Magia della Sardegna: i Brebus

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. biancajana
        +2   +1   -1
     
    .

    User deleted


    MAGIA IN SARDEGNA: I BREBUS







    Cosa sono i brebus o berbus?

    Il significato di brebu è "parola". Ne ritroviamo traccia negli antichi testi giudicali, in cui "torrare berbos" significava rispondere.

    Nei tempi attuali, considerati moderni, i brebus vengono considerati parole magiche, gli scongiuri, le frasi capaci di guarire malattie o preservare gli uomini dai malefici e dai fastidi.

    Perchè lo scongiuro si chiami brebu, non è del tutto chiaro.

    Come scrive Antonangelo Liori nel suo "Demoni, miti e riti magici della Sardegna", "è certo che alla parola è attribuito in Sardegna un grandissimo significato. Nei paesi dell'interno vengono trasferite anche le proprietà immobiliari con una semplice "parola" (bastat su foeddu, si dice: "Basta la parola"): si fa ricorso all'atto pubblico solo quando è necessario per presentare domanda di miglioramento fondiario o per accedere al credito."



    Il termine sardo per parola è fueddu, allega, peraula, ma brebu ha un significato decisamente più forte e significa "verbo", cioè parola attiva, parola che genera cose, che produce effetti.

    Probabilmente la definizione di brebu per lo scongiuro è dovuta all'avvento del cattolicesimo, ma le origini delle magiche parole sarde non lo sono di certo ed infatti i sardi distinguevano attentamente tra brebus e preghiere.

    Nella maggior parte dei casi i brebus andavano, - e vanno ancora - recitati all'interno di un ben articolato rituale, composto da parti, molte di chiara influenza cattolica e altre di origine assolutamente pagana.

    E' interessante notare come anche nei brebus dove vengono nominati Dio e i santi, questi vengono interpretati abbastanza liberamente e Dio viene concepito come una delle tante entità che popolano l'universo sardo.


    Esiste la credenza che i brebus debbano essere tramandati da anziano a giovane: chi cede "la parola" perde la facoltà terapeutica e miracolosa che passa così a colui che la riceve. Si narrava dell'esistenza di persone che possedevano anche 50, 60 brebus.


    Un'altra regola relativa all'efficacia del "verbo" sancisce che è assolutamente proibito ricevere un compenso di qualsiasi natura per l'esecuzione di un brebu perchè ciò ne vanificherebbe gli effetti.
    Non sono d'accordo con tale regola, in quanto ho diverse testimonianze che la smentiscono.


    Tuttavia sono fortemente convinto che non si debba mai e poi mai chiedere dei compensi sopratutto in denaro, ma che debba essere la persona che riceve i benefici di un'azione magica a ripagare spontaneamente la persona pratica, magari con doni della Terra.

    Queste pratiche di medicina tradizionale sono ancora oggi largamente utilizzate.
    Sono avvolte da un alone di mistero che le rende estremamente affascinanti, grazie anche al fatto che sia chi ne usufruisce che chi le utilizza, tende a nasconderlo, o per la segretezza che tali pratiche richiedono, o per il senso di colpa indotto dal dannosissimo cattolicesimo.

    Il mio sogno sarebbe poter ripercorrere a ritroso la storia per poter giungere alla fonte dalla quale tali antiche pratiche hanno preso vita, libere dal pesante fardello della religione cristiana.


    Vediamo un esempio di brebus, questo si pronuncia in caso del tipico malocchio, che qualcuno avrà già sentito nominare:


    All'interno di Contusu, la maggior parte dei contenuti riguardano la zona del Campidano, nella quale viviamo. Speriamo di poter inserire sempre più contenuti relativi a tutte le aree della Sardegna. Gli amici del sito www.labeltula.it ci hanno concesso al possibilità di pubblicare alcuni interessantissimi articoli relativi alla Gallura. Vi proponiamo il primo articolo relativo ad un argomento già trattato su Contusu, conosciuto in Campidano come "S'ogu pigau"...

