I Titani

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  1. leAlidelDestino
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    I titani nel mito greco




    I titani e le titanidi (o titanesse) erano figure della mitologia greca. Il nome Titano indica generalmente gli esseri nati dall’unione d’Urano e di Gea, ma nel tempo ha ampliato il suo significato per indicare anche le divinità figlie di Giapeto (Atlante, Prometeo, Epimeteo e Menezio). Secondo la Teogonia d’Esiodo (sec. VIII–VII a.C.), il termine “titani” aveva un’accezione dispregiativa, ed essi furono così chiamati dal loro padre Urano per odio. Essi costituiscono la seconda generazione divina. Non sembra abbiano mai avuto un culto, ma regnarono sino alla lotta contro Zeus ed i suoi alleati, che li vide soccombere.

    Quella dei titani è una storia di continue ribellioni: furono loro a mutilare Urano e a scacciarlo dal trono e lottarono anche contro Zeus, che alla fine vinse e li scaraventò nel Tartaro oscuro. A guardia dell’immensa porta di metallo che li custodiva furono posti per l’eternità gli Ecatonchiri.
    I titani furono per lunghe ere i signori dell’universo ed erano presentati come violente potenze ctonie (ossia con caratteri sotterranei, inferi), mentre le divinità olimpiche, che subentrarono loro, avevano caratteri “celesti”.

    Generati da Gaia, la terra, e da Urano, il cielo, così come i tre Ciclopi (Bronte, Sterope, Arge) ed i tre Ecatonchiri o Centimani (Cotto, Briareo, Gige), secondo la tradizione più comune i titani erano dodici, sei maschi (Oceano, Coio, Crio, Iperione, Giapeto, Chronos) e sei femmine, le titanidi: Teti, Febe (Phoebe), Rhea, Mnemosine, Temi, Theia. Nel mito greco, Urano era la personificazione del Cielo, origine di tutte le cose. Egli si unì con Gea o Gaia, la Terra, alla quale chiedeva figli in continuazione. Solo lui aveva le dimensioni per coprirla tutta.

    Il primo titano maschio fu Oceano, il gran fiume che circonda la terra. Sposò la sorella Teti, cioè la “fecondità dell’acqua”, il principio vitale di tutte le acque (Poseidone e sua moglie, Anfitrite, soppiantarono poi Oceano e Teti come sovrani delle acque).
    Gli altri titani furono Ceo o Coio, “l’intelligente”, Crio, “l’ariete del cielo”, Iperione, “colui che abita in alto” (padre di Elio, il dio Sole, di Selene, la dea Luna, e di Eos, dea dell’aurora), e Giapeto “il frettoloso”, padre di Prometeo, creatore dei mortali e portatore del fuoco alla stirpe degli uomini, e di Atlante, che reggeva il mondo sulle spalle. In seguito vennero alla luce le titanidi : Theia o Tia, “la divina”, che si unì col fratello Iperione ed ebbe tre figli: Helios (il sole), Eos (l’aurora) e Selene (la luna); Febe o Phoebe, che si unì col fratello Coio, generò Leto ed Asteria e fu la titolare dell’oracolo di Delfi prima d’Apollo; Rhea, “la terra”, che si unì con Chronos e generò gli dèi olimpici, talvolta identificata con la “grande madre” Cibele; Temi, la dea della giustizia divina, “l’ ordine”, titolare degli oracoli, che concepì con Zeus le Ore e le Moire; Mnemosine, la dea della memoria, che con Zeus concepì le nove Muse; e Teti, regina del mare, dei pesci e della navigazione.

    Ricordiamo – secondo Platone – i nomi “grecizzati” dei dieci re di Atlantide, i figli di Poseidone, Atlante e i suoi fratelli: “Il suo gemello ebbe il nome greco di Eumelo, che nella loro lingua si dice Gadiro. Quelli del secondo parto, l’uno Amfere, l’altro Euemone; quelli del terzo, il primo Mnesea, l’altro Autoctone; quelli del quarto, il primo Elasippo, l’altro Mestore: a quelli del quinto, al primo fu posto nome Azaes, al secondo Diaprepe” (Crizia).

