Il Vascello delle Stelle Perdute

Posts written by *Morgana

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    La lavastoviglie? L’ha inventata una donna, che proprio della lavastoviglie non aveva alcun bisogno: Josephine Garis Cochrane (Contea di Ashtabula l’ 8 marzo 1839).



    E’ stata l’inventrice della prima lavastoviglie meccanica ( 1886 ), era una donna molto raffinata, sposata con un uomo molto ricco William Cochran. Josephine amava organizzare cene e aperitivi nella sua dimora, anche se non cucinava perché aveva una servitù appositamente per questo. A causa della servitù però, Josephine si ritrovò con tante preziose stoviglie in porcellana rovinate e scheggiate, era tanto presa dalla cosa che arrivò a lavare i piatti da sola.

    Si dice che proprio nel 1886 Josephine esclamò furiosa: “Se nessuno ha ancora inventato una macchina per lavare i piatti, lo farò io stessa!”

    Così la signora Cochrane costruì compartimenti filo, progettati appositamente per piatti, e collocò i vani in una ruota che stava all’interno di una caldaia di rame. Un motore girava il volante mentre acqua calda mista a sapone ( da ricordare che allora i piatti venivano lavati maggiormente con la acqua fredda e cenere ), spruzzava dal fondo della caldaia andava sulle stoviglie. Fu brevettata ed installata in casa Crochrane il 28 dicembre 1886. Le amiche di Josephine ne rimasero così meravigliate che chiamarono la macchina “lavastoviglie Cochrane“. Dopo la morte del marito nel 1893, Josephine mostrò la sua macchina al World’s Columbian Exposition di Chicago, vincendo il primo premio.

    Fu così che aprì la sua fabbrica la Garis-Cochran lavastoviglie Machine Company nel 1897, con George Butters che divenne, il caporeparto in fabbrica e capo meccanico, e altri tre dipendenti. La sua macchina era richiesta solo da numerosi ristoranti ed alberghi. Per l’uso domestico scoppiò l’interesse per la lavastoviglie solo a partire dal 1950. Josephine morì d’esaurimento nervoso all’età di 74 anni, dopo la sua scomparsa la società cambiò titolari (1940) diventando parte della Kitchen Aid e ora di proprietà della Whirlpool Corporation.


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    Best Night-Sky Pictures of 2011 Named

    qui le altre..

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    Pachamama

    Ricerca di Manuela Caregnato per www.ilcerchiodellaluna.it


    Pachamama o Mama Pacha, è la Dea Terra dei popoli andini del Sudamerica, tuttora venerata dalle genti che ancor’oggi si riconoscono nella cultura Inca.

    Prima di continuare la lettura, ti invitiamo a firmare un'importante petizione per salvaguardare il polmone verde di Pachamama, la foresta amazzonica, ancora una volta minacciata dagli interessi commerciali di speculatori privi di scrupoli. Vai alla pag: Salviamo l'Amazzonia!!

    Letteralmente Pacha Mama significa in lingua quechua “madre spazio tempo” o "madre universo", tuttuno con madre Terra.
    Le cime dei monti sono i suoi seni, i fiumi il suo latte di vita e i campi sono il suo fertile grembo.
    Pachamama dunque è la generosa Dea della fertilità e dell’agricoltura, madre nutriente che dà la vita, ma altrettanto può mostrare il suo lato crudele quando produce terremoti per ricordare ai suoi figli che devono sempre onorarla.
    Pachamama ci riporta ad un tipo di spiritualità della terra immanente, panteistica (dal greco pan: tutto) dove tutto è sacro e divino, la terra è sacra e così gli esseri viventi, in contrapposizione alla spiritualità di tipo trascendente che domina nelle culture di stampo patriarcale.
    Pacha-Mama è la dea Terra di una religione che in sé stessa non può definirsi di stampo matriarcale, tantè che i sacerdoti sono uomini, tuttavia si rileva un’attitudine, presente anche presso altri popoli che praticano una religiosità di tipo immanente e non trascendente, a rapportarsi con la terra in un modo meno aggressivo, più rispettoso, sicuramente più sacro, di quanto facciano i popoli con religioni di stampo patriarcale, spesso accompagnate da un razionalismo e utilitarismo che pone il rispetto per l’ambiente e per gli animali tra gli ultimi valori.
    Si nota inoltre che presso questi popoli cosiddetti “sottosviluppati” ad un maggior rispetto per la terra si affianca anche un ruolo di maggior preminenza sociale che viene assegnato agli anziani, nonché un atteggiamento di maggior attenzione nei confronti delle donne, dei bambini e di tutte le categorie socialmente più deboli.

    IL MITO



    Pachamama aveva uno sposo (che era anche suo fratello), Pachakamac, e dalla loro unione nacquero due gemelli, un maschio e una femmina.
    Come in altri miti andini, il padre morì oppure, secondo altre leggende sparì in mare e rimase prigioniero di un incantesimo in un'isola del litorale.
    Pachamama rimase vedova e sola con i suoi figli. Sulla Terra regnava l'oscurità.
    In lontananza videro una luce che seguirono salendo montagne, attraversando lagune e combattendo contro mostri.
    Infine arrivarono in una grotta conosciuta come Waconpahuin, abitata da un uomo chiamato Wakon. Questi aveva sul fuoco una patata e una pentola di pietra. Chiese ai due figli di Pachamama di andare a prendere l'acqua. I due tardarono e Wakon tentò di sedurre Pachamama. Vistosi rifiutato la uccise, divorò il suo corpo e mise i resti in una pentola.
    I due gemelli tornarono e chiesero della madre. Wakon non raccontò nulla e disse loro che sarebbe tornata a momenti, ma i giorni passavano e la madre non tornava.
    Huaychau, uccello che annunciava l'alba, ebbe compassione dei due gemelli e raccontò la verità sulla loro madre, mettendoli in guardia del pericolo che correvano rimanendo con Wakon. I bambini allora legarono i capelli di Wakon ad una grossa pietra mentre questi stava dormendo e scapparono in fretta e furia.
    Incontrarono una volpe, Añas, che dopo aver chiesto loro il motivo del loro fuggire, li nascose nella sua tana.
    Nel frattempo Wakon si liberò e si mise in cerca dei gemelli. Incontrò dapprima vari animali a cui chiese se avevano visto due gemelli, ma nessuno seppe aiutarlo.
    Incontrò, infine, Añas. Questa gli disse che i bambini erano in cima ad una montagna e che avrebbe potuto, una volta in cima, imitare la voce della madre in modo che i bambini uscissero allo scoperto.
    Wakon si mise a correre affannosamente verso la cima e non si accorse della trappola che nel frattempo l'astuta volpe Añas gli aveva teso. Wakon cadde da un burrone e, morendo, causò un violento terremoto.
    I gemelli rimasero con Añas che li alimentava con il suo sangue. Nauseati chiesero se potevano andare a raccogliere qualche patata. Trovarono un'"oca" (Oxalis Tuberosa, un tubero simile alla patata) assomigliante ad una bambola, con cui giocarono finchè si ruppe un pezzo. Allora i bambini smisero di giocare e si addormentarono.
    Nel sonno la femmina sognò di lanciare il suo cappello in aria e che questo rimanesse sospeso senza ricadere. La stessa cosa accadeva, nel sogno, ai suoi vestiti. Una volta sveglia raccontò il sogno al fratello. Mentre i bambini si domandavano il significato del sogno, videro in cielo una corda lunghissima. Incuriositi si arrampicarono e salirono.
    Alla cima della corda videro il loro padre, Pachakamac, impietosito per le loro disavventure. Riuniti al loro padre, vennero trasformati nel sole e nella luna.
    Per quello che riguarda Pachamama, essa rimase sempre in basso, assumendo la forma di un imponente nevaio chiamato, anche oggi, La Viuda (la vedova).



