Miti e leggende sulla creazione

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    In molte culture, specialmente nell’ambito religioso, esistono sorprendenti somiglianze nelle spiegazioni della creazione. In questi racconti una forza divina è implicata nella creazione dell’universo e rappresenta il motore all’origine del tempo e dello spazio.
    Alcuni di questi racconti hanno grandi analogie anche con le teorie scientifiche che vogliono spiegare l’universo, come il Big Bang. Quella degli Indù, per esempio, che credono che il dio Shiva danzi eternamente creando, distruggendo e ricreando l’universo.
    Per molte culture l’uovo ha costituito l’inizio del tempo e dello spazio e anche questo racconto ha analogie con il big bang: c’è la distruzione del guscio per poi avere una creazione nuova.

    In Finlandia si narra che un’alzavola depose le uova nel grembo della Madre Acqua, dea della creazione, queste poi rotolarono e si ruppero, dando vita al cielo, alla terra, al sole e alla luna. Qualcosa di simile si trova nelle leggende greche: Nyx, dea della notte, si accoppiò con il vento e ne nacque un uovo d’argento da cui uscì Eros, dio dell’amore. Lui poi frantumò il guscio e si formarono cielo e terra.
    Gli abitanti dell’isola di Samoa chiamano il loro dio Celeste e dicono che la sua esistenza è iniziaa dentro un uovo che quando si è rotto ha formato le isole di Samoa appunto.
    In alcuni miti della creazione, invece, terra, cielo, sole e tutto il resto sono stati creati dallo smembramento di qualcuno, come ad esempio il cadavere di Ymir per gli scandinavi.
    Lo stesso vale per i miti di Corea e Giappone derivanti dalla leggenda di Izanagi, creatore del genere umano, e di sua moglie. Spesso le popolazioni primitive hanno collegato la creazione all’interagire di bene e male.
    Secondo molte religioni, o culture, prima del cielo e della terra c’era solo caos, per altre invece un mondo amorfo e vago, deserto e privo di vita.

    Le mitologie più ricche e complesse sono nate in India, culla di alcune versioni cosmiche. La più importante è quella che sta alla base dell’Induismo e che si trova nei quattro Veda, libri sacri scritti in sanscrito che sono probabilmente datati 1500 a.C.
    Al pari di miti e leggende greche e finlandesi, anche questo inizia con un uovo d’oro che galleggiava su un oceano sconfinato che dopo mille anni si aprì.
    Ne uscì il Signore dell’Universo che divenne il primo Uomo. Però era solo e triste allora si divise in due per creare un uomo e una donna. Da questo poi discendono tutti gli animali della terra.

    Il significato di questo mito è che l’universo sembra essere pieno di oggetti ed esseri, ma sono tutte manifestazioni illusorie di uno stesso dio. Per alcuni induisti la divinità universale è il Brahma, che si trova anche in Vishnu e Shiva.
    Per altri sono questi ultimi due le divinità principali, ma che venerino uno o l’altro tutti credono che ciò che vediamo non sia davvero reale e che persino il tempo sia un’illusione, una creazione della mente umana.
    La meta di questa religione è l’illuminazione, grado di comprensione da cui si può contemplare la verità nella sua totalità e ottenere la libertà anche dall’illusione del tempo. Nell’induismo il tempo e lo spazio assumono una forma ciclica.
    Shiva è spesso dipinto come un danzatore cosmico e i ritmi della danza si confondenvano con i cicli di tmepo e spazio ripetendosi dalla nascita alla morte e poi alla rinascita.
    Attraverso i cicli le persone si reincarnano più e più volte portando con sé il proprio karma, bilancio delle azioni buone e cattive, fino a che arrivano alla perfezione spirituale e all’illuminazione eterna. Secondo la mitologia indù l’universo passa da un ciclo all’altro e crea una scala cosmica.

    Nell’induismo un anno di dio è uguale a 360 anni umani e 12.000 anni divini corrispondono ad un battito di ciglia di Vishnu, cioè quattro miliardi e trecento milioni di anni. Alla fine arrivano a fare un calcolo totale che è il ciclo completo della creazione.
    Queste cifre assomigliano ai dati forniti dalla scienza moderna sull’età del mondo, quindici miliardi di anni. è davvero incredibile che i mandriani ariani di 3500 anni fa abbiano fatto un calcolo così preciso.
    Però scoraggiati dalla dimensione di questa scala del tempo che avrebbe dovuto portarli all’illuminazione alcuni induisti svilupparono idee religiose alternative che permettevano ai fedeli di uscire dalla ruota del mondo con un’attesa inferiore!


    Una di queste religioni è il Giainismo dove non c’è nessun mito della creazione perchè per i suoi seguaci non ci sono nè un inizio, nè una fine di tempo e spazio. Loro concepiscono il tempo come una ruota con dodici raggi, ognuno che rappresenta un’età del mondo.
    La vita raggiunge il culmine quando il primo dei raggi arriva al centro, in alto, in un’età chiamata Bellissima-Bellissima. La qualità della vita peggiora al girare della ruota fino ad arrivare di nuovo al punto più alto.
    Per ritornarci però ci volevano milioni e milioni di milioni di anni. Nel punto più alto e più bello della ruota tutto era perfetto e gli uomini erano alti fino a dieci chilometri e vivevano migliaia e migliaia di anni. Nel punto più basso erano alti solamente ventisei centimetri e la loro vita durava solamente venti anni.
    Anche nel giainismo, come nell’induismo, le cattive azioni trascinano le anime verso il basso e lontane dall’illuminazione. Si poteva accelerare il processo di illuminazione rinunciando ai piaceri della vita e diventando rigorosamente ascetici.
    I monaci e le monache giainisti chiedevano la carità e digiunavano fino alla morte. Lo sdegno per la vita terrena era incarnato dal loro salvatore Parsva, l’asceta, che era rimasto nudo per dodici anni e si nutriva solamente di briciole. (continua)


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