    Gli antichi Greci attribuivano ai titani le scoperte primordiali e l’invenzione delle tecnologie umane. Un modo di ammettere che la loro stirpe, quando arrivò nel bacino del Mediterraneo, trovò una civiltà già sviluppata.
    L’ultimo nato dei titani, ed il più importante, fu Chronos, divinità dai pensieri tortuosi, destinato a spodestare il padre Urano dal governo nell’universo.
    Gaia, stanca della fecondità del marito, chiese ai figli di ribellarsi al padre, per proteggerla dalla sua frenesia di procreazione. Solo il figlio minore, Chronos, accondiscese. Una notte, mentre Urano pretendeva i favori di Gaia, egli tese un agguato al padre e lo evirò nel momento culminante dell’orgasmo, con un falcetto datogli dalla madre. Dal sangue sgorgato nacquero le Erinni, e dallo sperma caduto in mare Afrodite.
    Chronos, dopo aver mutilato il padre, gli rubò lo scettro, inaugurando un nuovo regno. Prese in moglie la sorella Rhea. Da loro ebbe origine la stirpe olimpica, della quale Zeus è il dio più grande nel pantheon ellenico. Chronos generò con Rhea un gran numero di figli, che si affrettava a ingoiare appena nati, per il timore di subire lo stesso destino di Urano. Ma Rhea riuscì a salvare l’ultimo di essi, Zeus, porgendo a Chronos, che ingannato la ingoiò, una pietra avvolta in fasce.

    Zeus, cresciuto in età e in forze, assalì il padre, aiutato dal maggiore dei titani, Oceano, era rimasto in disparte, quando tutti gli altri avevano sostenuto il loro fratello minore Chronos nella conquista del trono al posto del padre Urano, e lo obbligò a rigettare tutti i figli ingoiati che, essendo immortali, tornarono tutti vivi alla luce. Prima di sostituirlo sul trono, Zeus dovette però sopportare l’assalto di alcuni titani, insorti per vendicare il fratello e contrari al nuovo ordine.

    Si racconta anche che i titani, dietro istigazione di Hera, la sposa gelosa di Zeus, rapirono un giorno Dioniso, dio del vino, che Zeus aveva avuto dall’unione con Persefone. Il corpo di Dionisio fu fatto in pezzi e divorato. Si salvò solo il cuore, che Athena raccolse e portò al padre Zeus, il quale lo depose nel ventre d’una donna tebana, Semele, che partorì un nuovo bambino. Per punizione Zeus fulminò i titani e li ridusse in cenere. Da quella cenere si generò il genere umano.

    La lotta della stirpe di Zeus contro i titani, la Titanomachia, è narrata da Esiodo nella Teogonia. La lotta durò dieci anni (come l’altrettanto mitica guerra di Troia) e si concluse infine con la vittoria di Zeus, aiutato non solo dagli Olimpici, ma anche dai giganteschi Ecatonchiri, da Prometeo e grazie alle saette fabbricate per lui dai Ciclopi che da questo momento divengono i fabbri divini. Di tutti i titani, soltanto Prometeo e Oceano si schierarono con Zeus contro Chronos, procurandosi così tutti gli onori. Zeus, insieme agli altri dèi olimpici, conquistò il cielo e precipitò i titani nel Tartaro. Analoga sorte subirono i giganti, mostri nati dalle gocce del sangue di Urano, mutilato da Chronos, i quali avevano osato tentare la scalata dell’Olimpo, sovrapponendo il monte Ossa al Pelio. Si giunse infine ad una riconciliazione e Chronos fu riconosciuto da Zeus come re dell’Età dell’Oro. Atlante fu condannato a sostenere la volta celeste. Un altro titano fu sotterrato e ai suoi movimenti la terra tremava, provocando un terremoto.

    Tutti questi miti adombrano rapporti e conflitti tra popoli e stirpi che popolavano il Mediterraneo, all’epoca in cui vi si stabilirono gli antenati dei Greci classici. Possiamo ribaltare l’espressione usuale che i Greci volessero raffigurare le loro divinità sotto sembianze umane, per affermare piuttosto che essi divinizzarono i loro primi antenati fondatori (come d’altronde facevano gli Egizi e le altre stirpi).

    tratto da: www.liutprand.it
     
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