    IL PANTHEON INCA



    Nella concezione inca il mondo è suddiviso in tre livelli: Hanan Pacha: il mondo di sopra ove risiedevano le divinità , Kay Pacha: il mondo di qui , Uku Pacha o Urin Pacha: il mondo di sotto, ove risiedevano le anime dei morti e dei bimbi mai nati.
    Questo è il modo in cui essi fecero convergere l’idea di spazio e di tempo.
    Nella loro cultura era molto sentito il legame con gli astri, la natura e tutti i suoi elementi, che prendevano vita nelle loro divinità.


    La religione del popolo

    Nella visione dualistica degli Incas Inti era la divinità maschile e alta, che aveva una controparte femminile e bassa, Pachamama.
    l culto di Inti era in realtà riservato ad una ristretta èlite, mentre il culto di Pachamama era più legato al mondo rurale e, quindi al popolo e alla grande maggioranza degli andini, che avevano nei suoi confronti un rapporto di profonda reciprocità e devozione.In suo onore si celebravano riti giornalieri per
    garantire che la quantità di cibo disponibile fosse sufficiente. Durante la semina e il raccolto, le donne lavoravano nei campi parlando a bassa voce con Mamapacha, e versando ogni tanto sulla sua superficie del cibo fatto con il grano, come offerta di ringraziamento.


    La religione dell'èlite

    Wiraqucha era la divinità suprema creatrice del Sole, della Luna e delle stelle, il dio che aveva plasmato i primi uomini nell'argilla.
    Nonostante la potenza attribuita a questo Dio, la sua immagine lo vedeva sempre raffigurato nei panni di un piccolo bambino di circa 8/10 anni.
    Wiraqucha aveva un figlio di nome Inti.

    Wiraqucha aveva anche una figlia, Mama Quilla sorella e sposa di Inti, che generò Mama Ocllo e diede vita al primo Inca.
    Inti ebbe un figlio di nome Pachakamaq (che in lingua quechua significa creatore dell'Universo, pacha=terra kamaq= creatore), che era il Dio del cielo o Dio della luna, il quale presiedeva alla crescita degli uomini, dei cereali e degli uccelli.
    L'immagine di Pachakamac era così simile a quella dell'uomo che gli Inca non ritenevano importante erigere statue o dedicare imponenti templi in suo onore, ma a lui erano dovuti sacrifici umani.
    Pachakamac aveva come sposa Pachamama, Dea della terra.

    Su Wiraqucha esistono anche altri miti, tra cui:
    -Genera prima il cielo e la terra e poi gli uomini. In seguito a colpe non ben specificate di questi ultimi, trasforma gli uomini in statue di pietra.
    -Emerge dal Lago Titicaca e crea a Tiahuanacoil cielo, il sole le stelle e gli uomini. Scolpisce poi dalle pietre gli uomini e li destina nelle terre che a loro assegna.
    -Wiraqucha avrebbe avuto un figlio molto cattivo chiamato Taguapica che faceva tutto l'opposto di suo padre. Se Wiraqucha creava uomini buoni, Taguapica li rendeva cattivi...Se il padre faceva pianure , le trasformava in montagne e viceversa. Seccava le fonti d'acqua create dal padre. Dopo molte simili vicissitudini, Wiraqucha arrivò al mare, getto il suo mantello e scomparve tra le onde.

    Altri dei minori di questo complesso pantheon sono Apu (dio delle montagne), Apocatequil ( dio del fulmine), Catequil (dio dei tuoni), Cavillaca (dea vergine mangiatrice di frutta, da cui nacque Coniraya, dea della Luna), Chasca (dea dell'alba, del crepuscolo e del pianeta Venere, protettrice delle vergini), Chasca Coyllur (dea dei fiori), Mama Coca ( dea della salute e della gioia), Coniraya (divinità lunare), Ekkeko (dio del cuore e della buona salute), Kon (dio della pioggia e del vento venuto da sud), Mama Allpa (dea della fertilità), Mama Cocha ("madre Mare"), Mama Quilla ("madre Luna"), Mama Zara (dea del grano), Pariacaca (dio dell'acqua nato dalla mitologia pre-Inca), Supay (dio della morte), Urcaguary (dio dei metalli), Apu Illapu (dio della pioggia e dei temporali).
    Molto venerati dal popolo erano gli huaca (le forze) dei monti, dei laghi, dei fiumi e degli alberi, ai quali si consacravano mucchi di pietre e si offrivano bambini in sacrificio.


    La struttura religiosa

    La religione Inca era evidentemente il riflesso della struttura statale ed infatti il dio Inti era l’immagine dell’imperatore, o Sapa-Inca (capo degli Inca).
    Quando gli inca conquistavano una terra facevano sempre costruire un tempio a Inti. A Cusco il tempio più importente era il Coricancha, dedicato appunto al Sole.



