodi (Buddha)

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    Tiāmat è la personificazione delle acque salate nella mitologia mesopotamica. Sposa di Apsû, secondo il mito fu la progenitrice della stirpe divina.

    Appartenente alla mitologia babilonese, secondo il poema Enūma Eliš, genera insieme al marito i serpenti mostruosi Laḫmu e Laḫamu. Questa progenie dà poi vita agli dei primordiali Anšar (dio dell'Alto) e Kišar (dio del Basso), i quali generano gli dei Anunnaki. Fra questi Marduk (dio della terra), unico valoroso in grado di affrontarla e sconfiggere Tiāmat. Marduk imobilizzò la dragonessa con una rete magica e le scagliò contro Imhullu demone del vento. Tiamat lo ingoiò ma esso si gonfio e la bloccò. Marduk impugnò quindi la spada e taglio in due Tiamat; quindi con il corpo del drago spaccato in due parti, Marduk crea il Cielo e la Terra.

    image
    Tiamat e Marduk

    Generalmente è descritta come una specie di drago. In alcune versioni la si descrive come una creatura con testa di coccodrillo, denti da orso, corna da toro, criniera e zampe da leone, ali da aquila, corpo da serpente; altre versioni si soffermano sulla caratteristiche da androgino primitivo, evidenziate dalla doppia faccia, dai quattro occhi e orecchie.

    Note

    ^ "Dizionario dei mostri", di Massimo Izzi, ediz. L'Airone, Roma, 1997, (alla pag.120 - voce "Tiāmat")

    Bibliografia

    L. Cagni, La religione della Mesopotamia, in "Storia delle religioni. Le religioni antiche", Laterza, Roma-Bari 1997

    Tratto da Wiki


    ***

    “Tiamat e Marduk si lanciarono l’una contro l’altro, iniziando il combattimento. Il Signore aprì la sua rete e la legò. Tiamat aprì la bocca per tagliarla. […] lui le gettò contro il vento cattivo per impedirle di chiudere la bocca. Venti violenti allargarono il suo ventre. Il suo stomaco si gonfiò, la sua bocca restò aperta […] Lanciò una freccia che le trafisse lo stomaco, le ruppe le viscere, le aprì il cuore. La sormontò e le tolse la vita, gettò a terra la sua salma, le spaccò la testa, le tagliò le vene. […] Quando i suoi padri videro ciò furono felici e giubilarono”.

    In questo brano tratto dall’antico testo babilonese dell’Enuma Elish rivive in tutta la sua terrificante pregnanza mitologica il transito della remota civiltà antica, che era bilanciata matri-patristicamente, verso un patriarcato invasivo che avrebbe conquistato un dominio quasi assoluto sui modelli sacrali e sociali precedenti. La scena appena descritta è infatti cosmicamente paradigmatica, trattandosi della lotta fra una Madre dei primordi, Tiamat, identificata con le “acque salate”, e il Dio-Toro Marduk, legato al Sole e quindi al fuoco. La Dea era rappresentata dall’immaginario collettivo del tempo come una Dragonessa, una sorta di ancestrale “ricordo archetipico” dei dinosauri e di altri mostri che popolavano la Terra prima dell’avvento umano: il caos precedente al cosmo (“ordine”), la Natura selvaggia, scatenata e indomita, libera dai vincoli della civilizzazione. Quanto a Marduk, è un Dio Cornuto - come ci rivela la sua identità zoomorfica - e quindi progenie del notturno mondo della Luna, il cui simbolo sono appunto le corna: ciò non gl’impedisce però di ribellarsi a Colei che in quanto Mare ha con il satellite un legame privilegiato (si pensi alle maree) e con le tenebre una coincidenza ontologica, essendo gli abissi oceanici luoghi di profonda cupezza. Marduk, Signore di luce, sconfigge dunque l’oscura Tiamat, il ventre da cui ogni vita è emersa e che ora viene gestito e manipolato dal trionfatore, il quale infatti col corpo mastodontico di Lei dà inizio all’universo come lo conosciamo: un Ordine in cui non c’è più spazio per le forze caotiche originarie.

    Fonte: www.universitadelledonne.it
     
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