Origini del Backgammon

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    Il backgammon è un gioco da tavolo/sport per due giocatori. Ciascun giocatore possiede 15 pedine che muove lungo 24 triangoli (punti) secondo il lancio di due dadi. Lo scopo del gioco/sport è riuscire per primi a rimuovere tutte le proprie pedine dalla tavola, cercando nel contempo di bloccare l'avversario e di evitare le sue azioni di disturbo.



    Storia

    L'origine del backgammon viene comunemente fatta risalire a circa 5000 anni fa al Gioco reale di Ur ritrovato nella tomba di un re sumero durante gli scavi nell'antica città mesopotamica di Ur, nell'attuale Iraq. Una successiva scoperta[1], però, sembra poter anticipare la data di nascita di circa 100-200 anni e trasferire il luogo di nascita nell'attuale Iran a causa del ritrovamento di una tavola durante gli scavi archeologici della città di Shahr-i Sokhta nella provincia sud-orientale del Sistan-Baluchistan.

    È probabile che successive migrazioni ne abbiano permesso una diffusione estensiva sia verso Occidente che verso Oriente favorendo la nascita di numerose varianti. Vista la sua antichissima origine è facile comprendere come siano potute nascere col tempo anche numerose leggende sulla sua paternità. Una di queste attribuisce l'invenzione al re di Persia Ardashir Babakan, della dinastia dei Sasanidi, un'altra ad un antico saggio indiano di nome Qaflan. Una variante di nome Senet si doveva giocare anche nell'antico Egitto. Sono state trovate delle tavole risalenti al 1500 a.C. nella tomba di Tutankhamen così come degli affreschi raffiguranti delle tavole simili a quella attuale.

    La diffusione della tavola, nelle sue diverse varianti, non si arresta e raggiunge la Grecia: Platone accenna alla popolarità di cui un gioco simile godeva tra i Greci. Sofocle ne attribuisce l'invenzione a Palamede che in tal modo passava il tempo durante il lungo assedio alla città di Troia. Omero lo menziona nell'Odissea.

    Un gioco costituito da una tavola e tre dadi si conquista il suo posto d'onore anche nell'antica Roma; era conosciuto come Ludus Duodecim Scriptorum ("gioco delle dodici linee"), che successivamente prese il nome, probabilmente anche subendo delle modifiche, di Alea ("dado") o Tabula ("tavola").

    Il gioco doveva essere molto diffuso in tutte le classi sociali. Svetonio, nelle sue Vite di dodici Cesari, descrive così l'interesse maniacale che l'imperatore Claudio nutriva per quel gioco: «Con gran passione giocava ai dadi, su la quale arte mise fuori anche un libro; e soleva giocare anche in viaggio, facendo adattare il cocchio e il tavoliere in modo che il giuoco non si scompigliasse»[2]. Invece gli scavi di Pompei riportarono alla luce dei dipinti murali all'interno di una taverna che raffigurano lo svolgimento di una partita a tabula, terminata tra reciproci insulti.

    Le legioni romane permisero una certa diffusione del gioco (in Britannia era appunto conosciuto col nome di Tables), ma probabilmente esso seguì le sorti della caduta dell'Impero, perdendo via via di popolarità.

    In Asia veniva giocata una versione chiamata Nard già prima del IX secolo che differiva dalla Tabula principalmente per l'uso di due soli dadi. In Cina si diffuse col nome di T'shu-p'u, in Giappone era invece chiamato Sugoroku.

    Una rinascita del gioco in Europa si ebbe durante le Crociate, quando i soldati conobbero la versione del tawla dagli Arabi (takht-e nard, o semplicemente Nard, in persiano).

    Nonostante i numerosi tentativi da parte della Chiesa di bandire il gioco perché ritenuto d'azzardo, la sua diffusione nel Medioevo fu tale che gli storici contano diverse varianti allora in voga, come: Tavola Reale in Italia, Tablas Reales in Spagna, Tavli in Grecia, Tavla in Turchia, Tric Trac in Francia e in Italia[3], Backgammon o Tables in Gran Bretagna, Puff in Germania, Vrhcaby in Cecoslovacchia, Swan-liu in Cina, Golaka-Krida in India.

    Bisogna però attendere il 1743, con la pubblicazione del breve trattato ad opera di Edmond Hoyle, per avere una prima organica codifica delle regole del backgammon. Il dado del raddoppio invece fu inventato negli Stati Uniti solo nel 1928.

    è raffigurato nella tela di Caravaggio, "I Bari", del 1594 circa.

    Origine del nome

    L'ipotesi più accreditata è quella che fa risalire il nome backgammon al sassone baec ("dietro", "ritorno") e gamen (game = gioco). Le più antiche versioni prevedevano di iniziare con le pedine ancora fuori della tavola, perciò il gioco consisteva nell'introdurre le pedine all'interno della tavola (questa fase non è più presente nel gioco moderno) per farle tornare indietro alla casa e poi nuovamente fuori della tavola. Inoltre le pedine mangiate sono costrette a tornare indietro e rifare tutto il percorso. Alcuni però ipotizzano anche che l'origine del nome possa risalire al Gallese dove bach significa piccolo e cammun battaglia perciò il gioco è una riproduzione in piccolo di una battaglia. Un'altra ipotesi spiega l'origine dal fatto che molto spesso la tavola del backgammon era disegnata sul retro (back in inglese) di quelle per gli scacchi.