    Certo è che sotto l'impero di Pachacuti (nono imperatore, 1438-1471/1472, dell’impero di Cusco, il cui nome in quechua significa “colui che riforma il mondo”, tant’è che diede inizio a un’era di conquiste tali per cui cuzco espanse il suo dominio dalla vallata a buona parte del Sudamerica),
    si affermo sempre di più il culto di Viracocha, trasformandosi anche in vari miti da creatore in eroe civilizzatore.
    La casta imperiale ed il clero dedicavano il loro culto a Wiraqucha, mentre la religione del popolo era rivolta alle forze naturali e alla terra.
    Inti, potente Dio del sole, veniva celebrato con imponenti cerimonie 2 volte all'anno, in occasione del Raymi ( danza del sole ) durante il quale veniva acceso un fuoco attraverso l'uso di uno specchio ustorio, e tale fuoco era custodito esclusivamente dalle Vergini del Sole (Taita Inti ). La festa si protraeva per otto giorni consecutivi.
    Questa festa è celebrata ancora oggi dai popoli andini.
    Altro dio importante dopo Inti e Wiraqucha fu Inti Illapa, il Tuono. Egli viaggiava nella volta celeste con una saetta ed una mazza per generare il fulmine ed il tuono. Egli attingeva l'acqua da versare sulla terra dalla Via Lattea.
    Al contrario di quanto si possa pensare, gli Inca durante i loro momenti di devozione e celebrazione delle loro tante divinità, non praticavano che in pochissimi casi il sacrificio umano, che era invece di animali. L'uso del sacrificio umano era dedicato ai momenti in cui si verificavano catastrofi e crisi nello stato, e la scelta del bambino da sacrificare avveniva ovunque nel territorio. Il bambino doveva essere bellissimo e privo di qualunque difetto fisico; veniva accompagnato in presenza dell'imperatore e quindi condotto in montagna ove avveniva il sacrificio eseguito con un colpo al cranio. Di questi sacrifici vi è la testimonianza relativa al ritrovamento di una piccola mummia
    L'anno degli Inca




    L'anno degli Inca era composto da 12 mesi di 30 giorni, cominciando in dicembre con la importante festa di Capac Raymi, e proseguiva con una festa ogni mese. Le cerimonie spesso di lunga durata e molto complesse dal punto di vista cerimoniale erano più delle volte in relazione a questioni agricole ed alla salute, tanto degli stessi esseri umani che delle coltivazioni e prodotti agricoli. La figura forse più importante di sacerdote maschio era per gli Inca il Willaq uma che aveva il potere di nominare nuovi sacerdoti e di insegnare loro la " dottrina religiosa ". Oltre a questo, avevano anche funzioni di Guaritori e stregoni che si dedicavano alla divinazione per conto di terzi. Anche per le donne vi era la possibilità di diventare Mamaconas, e questo era privilegio delle ragazze nobili e molto belle che dopo anni di studio e lavoro, potevano imparare i segreti dell'arte e fare giuramento di castità per servire il Dio Inti ( le vergini del dio Sole ), oppure essere pronte a diventare mogli di nobili di rango. Nonostante le numerose ricerche e gli studi fatti su questo popolo e sulla sua cultura, purtroppo non si è potuto svelare a fondo il segreto ed anche l'alone di mistero che da sempre ha accompagnato gli Inca.Da ciò che è rimasto a testimonianza di questa civiltà, le monumentali vestigia di templi come Le fortezze di Sacsayhuaman, presso Cuzco e le città di Machu Picchu e Ollantaytambo ne costituiscono gli esempi più noti, oltre ai quali vanno considerate anche le enormi terrazze costruite per la coltivazione. Si pensi che queste ciclopiche costruzioni erano eseguite senza l'ausilio di calcina che saldasse gli enormi massi necessari alla loro costruzione.Basti pensare che gli Inca furono i depositari di più di 3000 anni di sviluppo culturale e tecnologico andino. Anche in campo medico gli Inca eseguivano trapanazioni al cranio, ed usavano praticare la rimodellazione delle ossa del cranio in bambini molto piccoli, così che la forma delle loro teste diventava conica. La loro struttura gerarchica interna al regno, basata sulla loro concezione " duale ", aveva due Inca regnanti: un Inca hanan "sopra" e un Inca hurin "sotto. I loro progetti espansionistici destano tutt'oggi delle perplessità: vi sono testimonianze di spedizioni dirette in Polinesia, e soprattutto nel periodo del sovrano Pachacutec che Insieme al figlio Tupac Inca Yupanki conquistò il regno Chimú e alcune zone della Sierra dell'Ecuador. Dopo di lui, Tupac Inca Yupanqui estese le sue conquiste alla costa centromeridionale del Perú, il sud dell'Altopiano Boliviano, il nordovest dell'Argentina il nord ef il centro del Cile e poi nell'Ecuador, dove fondò una capitale secondaria, Quito. Gli strumenti che ancora oggi non sono stati compresi e che non hanno quindi svelato il metodo con cui venivano usati giornalmente dagli Inca per la loro scrittura sono i Quipus, un sistema di fili annodati che ancora impegna studiosi e scienziati.

    RITO PER PACHA MAMA
    Ogni gesto d'amore e rispetto nei confronti della madre terra è un rito gradito a Pachamama.
    Si possono fare canti per lei quando si svolgono le attività agricole, oppure portare doni sotto forma di grano o riso o cristalli da interrare
    ai piedi di un albero a noi caro, quale segno di riconoscenza.
    Oppure si può adottare un piccolo bosco prendendosene cura, o una spiaggia, o ancora organizzare un incontro tra amiche per andare
    a pulire un luogo di natura dall'immondizia, insegnando ai bambini a fare lo stesso.
    Ogni atto d'amore è gradito a Pachamama.

    PREGHIERA A PACHA MAMA

    "Terra, Dea divina, Madre Natura, che generi ogni cosa e sempre fai riapparire il sole di cui hai fatto dono alle genti; guardiana del cielo, del mare e di tutti gli Dèi e le potenze; per il tuo influsso tutta la natura si quieta e sprofonda nel sonno. E di nuovo quando ti aggrada tu mandi innanzi la lieta luce del giorno e doni nutrimento alla vita con la tua eterna promessa; e quando lo spirito dell'uomo trapassa è a te che ritorna. A buon diritto invero tu sei detta Grande Madre degli Dèi; Vittoria è il tuo nome divino.
    Tu sei possente, Regina degli Dèi! O Dea io ti adoro come divina, io invoco il tuo nome, degnati di concedermi ciò che ti chiedo, in modo ch'io possa in cambio colmare di grazie la Tua divinità, con la fede che ti è dovuta.."

