Gli ultimi baluardi dei cavalieri templari

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  1. Aliena
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    Le Valli di Lanzo e la tradizione dei Celti

    A nord della città di Torino, subito dopo il Parco Regionale La Mandria, si aprono le tre Valli di Lanzo con tutto il loro fascino paesaggistico e storico. Da sempre sono state il teatro naturale delle vicende dei Nativi europei e successivamente dei Celti che hanno ereditato i loro miti e la loro cultura.
    In questa area i Celti sono stati oggetto delle persecuzioni di culture estranee che li hanno soggiogati, prima l’Impero romano e poi la Chiesa del tempo, costringendo i continuatori della tradizione celtica ogni volta a rifugiarsi nelle parti più interne e inespugnabili delle tre omonime Valli.
    Così sono riusciti a sopravvivere gli eredi dell’antica tradizione dei Nativi europei. Molte testimonianze confermano ancora oggi la loro presenza. Dalle opere megalitiche sparse su tutto il territorio, ai miti popolari, alle leggende che ricordano la discesa di Fetonte e la conoscenza del Graal. Gli abitanti delle tre Valli parlano tuttora il “franco-provenzale”, derivato dall’antica lingua dei Celti e associato al gruppo degli idiomi “gallo-romanzi” a cui appartengono il francese e l’occitano-provenzale.
    Nell’area che comprende il Parco Regionale La Mandria sino alle tre Valli di Lanzo si estendeva il territorio dei Salassi e quello della tribù celtica dei Rama che era giunta dalla Valle di Susa, sua terra d’origine, attraversando una lunga galleria che l’aveva portata sino a queste nuove terre. Va ricordato che la gente di Rama si legava al mito di Fetonte, il dio giunto dal cielo a portare la conoscenza delle scienze e dell’Alchimia spirituale agli uomini del tempo, proprio alle falde del Roc-Maol, l’attuale Monte Rocciamelone. La leggenda vuole che il popolo dei Rama custodisse la grande ruota d’oro forata che Fetonte avrebbe donato, come fonte di conoscenza, prima di accommiatarsi dall’umanità.
    Una terra ricca di leggende e di miti. C’è da dire che già all’interno dell’area del Parco La Mandria possiamo constatare come anticamente esistesse una radura, circondata da una folta foresta, in cui si riunivano i druidi delle Valli per le terapeutiche e i riti. Qui si ergeva un millenario e gigantesco albero che sembrerebbe aver dato origine al rito attuale del “Palo di Maggio” legato al folklore di molti paesi delle valli.
    E proprio in questo luogo, per quello che rappresenta nel mito e nelle leggende, è stato edificato il grande Cromlech di Dreamland a testimonianza di quello che, a suo tempo, era stato fatto costruire dai suoi due aiutanti di metallo dorato.


    La casa-forte templare del “Ruciàss” di Balme (Valli di Lanzo, Torino)