    Ma comu si faci lu colpu di l’occhji? Nicolino Cucciari nel suo “Magia e superstizione tra i pastori della Bassa Gallura” ce lo descrive così: “Prima fare il segno di croce, poi, prendere una scodella o un piatto colmo di acqua, fare su questa una croce con la mano destra e poi posarla su una qualsiasi parte del corpo di chi è stato colpito dal malocchio; infine, mentre si dà inizio alla recita di li parauli, lasciar cadere nell’acqua, tre grani di sale e tre gocce d’olio d’oliva dopo aver fatto sul sale e sull’olio, sempre con la mano destra, un segno di croce. Se le tre gocce restano separate e ridotte, cioè senza spandersi o unirsi, il male non è causato dal malocchio; al contrario se si spandono anche restando separate (sfattu) oppure si uniscono, il malocchio c’è ed allora si recita:

    Ghjiésù Cristu Nazarè,
    cantu beddhu mi parè,
    cantu beddhu mi paristi,
    candu a lu mundu inisti,
    cu una candéla lucendi,
    e un agnulu in paradisu.
    Santu Silvestru médicu lestru;
    Santu Damianu medicu sanu;
    Santu Pantalléu
    è ca middhurési a Déu;
    cussì middhória
    ca pongu li mani éu.


    Scrive ancora il Cucciari: Se qualcuno recita li parauli ad un paziente per alcuni giorni di seguito, nell’intervallo di tempo tra la prima e l’ultima recita, non deve, nella maniera più assoluta, recitarle ad altro paziente.

    Se non si attiene al divieto, perderanno ogni efficacia per tutti.

    Quando si recitano li parauli ad una persona che ha un forte malessere non per il malocchio, ma in seguito ad uno spavento per aver incontrato i morti o il demonio, chi fa la recita e non il paziente, si sentirà addosso tanto freddo da essere costretto a letto per diversi giorni.

    Se dopo la prima, seconda o terza recita, le gocce non restano separate e ridotte, ma allargate, è necessario rivolgersi ad altra persona, cambià mani, oppure se si ha fiducia nella stessa persona, questa farà la recita il giorno dopo e fintanto che l’ ociu no torra; se questo non avviene si possono prendere dal focolare tre carboni ardenti, e, dopo aver fatto sugli stessi con la mano destra una croce, si da il nome di una persona che si presume sia quella che ha colpito con il malocchio, si buttano nella scodella che contiene l’acqua e si recita per tre volte:

    Santu Damianu médicu sanu;
    Santu Silvestru médicu lestru;
    Santu Pantalléu
    ha midicatu a Déu;
    Cussì middhória
    ca pongu li mani éu.


    Mentre gli altri due carboni, durante la recita, resteranno a galla, quello al quale è stato dato il nome che ha lanciato il maleficio, andrà a fondo.

    Se durante la prima, seconda o terza recita, o durante la recita con i carboni accesi, le gocce riprenderanno la forma solita, si dice l’óciu è turratu.

    Se non si riesce a vincere il malocchio cu li parauli si ricorre allora a “li 12 parauli” dette anche “li parauli di Santu Maltinu” e l’olio senz’altro si normalizzerà.

    Per recitare li parauli contro il malocchio non è necessaria la presenza dell’interessato, è sufficiente che chi fa la cerimonia dell’imposizione delle mani, abbia una ciocca di capelli, o di un indumento personale del colpito.

    I capelli, dopo aver fatto l’óciu, si restituiscono all’ammalato che deve tenerli addosso per almeno tre ore, poi deve bruciarli, mentre l’indumento personale deve essere indossato per almeno una notte.

    L’olio non si normalizzerà e il malocchio non scompare se chi recita li parauli, inavvertitamente, dovesse sbagliare o passare al recchieme tenna (requiem aeternam).

    Ciò significa che il paziente è di moltu, morirà subito a causa del malocchio perchè l’óciu è stato fatto con ritardo.

    Infine non si deve mai buttare l’acqua col sale e l’olio in un punto dove può essere calpestata, ma si deve buttare in mezzo ad un cespuglio o in una pelchjia (un anfratto), un luogo, insomma, che non sia trafficato da persone o animali.

    A volte alla persona colpita si fa bere, a piccoli sorsi, l’acqua con la quale è stato fatto l’óciu e nella quale sono stati lasciati cadere i carboni. Subito l’olio si normalizza: questo sistema si chiama fa turrà l’óciu cu lu fócu.