    Erbario inglese del XII secolo, British Museum.

    www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dee_Pachamama.htm
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    che bella la prima...ma ci abitano???
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    A cura di James Redfield

    Un viaggio meraviglioso che trasforma chi vi partecipa
    È già successo una volta tanti anni fa: perché non può accadere di nuovo? E quando, dal Perù, Wil invia un fax che indubbiamente contiene dei frammenti sconvolgenti di un antico manoscritto, lo stesso insegnante di storia che aveva seguito le tracce della Profezia di Celestino si trova coinvolto in una nuova, appassionante, ricerca. Così com’è il testo è inutilizzabile, bisogna recuperarlo nella sua interezza. E al più presto, perché contiene l’ultima chiave per salvare l’umanità dalla sua rovina.
    Il viaggio ha inizio e così l’avventura, piena di pericoli e di colpi di scena, di nemici e di sostenitori. Ogni parte di questo misterioso manoscritto riporta una “Integrazione” della conoscenza spirituale e fa riferimento alle Illuminazioni della Profezia. Ogni Integrazione deve essere interiorizzata in sequenza, a partire dalla prima: imparare a mantenere la Sincronicità. La Profezia di Celestino ha svelato che è possibile, nonostante le forze avverse, entrare in una dimensione di vita completamente diversa e spirituale; la Decima Illuminazione, l’Undicesima Illuminazione, e la Legge dell’Attrazione hanno proseguito sullo stesso cammino. La Dodicesima Illuminazione vi condurrà al traguardo!

    L’autore
    Dopo essersi laureato e specializzato in Filosofia Orientale, James Redfield per quindici anni si dedica al recupero di minori disagiati. Al ritorno di un viaggio in Perù scrive di getto La Profezia di Celestino che inizialmente deve pubblicare a sue spese. Il libro esce in sole 3.000 copie, ma, grazie al passaparola, il successo arriva in breve tempo: in poche settimane le copie vendute sono 100.000. L’editore statunitense Warner ne acquista i diritti per 800.000 dollari e da allora il successo dell’autore è stato inarrestabile. James Redfield ha un pubblico di lettori fedelissimi che gli ha dedicato più di 600.000 pagine sulla rete e che discute ancora attivamente sulla bellezza e la spinta al cambiamento che i suoi romanzi e saggi ispirano nella vita di ognuno.

    www.animaeventi.com/website/?p=588

    Edited by _NightSky_ - 14/3/2020, 21:47
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    di Roche de Coppens Peter
    16/05/2011

    Significato, scopo e valore delle prove della vita, e come viverle bene.
    Di Peter Roche de Coppens.


    Introduzione

    In questo che è il mondo della dualità e il laboratorio del nostro divenire, le prove sono inevitabili e arrivano prima o poi, in un modo o in un altro. Queste prove arrivano sui quattro grandi piani del nostro essere e livelli di coscienza: fisico, emotivo, mentale, e spirituale.

    Più evolviamo, più innalziamo il nostro livello di coscienza, e più diamo del nostro meglio, più arrivano prove difficili, sottili e sofisticate. L’immagine di base qui è quella della scuola: quando uno studente è bravo viene promosso a una classe superiore dove gli esami sono più richiedenti.

    A livello spirituale la grande chiave non è tanto quello che ci succede e viviamo ma come lo percepiamo, definiamo e reagiamo. Allo stesso modo, ad essere fondamentali non sono tanto il risultato dei nostri sforzi e fini, quanto la nostra motivazione e intenzione, il cuore.

    Fino a quando saremo in questo mondo, dal primo all’ultimo momento, vivremo e dovremo vivere delle prove. Ma da dove vengono queste prove. Quale potrebbe essere la loro causa?

    Qui la risposta è doppia: dalla “terra”, da noi e dalla nostra personalità, oppure dal “cielo”, da Dio e dalla nostra anima per aiutarci a crescere e attualizzare le nostre facoltà e potenzialità.

    La risposta è sempre di non giudicare ma aiutare, fare quello che uno può per migliorare la situazione, per noi e per gli altri!


    Presupposti e assiomi

    Esistono vari modi di percepire, definire e reagire a quello che noi viviamo e quindi alle nostre prove. Ci focalizzeremo sulla prospettiva spirituale: la sua visione, presupposti e contributi, frutto della tradizione spirituale, per presentare e spiegare le prove della vita.

    L’essere umano è un grande essere spirituale, figlio di Dio,dotato di un incredibile potenziale (a vari livelli) che però deve liberamente coltivare, attualizzare e manifestare.

    I mondi della creazione ed il piano fisico in particolare sono l’enorme laboratorio dove l’uomo deve evolvere, creare e realizzare se stesso tramite una moltitudine di esperienze ed un lungo tempo.

    Tutto quello che noi siamo, quello che viviamo e quello che ci succede può o essere il frutto del caso, dell’azzardo, oppure di leggi e principi ben precisi. Ora è chiaro, sia per i mistici che per i grandi scienziati, che è il frutto di leggi e principi ben precisi che noi possiamo scoprire, studiare e rispettare... o no!

    Questo significa che nulla succede a caso, che tutto ha un signiticato, uno scopo e un valore e che nulla va mai perso.

    Significa anche che non siamo soli e abbandonati in un mondo oscuro e doloroso, ma che abbiamo un Padre celeste che veglia su di noi, che ci ama e ci aiuta a realizzare il nostro grande traguardo ed il piano divino, la theosis.

    Sette sono i livelli di coscienza e di essere e le tappe fondamentali della nostra evoluzione che ci portano dal “bebé’” al “vecchio” e che ho descritto in tanti dei miei libri e conferenze. Vedi l’immagine ed analogia della grande famiglia estesa che include: bebé, bambini, adolescenti, giovani adulti, adulti, adulti maturi e vecchi.

    Quattro sono i grandi passaggi della nostra evoluzione e realizzazione per il cristianesimo essenziale: la metanoia, la catharsis, la fotisis e la theosis.


    Natura, dinamica e manifestazione delle prove

    Le prove, esami, o eventi difficili che possiamo vivere, possono toccarci sui quattro grandi piani del nostro essere: quello fisico, emotivo, mentale e spirituale.

    Possono essere collegati con la nostra salute (quindi malattie e patologie), con le nostre relazioni (famiglia, amici, collaboratori), con il nostro lavoro (la sua assenza o inadeguatezza), con eventi naturali (terremoti, carestie, epidemie), e con eventi politici (guerre o persecuzioni), economici (sfruttamento, recessioni) o religiosi (persecuzioni e violenze).

    La chiave qui non è tanto quello che ci succede ma come percepiamo, definiamo e reagiamo a quello che viviamo. Quindi esiste sempre la possibilità di trasformare o riquadrare il negativo in positivo.