    In parecchi paesi dell’arco alpino, dal 1350 in poi, all’improvviso fecero la loro apparizione uomini sconosciuti e ricchissimi che si impegnarono nel sostentamento morale e materiale della gente del luogo in cui erano comparsi.
    In merito a questo evento, una particolare attenzione deve essere data al caso della casa-forte, di configurazione templare, di Balme, conosciuta nella valle con il nome “Ruciàss” o “Routchàss”, poiché rappresenta un esempio emblematico delle vicende dei Cavalieri Templari sopravvissuti che si rifugiarono nelle Valli di Lanzo.
    Balme, Barmes in francoprovenzale, è una cittadina abitata fin dai tempi più antichi che si trova a 1400 metri di altitudine e oggi rappresenta il più alto comune delle Valli di Lanzo e l'ultimo della valle di Ala di Stura.
    Come era già accaduto in altri luoghi dell’arco alpino, anche in questo luogo intorno al 1550 era comparso uno sconosciuto, Jouan Castagnero, che i balmesi ricorderanno come “Gian dìi Lentch”. Le sue origini anagrafiche sono avvolte dal mistero. Si dice che fosse nato a Voragno di Ceres da famiglia già antica della valle. Nelle credenze popolari è ricordato come un essere gigantesco, venuto dal nulla, che possedeva poteri straordinari.
    Per prima cosa Castagnero costruì in cima al paese, su un solido sperone roccioso a picco sulla Stura, chiamato tuttora “Ruciàss” dei Castagneri-Ljinch, all’inizio una cappella e poi anche un edificio più grande che divenne la sua stessa dimora. Un’opera di insieme che rivela innegabili caratteristiche comuni sia con i Ricetti medievali dell’area eporediese che con altre costruzioni tipiche dell'architettura templare come lo erano i loro castelli rupestri.
    Dopo essersi insediato a Balme, Castagnero fece rapidamente fortuna come imprenditore di miniere e di forge, acquisendo anche la qualifica di nobile. Era talmente ricco che gli abitanti del luogo pensavano persino avesse scoperto qualche filone d'oro che teneva nascosto.
    Jouan Castagnero si dedicò particolarmente alla vita sociale di Balme. Nel 1610 riuscì a ottenere l’autonomia amministrativa della cittadina separandola da Ala di Stura di cui risultava una frazione. Si dedicò tanto all’interazione con gli abitanti della cittadina e alla sua crescita che ancora oggi viene ricordato e risulta che praticamente quasi tutti i balmesi sono suoi discendenti e portano il suo nome.
    Nel 1697, un balmese con il nome di Joanni Castagnerius dipinse alcuni affreschi, tuttora visibili, su una parete laterale all'entrata del Ruciàss.
    Tre di questi sono riferibili chiaramente a scene e figure del simbolismo cristiano. Il quarto invece sembra rappresentare la celebrazione di una iniziazione rosacruciana, il movimento nato dopo la scomparsa dell’Ordine del Tempio. I commensali che appaiono nell’affresco sono nove, quanti erano inizialmente i Cavalieri del Tempio. Ogni commensale ha davanti a sé un ramo d'acacia e una rosa, simboli assolutamente templari. Inoltre compaiono con evidenza cinque gradini, numero emblematico dei gradi iniziatici dei Templari, che gli Iniziati dovevano percorrere esperienzialmente per giungere alla conoscenza segreta del Graal.

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    Il Ruciàss e il segreto della “Sindone di Torino”