    Il Cucciari ricorda ancora che prima della cerimonia si deve sempre fare un segno di croce con la mano destra sia sull’acqua contenuta nella scodella o nel piatto, sia sul sale, sull’olio, sui carboni ardenti, o su qualsiasi altro elemento usato anche in altri tipi di parauli per annullare il malocchio. Segnarsi, poi attingere l’olio col dito da un cucchiaino. Il rituale è come il precedente:

    Santu Gosimu
    e Santu Dumianu
    unu medicu
    e l’altu solgianu;
    Santu Silvestru etc.

    oppure:

    Santu Petru e Ghjesù Cristu
    si fesini cumpagnia.
    Santu Petru li dicia:
    Magistru palchì no piddhi
    lu mali di chistu
    pal mezu di la ‘iglini Maria?
    Si li mani no li pongu bè éu,
    ti li ponghia bè Déu.
    Dómine Patri.

    Se invece qualcuno è stato colpito da una maìa, (bambolina irta di spilli, conficcati in parti vitali, alla quale si da il nome della persona che si vuol colpire col maleficio) semprechè il pupazzetto con gli spilli non sia stato bruciato o buttato in mare, chi impone le mani ricorre a questa formula

    Pa scuncià la maìa:

    Féli e invidia cosa fai
    chi pulpa e ossu vói chilivrà?
    Anda a l’azza di lu mari
    e sulivrigghjia chi sali
    e chistu lassalu sta.
    Maria cu la Trinitai
    ti ponghia li mani.
    Santu Gosimu
    e Santu Dumianu
    unu médicu
    e l’altu sulgianu;
    Santu Silvestru médicu lestru
    Santu Pantalléu
    midichési a Déu.
    Cussì midichigghjia
    e middhória
    ca pongu li mani éu.


    Ecco l'imposizione delle mani descritto in "Ci credono tutti…” di Luigi Cecchini e Franco Fresi:

    La donna inizia facendo il segno della croce. Prende poi un piatto con dell'acqua e lo mette sulla testa del paziente, oppure sopra una ciocca tagliata dai suoi capelli. Per tre volte getta nell'acqua un grano di sale ripetendo:

    Eu ti pongu li mani in onóri e gloria di Déu,
    in suffragghjiu di
    l' animi di lu Pulgatóriu;
    pà fà bè è chi ti pongu
    li mani éu.
    Cristu Beddhu è andatu
    cu' un bóiu smisuratu
    suttu rigóri malignu,
    Paradignu d'occhji
    di la Santa Trinitai. Ammè.

    Fatto questo intinge più volte un dito in un vasetto di olio d'oliva, lasciando cadere delle gocce nell'acqua del piatto dicendo:

    Ghjiesu Cristu Nazzarè etc.

    A questo punto si attende un pò e si recitano per le anime del purgatorio tre Ave Maria, sei Requiem Aeternam e si fa per sei volte un segno di croce toccando quattro punti esterni del piatto, a croce. Infine la donna guarda l'olio: se si è riunito in una sola chiazza l'influsso maligno è stato vinto e il rito è finito.

    Se invece l'olio è rimasto sparso in tante goccioline il malocchio perdura. In questo caso il rito continua.

    La donna prende allora un pezzo di carta, lo attorciglia e lo accende, quindi avvicina la carta accesa all'acqua del piatto, ve lo immerge e ripete il rito fino alla buona riuscita dello scongiuro. In caso contrario la donna esclama “E' troppu presu”.

    Il rito deve essere ripetuto in un altro giorno oppure se la donna esperta dichiara la sua impotenza dicendo Chici nò c' ha fattu meu (non è cosa per me), si ricorre ad un' altra persona.

    Articolo di Mario Pirrigheddu





    Baci ;)
     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .

    Esploratore Universale Quantico
    ★☆★☆★☆★☆★☆★☆

    Group
    Pirati
    Posts
    15,840
    Attendibilità/Fiducia
    +2,553
    Location
    Liguria e non solo

    Status
    Offline
    Grazie, Bianca,

    non ne avevo mai sentito parlare. ;)
     
    Top
    .
1 replies since 5/2/2013, 17:33   1630 views
  Share  
.