    Le prove coinvolgono sempre: i nostri pensieri (dimensione mentale), le nostre emozioni o sentimenti (dimensione emotiva), il nostro corpo (aspetto fisico) e la nostra anima (aspetto morale e spirituale).

    Possono coinvolgere noi stessi, le persone che amiamo e che ci sono vicine, il nostro paese, l’umanità o i nostri ideali ed obiettivi.

    Nelle prove noi proviamo dolori, sofferenze, costrizioni, limitazioni umiliazioni, “ingiustizie” che dobbiamo cercare di capire, accettare, e adoperare nel modo giusto per poterle superare e imparare la “lezione” che contengono.

    È fondamentale capire bene la dinamica e lo scopo delle prove che prima ci fanno sentire meno di quello che siamo e desideriamo essere, per poi farci capire che esse sono servite a qualche cosa, che siamo cresciti e diventati migliori perché le abbiamo vissute!

    La sofferenza e il dolore hanno sempre due facce: quella distruttiva e quella costruttiva; cioè possono far cadere o innalzare la nostra coscienza, comprensione, sensibilità e abilità di esprimerci. In nuce la differenza è di poterle vivere con o senza significato, valore o scopo – capire che servono a qualche cosa per cui valgono la pena… o no!


    Perché viviamo prove? Origine,manifestazioni e scopo

    Una delle grandi domande, universali e perenni degli uomini è sempre stata questa: Perché devo vivere questa prova? Che cosa ho fatto per meritare questi dolori e sofferenze?

    Ora sappiamo che il nostro essere, il mondo e la vita sono retti da leggi e principi universali ed irrevocabili.

    Questo significa che tutto ha una causa e uno scopo. Quali potrebbero essere la causa e lo scopo delle prove che noi viviamo?

    A secondo dei Santi e dei Saggi, le cause sono due: noi stessi, con quello che abbiamo pensato, sentito, detto e fatto (non solo in una vita ma in tante vite), e il Cielo o Dio che ci manda prove per farci crescere e attualizzare il nostro potenziale.

    Quindi le cause delle prove possono venire dalla “terra” , da noi stessi e dalla nostra personalità, da quello che abbiamo pensato, sentito detto o fatto, o dal “cielo”, dalla nostra anima e Sé spirituale, per farci salire a un piano superiore di coscienza e di essere.

    Le prove si manifestano sempre con limitazioni e costrizioni, con dolori e sofferenze, con umiliazioni e ridimensionamento del nostro ego e potere. Richiedono sforzi e sacrifici, pazienza e perseveranza; di dare il meglio di noi stessi ma anche di chiedere aiuto al Cielo e agli altri... e di cambiare qualche cosa nei nostri pensieri, sentimenti, parole, azioni e relazioni.

    Il loro scopo è quindi di “pagare un debito”, di lavorare sul nostro karma o di riequilibrare una disarmonia che noi abbiamo creato... se viene dalla “terra”.

    Se invece viene dal “cielo” è sempre un’opportunità di crescita, di innalzare il nostro livello di coscienza e di essere, di trascendere il nostro livello attuale e quindi di evolvere. Come tale e se vissuta bene, può essere una vera “iniziazione” che ci porta a un altro e più alto livello di coscienza e di essere.

    Molte volte pensiamo di non potercela fare in quanto siamo provati all’estremo limite delle nostre capacità. Ma in realtà non è così, in quanto il Cielo non ci manda mai una croce insopportabile.


    Come vivere bene le prove

    Questo è forse il cuore di questa presentazione e lavoro. Le prove arriveranno e la nostra sfida è come viverle bene!

    La chiave qui risiede nello hieros gamos, nell’unione delle polarità: maschile e femminile, materia e spirito, esterno e interno, da quello che dipende da noi e quello che non dipende da noi!

    Noi dobbiamo dare e fare tutto quello che possiamo (altrimenti rimaniamo bloccati) ma poi dobbiamo anche chiedere aiuto al Cielo e agli altri...per infine arrivare a un punto di equanimità dove possiamo dire e vivere “che sia fatta la Tua volontà”!

    Qui la fede (il sentimento più che il pensiero o la volontà) gioca un ruolo essenziale. Rendersi conto che non siamo soli e abbandonati in questo mondo, che le prove non arrivano a caso o per farci del male, ma per aiutarci a guarire e a crescere. E che tutto ciò che ha un inizio avrà una fine e quindi non dureranno per sempre.

    Rendersi conto che siccome non siamo ancora esseri perfetti e completi, non possiamo non fare sbagli... i quali devono essere corretti; che la “vera Vita” non è quella che viviamo sul piano materiale (che è solo temporale ed è un “mezzo” e non fine a se stesso) ma quella che vivremo nei mondi spirituali.

    Infine, avere pazienza e perseveranza; cercare di aiutare gli altri per non essere sempre focalizzati sui nostri problemi e difficoltà.

    Imparare ad accettare e perdonare tutto (rendendoci conto che nulla va perso e che tutto ha uno scopo e quindi un valore). Quindi trasformare il negativo in positivo... che dobbiamo nutrire...


    Le prove e i nostri attributi ontologici

    Una legge o principio fondamentale della realtà e quella della trinità. Ritroviamo questo principio nei nostri attributi ontologi (Vita, Amore e Saggezza o volontà, sentimento e pensiero).

    Questi attributi ontologici hanno le loro radici e origini nei nostri centri psicospirituali; in particollare in quelli della testa, cuore e spalle e formano la “croce di Luce”.

    Questo significa che per capire, accettare e vivere bene le nostre prove dobbiamo affrontarle tramite i nostri pensieri, sentimenti, scelte e vitalità.

    Questo vuole dire poter dare loro un significato (aspetto cognitivo, mentale di comprensione), un valore (aspetto affettivo, ed emotivo di apprezzamento) e uno scopo (aspetto volitivo).

    Messi assieme e uniti, questi portano a una di due conclusioni opposte: queste prove valgono la pena o no!

    Per alcuni (gli intellettuali) il significato è la dimensione chiave... basti pensare alla logoterapia di Viktor Frankel. Per altri (gli artisti o romantici) è il valore a costituire la dimensione fondamentale. Per altri ancora è lo scopo a essere l’aspetto cruciale (per le persone pratiche e volitive). Questa prova serve a qualcosa o no?