    Simbolismo

    Gli storici hanno spiegato come, nel backgammon, sia stato rappresentato il ciclo annuale e giornaliero della vita umana: i 24 punti rappresentano le 12 ore del giorno e le 12 della notte ma anche i 12 mesi dell'anno, le 30 pedine i giorni del mese. Anche i due dadi possono rappresentare il giorno e la notte e la somma dei punti ai lati opposti di un dado può far riferimento ai giorni della settimana ma probabilmente anche ai pianeti allora conosciuti. La compresenza di elementi cromatici discordanti (le punte della tavola, le pedine) sembra rappresentare la visione dualistica del mondo nella antica cultura indoeuropea caratterizzabile dal conflitto tra il bene e il male, la vita e la morte. Il backgammon, nella sua capacità di miscelare componenti di abilità e fortuna, simboleggia perciò una certa visione dell'esistenza umana. L'esito di una partita non può essere pianificato a priori così come il successo nella vita: la sorte è importante quanto l'ingegno (in fatti molti giocatori esperti concordano con l'idea che il backgammon sia un gioco in cui la fortuna occupi un ruolo parziale; molti di essi infatti sostengono che un giocatore bravo vince più spesso perché sa ottimizzare i lanci più fortunati, minimizzando al contempo i danni di quelli meno favorevoli).

    Backgammon giocato all'elaboratore

    Il primo forte avversario creato al computer fu BKG 9.8. Fu sviluppato, verso la fine degli anni settanta, da Hans Berliner, all'epoca impiegato presso il dipartimento di scienze informatiche della Carnegie Mellon University e campione mondiale di scacchi per corrispondenza, su un PDP-10 come esperimento sulla valutazione delle posizioni nella tavola. Le prime versioni di BKG giocavano male persino contro i giocatori più scarsi, ma Berliner notò che il programma commetteva gli errori critici sempre in corrispondenza dei cambiamenti di fase del gioco. In seguito applicò i principi di base della logica fuzzy per appianare la transizione tra le fasi del gioco. Gli diede una mano il famoso giocatore Paul Magriel che lo aiuto a rifinire alcuni algoritmi e a migliorare le prestazioni complessive del programma.

    Così, per il luglio del 1979, BKG 9.8 fu pronto a giocare con il campione mondiale dell'epoca, l'italiano Luigi Villa, in un incontro svoltosi a Monte Carlo dove erano in palio 5000$. BKG vinse l'incontro, 7-1, diventando così il primo programma per computer in grado di battere un campione mondiale in un gioco dove è richiesta intelligenza. Per stessa ammissione di Berliner[4], il computer fu però più fortunato nel lancio dei dadi del suo avversario umano.

    Verso la fine degli anni 1980 i creatori di versioni software del backgammon iniziarono a riscuotere successo grazie all'applicazione nei loro programmi dei principi delle reti neurali.

    TD-Gammon, sviluppato per OS/2 da Gerald Tesauro, al tempo ricercatore in IBM, fu il primo programma per computer che giocasse ad un livello uguale a quello di un vero esperto. La rete neurale di questo programma fu addestrata usando algoritmi chiamati "a differenza temporale" (Time Difference, da cui il prefisso TD) applicati ai dati generati giocando con sé stesso.

    Tesauro, in una sua pubblicazione[5], descrive infatti TD-Gammon come «una rete neurale che allena sé stessa per essere una funzione di valutazione del backgammon, giocando contro sé stessa ed apprendendo dai risultati».

    Questa linea di ricerche ha portato allo sviluppo di altre versioni software del backgammon dalle prestazioni eccellenti.

    I più conosciuti sono i programmi commerciali Jellyfish e Snowie per Windows, lo shareware BGBlitz implementato in Java e, tra i programmi open source, GNU Backgammon, sviluppato per Linux ma disponibile anche per altri sistemi operativi.

    Essi giocano oramai alla pari dei migliori giocatori "umani" al mondo tanto che sono sempre più spesso usati per analizzare nel dettaglio le partite dei professionisti e per verificare la validità delle strategie presentate nei libri di settore. Come per gli scacchi, al momento non è chiaro se il migliore giocatore in assoluto sia il miglior computer o il miglior giocatore umano; per la maggior parte degli altri giochi o l'uno o l'altro è, senza ambiguità, il più forte. Ma nonostante questa coincidenza, vi sono enormi differenze tra i software per backgammon e quelli per gli scacchi.

    La principale è che, per il backgammon, la valutazione delle mosse tramite reti neurali finora funziona meglio di altri metodi. Per gli scacchi, la ricerca tramite forza bruta, supportata da sofisticate riduzioni ed altri raffinamenti, funziona meglio delle reti neurali. Di conseguenza, qualsiasi avanzamento nella potenza dell'hardware dei computer ha significativamente migliorato anche la forza dei programmi di scacchi, mentre questo avviene solo marginalmente nel caso del backgammon.

    Quando vengono usati come strumenti di analisi, tuttavia, anche i programmi per il backgammon possono sfruttare appieno la potenza di calcolo del calcolatore. A questo scopo essi non esaminano in profondità l'albero del gioco come negli scacchi, ma giocano invece migliaia di partite diverse partendo dalla stessa posizione. Il grande numero di partite giocate elimina la componente casuale data dal lancio dei dadi. Questo metodo di analisi, detto rollout, si è dimostrato talmente efficace da avere influenzato il modo consigliato per effettuare alcuni tiri di apertura (ad esempio 2-1 e 4-1).

    Da Wikipedia

     
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    NOn avevo mai pensato che un gioco potesse nascondere un tale simbolismo! Molto interessante!
     
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1 replies since 1/11/2010, 16:41   597 views
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