    In conclusione, possiamo mettere le prove, come le nostre parole o tante altre cose, sulla “croce di Luce” interiore cercando di capire, di accettare e apprezzare, e di rendere utile e benefico quello che ci sta succedendo e che viviamo; cioé unire testa, cuore e spalle – comprensione, gratitudine e scopo per quello che viviamo. Se serve a qualche cosa e ci fa crescere, allora è sempre positivo e possiamo accettarlo!


    La saggezza di Dio e la saggezza degli uomini

    La vita e la condizione umana sono riempite di paradossi, contraddizioni e apparenti ingiustizie e ineguaglianze.

    È per questo che tutte le Sacre Scritture contengono molti paradossi. Uno di questi è: “Le mie vie non sono le vostre” dice il Signore e “La saggezza di Dio è follia agli occhi degli uomini come quella degli uomini è follia agli occhi di Dio”!

    In che cosa consiste la saggezza degli uomini se non nel cercare il piacere ed evitare il dolore? Questo significa rendere la vita più facile, confortevole e piacevole. La saggezza di Dio, invece, implica crescere, evolvere, attualizzare il nostro grande potenziale e raggiungere la nostra meta, la theosis.

    Per crescere ed evolvere, per innalzare il nostro livello di coscienza e di essere, abbiamo bisogno di tante esperienze, positive e negative. Le prove della vita sono come esami o iniziazioni che giungono per farci crescere, per riequilibrare una disarmonia e farci salire ad un piano superiore del nostro grattacielo.

    Come tale, sono necessarie per rivelarci la nostra vera e completa identità e per farci capire a livello vitale quali sono i nostri poteri e capacità, i nostri limiti e potenzialità.

    È per questo che i Santi e i Saggi si rallegrano quando arrivano le prove e le difficoltà e si preoccupano quando la vita è troppo facile e piacevole con poche sfide esistenziali. Basti pensare alla differenza e impatto che hanno gli sforzi e sacrifici degli atleti e alle conseguenze dei piaceri e delle indolenze dei così detti “bon viveurs”!

    Ed è anche per questo che se uno vuol crescere e fare progressi deve sempre scegliere la via più difficile e mai quella più comoda e facile.


    Aspetto pratico: come aiutare se stessi e gli altri?

    La vita non è facile, è molto difficile e lo diventa sempre di più nonostante il “progresso” tecnologico e sociale.

    Abbiamo vistro che come quando il buon studente a scuola viene promosso a una classe superiore, così l’essere umano quando cresce e vive bene dovrà confrontarsi con prove sempre maggiori che diventano più sofisticate e difficili.

    Per la tradizione spirituale, la grande chiave qui è poter dare significato (pensiero), valore (sentimento) e scopo (energia e volontà) a quello che viviamo per capire e sentire che vale la pena!

    Quindi l’importante è sempre crescere, evolvere, innalzare il proprio livello di coscienza e di essere, e aiutare gli altri a fare lo stesso.

    La prima cosa è d’invertire la linea di causalità e le nostre priorità: pensare prima a Dio, poi agli altri e meno a se stessi e ai propri problemi.

    Poi dare sempre il meglio di noi stessi, fare sforzi e sacrifici, dare tutta la nostra mente, il nostro cuore e la nostra attenzione e concentrazione a quello che facciamo.

    Quando abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare e dato del nostro meglio, allora dobbiamo chiedere aiuto al Cielo e agli altri.

    Infine quando abbiamo fatto tutto quello che potevamo e non possiamo fare niente di più in dimensione orizzontale, allora dobbiamo passare in dimensione verticale, arrivare all’equanimità e dire e vivere: “Che sia fatta la Tua volontà”!

    Qui si tratta di agire, di riflettere, pensare e discutere e poi pregare per far scendere la Luce e salire la coscienza; per avere l’ispirazione e il discernimento necessari per capire quello che noi stiamo vivendo, per poter fare le scelte giuste e per avere la forza di fare quello che è “giusto” e che sappiamo e desideriamo fare... ma che molte volte ci è impossibile perché ci mancano la forza e il coraggio necessari.


    La vita come triplice scuola

    La vita sulla terra è veramente una triplice scuola: la scuola della conoscenza (mente), dell’amore (cuore) e della volontà (capacità creatrice di potersi veramente esprimere).

    Non siamo venuti in questa dimensione per essere comodi e felici, ma per crescere, evolvere e attualizzare le nostre facoltà e il nostro enorme potenziale.

    Per crescere e attualizzare il nostro potenziale abbiamo bisogno di tante esperienze le quali, nel mondo della dualità, saranno necessariamente buone e cattive.

    Questo significa che da una parte dovremo “riarmonizzare” le disarmonie che abbiamo creato con i nostri sbagli (che sono inevitabili siccome siamo ancora inconsci e incompleti), mentre da un’altra parte riceveremo vari “esami” dal Cielo quando saremo cresciuti e avremo la maturità e le risorse per essere “promossi” a una classe superiore.

    Indubbiamente, il cuore di quello che viviamo sulla terra, delle nostre esperienze e prove umane, si trova nel nostro livello di coscienza interiore e non nella prova esteriore, quindi a livello soggettivo e non oggettivo... che e’ unico e personale.

    Si trova nel modo di percepire, definire e reagire a quello che stiamo vivendo; specificamente per quanto riguarda le nostre prove di percepire significato, valore e scopo a quello che ci sta succedendo.

    Questo, a sua volta, è una funzione del nostro livello di coscienza e di essere, dove la soluzione esiste in alto ma non in basso e quindi il vero rimedio è innalzare la coscienza!


    Conclusione

    In questa presentazione abbiamo visto come le prove siano inevitabili e inesorabili per tutti nel mondo della dualità.

    Con l’evoluzione, il progresso e il passare del tempo, queste tendono ad aumentare invece che diminuire.

    Abbiamo visto come Santi e Saggi accettano e aspettano prove nella loro vita e si preoccupano quando le cose sono troppo facili e piacevoli.

    Questo paradosso si può spiegare con l’analogia della scuola dove quando il bravo studente viene promosso a una classe superiore, gli esami diventano più difficili e non più facili.

    Si può anche spiegare dal fatto che per conoscere noi stessi, i nostri limiti e capacità, dobbiamo vivere esperienze che le mettano alla prova... E dal fatto che siamo venuti in questo mondo per crescere e attualizzare il nostro potenziale e non per trovare il paradiso.

    La prova, più che esteriore è una sfida interiore, una sfida alla nostra coscienza. Qui dobbiamo trovare significato (aspetto mentale), valore, accettazione e gratitudine (aspetto emotivo) e scopo (aspetto volitivo) per superare la prova e trasformare il negativo in positivo.

    Per questo dobbiamo dare il meglio di noi stessi, poi chiedere aiuto al Cielo e agli altri, per arrivare a un punto di equanimità che è il grande segreto per ritornare al mondo dell’unità e così trovare la pace e la serenità.

    Questo richiede pazienza e perseveranza, pregare per ottenere il discernimento di come reagire e capire quello che si deve e si può fare e quello che non si deve e non si può fare, e avere la forza per farlo; e rendersi conto che la prova ha sempre una causa e uno scopo positivi e non durerà in eterno.

    Un grande aiuto qui è di pensare più agli altri e di aiutarli, piuttosto che pensare sempre e troppo a se stessi e ai propri problemi... e rendersi conto che alla fine, quando la tempesta sarà passata, quello che abbiamo vissuto sarà veramente valso la pena... perché ne saremo arricchiti!


    Postscriptum

    Nello sviuluppo e presentazione del nostro tema, ho dato l’impressione che la grande chiave per vivere bene la prova e superare “l’esame” sia il nostro livello di coscienza dove trovare significato, valore e scopo a quello che viviamo configurandosi, così, come il rimedio essenziale.

    Questo è forse dovuto al fatto che ho sempre privilegiato la sapienza, la conoscenza e la saggezza, la comprensione di quello che una persona vive.

    In realtà, però, l’aspetto affettivo, il cuore, è forse più importante della testa e della volontà.

    In questa ottica, allora, è il coraggio della persona a diventare fondamentale per vincere la paura, le angosce e le preoccupazioni che offuscano la comprensione e distruggono la volontà della persona.

    In che cosa consiste questo “coraggio” e come possiamo svilupparlo? Le sue radici ed origini profonde si trovano nell’amore. Sviluppare e manifestare coraggio quindi vuol dire amare veramente!

    Il vero coraggio non significa non sentire paura o angoscia, ma capacità di dominarle, di non farsi controllare da esse, per andare oltre e affrontare ciò che la vita ci porta con la consapevolezza che, succeda quel che succeda, ne vale la pena... e che non siamo soli e abbandonati a noi stessi in questo mondo violento e doloroso.

    Vuol dire accettare il dolore e la sofferenza con la certezza che ne valgono la pena e che, in qualche modo, dobbiamo dare il meglio di noi stessi... per noi, per gli altri, per Dio... per amore!

    http://www.nonsoloanima.tv/index.php?contr...article_id=1427
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    image ..bellooooooooo...
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    Il celebre architetto cinese è stato fermato il 3 aprile. Un appello di Umberto Eco e altri intellettuali al presidente della Repubblica
    Al Weiwei
    di GIOVANNA COSENZA
    *

    Ai Weiwei è un architetto, designer, scrittore, blogger e attivista politico, che la comunità artistica internazionale considera l'artista cinese più celebre e influente al mondo. La sua ricchissima produzione artistica comprende fra l'altro il progetto del Bird Nest Stadium di Pechino per le Olimpiadi del 2008 1 e la fondazione del distretto artistico più interessante della capitale cinese.

    Lo scorso 3 Aprile Ai Weiwei è stato fermato dalla polizia cinese senza nessuna spiegazione. Alcuni giorni dopo, le autorità cinesi hanno annunciato che l'arresto è motivato da "crimini economici" e non riguarda in alcun modo la libertà di espressione; ciò nonostante, il silenzio che ancora avvolge la vicenda fa temere che le cose non stiano esattamente in questi termini.

    Nelle ultime settimane anche in Italia - pur in ritardo rispetto ad altri paesi - si sta finalmente parlando di questo caso. 2 Il primo appello è nato in rete: il 20 aprile il blog Dis.amb.iguando 3, raccogliendo uno stimolo di Roar Magazine, si chiedeva perché mai l'Italia non si fosse ancora mobilitata per Ai Weiwei, mentre in Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera e Stati Uniti si pubblicavano articoli quasi quotidiani sull'artista e i sit-in davanti alle ambasciate cinesi si moltiplicavano. L'appello di Dis.amb.iguando è stato raccolto dall'Associazione Pulitzer - guidata da Antonio Rossano e impegnata nella difesa della libertà di espressione - che ha redatto un appello online rivolto al presidente della Repubblica. Da allora l'attenzione dei media si è risvegliata anche da noi, con l'adesione di diverse testate, di Amnesty International Italia e tantissimi siti e blog.


    Resta ancora da smuovere l'attenzione del governo, che tuttora tace, mentre molti paesi hanno già chiesto il rilascio di Ai Weiwei e la Germania si è pure offerta di pagare un'eventuale cauzione.

    L'Associazione Pulitzer chiede dunque al presidente Napolitano di fare leva su tutti i canali diplomatici a sua disposizione, per ottenere più informazioni sui motivi dell'arresto di Ai Weiwei e sulle sue condizioni psico-fisiche, e fare pressioni per il suo rapido rilascio. Fra i primi firmatari dell'appello - che ha già raccolto migliaia di firme - ci sono Umberto Eco, Eugenio Bennato, Annamaria Testa, Lorella Zanardo.

    * L'autrice dell'articolo è docente all'Università di Bologna

    http://www.repubblica.it/esteri/2011/05/13...1/?ref=HREC1-11
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    Finkbeiner ha 13 anni. Negli ultimi quattro ha piantato oltre un milione di alberi. La sua associazione Plant For The Planet è presente in oltre 70 nazioni e ci lavorano piccoli eroi di tutto il mondo. Con uno slogan: "Stop talking, start planting". L'obiettivo è arrivare a un trilione di nuove piante in dieci anni
    di KATIA RICCARDI


    ROMA - Aveva nove anni Felix Finkbeiner quando disse: "Pianterò un milione di alberi in Germania". E perché no? In fondo perché limitarsi a un'esile piantina sul davanzale di una finestra alle elementari. Soprattutto dopo la lezione delle maestre sulla fotosintesi clorofilliana, il disboscamento planetario e il pericolo che corre l'ambiente e quindi noi, tutti. Oggi Felix di anni ne ha 13, il milione di alberi ha finito di piantarlo l'anno scorso, e non ha nessuna intenzione di fermarsi. Perché no. Perché accontentarsi proprio ora che il progetto, così come gli alberi, sta dando i suoi frutti? Il primo albero Felix l'ha piantato sotto la finestra della sua classe, nella sua scuola a Monaco. Il milionesimo il 4 maggio dello scorso anno. Alla cerimonia erano presenti politici e ministri dell'Ambiente di 45 nazioni.


    Tornato a casa dopo la lezione delle maestre 4 anni fa, Felix Finkbeiner ha cominciato a pensare al suo progetto. L'ispirazione l'aveva trovata nella vita e nell'opera di Wangari Maathai, premio nobel per la Pace, ambientalista, attivista e biologa keniota, che aveva aiutato a piantare oltre 30 milioni di alberi. Dall'inizio della sua visione, solo in Germania Felix ha piantato 250mila alberi ogni anno. Più o meno 30 alberi all'ora, ogni ora. Il progetto scolastico è diventato l'organizzazione Plant For The Planet (sito ufficiale 3). Il cui slogan è: "Stop talking, start planting" (Basta parlare, iniziare a piantare).

    Il primo dipendente Felix lo ha assunto a nove anni. Oggi del Plant for the Planet Foundation's Children Coordination Council, fanno parte 23 persone. E sono tutti bambini di 12 anni. Piccoli ambasciatori per il 'Climate Justice' che vanno in giro per il mondo a dare lezione di sogni. Hanno tutti una visione precisa e sanno come raccontarla: "Vorremmo che gli esseri umani della nostra generazione si sentano cittadini del mondo". Viaggiatori globali. Niente di troppo complesso. In fondo la lenta distruzione del mondo coinvolge comunque tutti. Hanno ragione i bambini, se manca l'ossigeno c'è solo da ripiantare gli alberi.

    Il loro programma di azione si basa su tre punti principali: l'eliminazione di tutto ciò che emette tecnologicamente CO2, anidride carbonica. Bandite le emissioni di carbonio a livello globale, chiunque sia responsabile di superare la tonnellata e mezzo di CO2 dovrà pagare per l'eccesso. Infine la riforestazione. L'obiettivo è quello di riuscire a piantare 500 miliardi di alberi, per arrivare a un trilione in dieci anni. I primi a dare l'esempio saranno proprio loro, un milione di piante a bambino in ciascun Paese. Al momento Plant For The Planet è presente in 131 nazioni.

    Felix Finkbeiner ha il talento di saper essere convincente (VIDEO 4). E la capacità di aver saputo sognare oltre l'esile piantina sulla finestra della sua classe. Sa come descrivere i cambiamenti di clima cui assistiamo e che stiamo subendo e conosce l'incapacità burocratica per iniziare a ottenere risultati pratici in tempi rapidi di cui soffrono gli adulti. "Noi bambini ci sentiamo veramente traditi. Dopo tutto quello che si è fatto e detto a Copenhagen nella conferenza Onu sul clima, alla fine cosa si è ottenuto veramente? Non abbiamo ancora fiducia negli adulti. Così abbiamo deciso di iniziare da soli a cambiare le cose", ha detto Felix Finkbeiner nella speranza che il suo discorso alle Nazioni Unite possa ispirare piccoli eroi in tutto il mondo.

    Alle spalle ha una famiglia forte che crede nell'ambiente. Anche suo padre, prima di lui, aveva cominciato la sua lotta per il pianeta, sebbene non alla stessa età. E' la famiglia a aiutarlo negli studi mentre Felix viaggia intorno al mondo per divulgare le sue idee, lo segue quando è lontano da casa e dall'albero sotto la classe per settimane.

    Il mondo degli adulti risponde alla sua battaglia per il verde come può e sa fare. Dona soldi, passa parola, e fotografi (tra i quali Andreas Biedermann, Anita Bischoff, Per Eriksson, Annette Koroll, Bernd Schumacher, Jens Umbach, Markus Seidel, Thomas Rosenthal e Thore Timm) contribuiscono con immagini di volti famosi. Le fotografie sono tutte uguali. Un bambino chiude con la mano la bocca di un adulto. Basta parlare, ora è il momento di piantare. Con Felix e i piccoli ambasciatori hanno posato Harrison Ford, la modella brasiliana Gisele Bündchen, il filosofo Hans Küng, la principessa Haya Bint Al Hussein, il principe Alberto di Monaco, il tennista Michael Stich, il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, il presidente dell'Ecuador Rafael Correa, l'artista inglese John Watts e decine di politici, dirigenti e diplomatici (FOTO 5). I passi avanti dell'associazione si possono seguire anche su Facebook 6, e su YouTube 7.

    E' tempo di cambiamento. Le parti si sono finalmente invertite, oggi sono i bambini a raccontare le favole ai grandi. Ma invece che per farli addormentare, lo fanno nella speranza che si sveglino.

    www.repubblica.it/persone/2011/05/1...lberi-16090583/

    Qui il suo sito..

    www.plant-for-the-planet.org/it
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    Napoli
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    L'ultimo botto
    Fotografia Bettmann-Corbis

    Una rara immagine a colori dell'ultima eruzione del Vesuvio, avvenuta nell'aprile 1944. Da allora il vulcano è entrato in uno stato di quiescenza, ma gli scienziati sono unanimi nel ritenere che, prima o poi, è destinato a risvegliarsi. Ma come e con che violenza?

    Nel suo ultimo numero, la rivista Nature torna a occuparsi di quella che già dal titolo definisce "La bomba a orologeria d'Europa". Katherine Barnes, autrice del servizio, racconta come il recente terremoto del Giappone spinga a ripensare alla possibilità dei "cigni neri", vale a dire eventi poco probabili ma potenzialmente devastanti. Quando si appronta un piano di emergenza, occorre tener conto anche del cosiddetto "worst-case scenario"?

    Barnes cita gli studi del team di Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell'Osservatorio Vesuviano che assieme ad altri studiosi già nel 2006 indagò sulla cosiddetta eruzione delle Pomici di Avellino, che circa 3.800 fa devastò l'intera Campania, con effetti ancora più disastrosi della successiva eruzione di Pompei del 79 d.C. Secondo Mastrolorenzo, la prossima eruzione del Vesuvio potrebbe essere altrettanto violenta. All'allarme cui la nostra rivista dedicò un servizio nel settembre del 2007.
    In uno studio più recente, Mastrolorenzo e la sua collega Lucia Pappalardo hanno ipotizzato, sulla base di una serie di indagini sismologiche, l'esistenza di una vasta camera magmatica a circa 8-10 chilometri di profondità sotto il Vesuvio; segno, secondo gli studiosi, di un possibile risveglio violento del vulcano.

    http://www.nationalgeographic.it/natura/20...1/?ref=HRESS-26
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    "We believe that it's a symbol of problems and worries floating away,"
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    Raging Winds
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