    La cappella del Ruciàss rappresenta un elemento importante nella storia dei Cavalieri del Tempio poiché secondo le varie testimonianze storiche rappresenterebbe il luogo dove la reliquia templare, oggi conosciuta come la “Sindone di Torino”, sarebbe transitata nel 1535, e ospitata per un certo tempo prima di giungere nella città di Torino dove sarebbe poi stata custodita definitivamente con il nome che oggi le è ufficialmente riconosciuto.
    La “Sindone di Torino” non è l’unica esistente. Essa rappresentava una delle tante reliquie della serie della “passione del Cristo” che dominavano la cultura cristiana del basso medioevo e che costituivano una merce preziosa destinata all’acquisto da parte di nobili e notabili. Sul mercato si potevano trovare anche innumerevoli chiodi della croce del Cristo, spine conservate della corona della narrazione evangelica. Erano in vendita infiniti pezzi del legno della croce, sangue dello stesso Cristo e così via.
    All’epoca era fiorente anche il commercio relativo ai “sacri lenzuoli” che si diceva avessero coperto il corpo di Cristo prima della sua resurrezione. Ne esistono tuttora molti esempi in varie chiese di tutta l’Europa, come la Sindone di Cadouin, il Sudario di Oviedo e la Sindone di Compiègne, andata distrutta a seguito dei moti della Rivoluzione francese.
    La Sindone di Torino è oggi la più famosa e ha offuscato l’esistenza delle altre copie. In realtà l’origine “divina” della Sindone di Torino non è mai stata accertata e la sua origine è tuttora controversa a seconda degli enti che la prendono in esame.
    Una datazione radiometrica eseguita nel 1988 con il carbonio 14 constatò che il “sudario” doveva essere di origine medievale e realizzato in un intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390. Poi sopravvenne l’imperativo della “fede” che ancora oggi lo vuole portare ad essere una indiscutibile testimonianza evangelica.
    Ma basterebbe un semplice ragionamento per capire come la “Sindone di Torino” sia solamente un abile dipinto invece che un sudario divino. Se l’immagine fosse il risultato dell’apposizione di un telo su di un volto, l’immagine del volto stesso dovrebbe apparire deforme, poiché la superficie fisica bidimensionale di un viso è molto più grande di quella tridimensionale che si riflette allo specchio. Pertanto l’immagine del volto impresso sul telo è dichiaratamente un volto dipinto e non certamente l’impronta del sudore che un viso può aver lasciato sul lino.
    L’origine della “Sindone di Torino” si rivela per certi versi emblematica per la storia e i segreti dell’Ordine del Tempio.
    Nel giugno del 1353, circa cinquanta anni dopo il tragico rogo del Gran Maestro dell’Ordine del Tempio Jacques de Molay, il cavaliere Goffredo di Charny aveva dichiarato di essere venuto in possesso del “sudario divino”. Era riuscito a recuperarlo, secondo la narrazione del tempo, dopo varie peripezie. La reliquia sarebbe stata recuperata in Gerusalemme, quindi ricoverata per molti anni a Costantinopoli e più tardi portata ad Atene. Da qui sarebbe stata trasferita sino a Lirey in Francia per essere consegnata al cavaliere.
    Goffredo avrebbe poi donato la reliquia al Collegio dei canonici della chiesa votiva di Lirey, che lui stesso aveva fondato, dando seguito già da allora a un onesto contenzioso sulla veridicità della stessa reliquia.
    Nel 1415 Margherita di Charny, discendente di Goffredo, facendo le sue debite pressioni sui responsabili della chiesa di Lirey si riappropriò del lenzuolo e nel 1453 lo vendette ai duchi di Savoia. Pertanto, intorno al 1578, il “sudario” prese il suo cammino verso il capoluogo piemontese, passando da Chambéry attraverso l'Haute Maurienne, l'Alta Valle d'Arc, il Col d'Arnas o il Collirin, per giungere nella città di Torino dove la casata dei Savoia si era da poco trasferita.
    Nel suo tragitto tra le Alpi, il “sudario” passò per Balme e fu ospitato per qualche tempo proprio nella cappella del Ruciàss dove avvenne la sua ostensione a beneficio dei numerosi Templari che erano giunti per rendergli omaggio.
    Ma c’è l’ipotesi che la loro presenza non fosse ispirata dall’osservanza di valori cristiani, visto che proprio la Chiesa aveva torturato e mandato al rogo i suoi dignitari e aveva disciolto l’Ordine con accuse infamanti solo per appropriarsi dei suoi beni.
    Si dice infatti che il “sacro lenzuolo” sia giunto e abbia sostato in questo luogo proprio per via dell’importanza che l’immagine rivestiva presso i sopravvissuti Cavalieri del Tempio, in quanto la figura che compariva sul tessuto non sarebbe stata quella del Cristo, bensì il ritratto di Jacques de Molay, il Gran Maestro dell’Ordine Templare, eseguito dopo la sua tragica morte per ricordarne il sacrificio.
    Se così fosse, il fatto rappresenterebbe una ennesima beffa storica che l’Ordine avrebbe attuato ai danni della Chiesa, obbligata suo malgrado a celebrare per sempre la celebre vittima proprio all’interno di un suo tempio per espiare la colpa del suo efferato delitto.
    Un segreto che, se si rivelasse rispondente al vero, rivoluzionerebbe il significato della “Sindone di Torino”. Un segreto che in ogni caso non verrebbe mai rivelato dalla Chiesa e che rimarrebbe tale. Un segreto che comunque, come recitava un vecchio codice dell’Ordine Templare, era a conoscenza di Dio, del diavolo e dei dignitari dell’Ordine.
    Oggi potremmo aggiungere che sarebbe a conoscenza anche delle Famiglie celtiche delle Valli di Lanzo, sopravvissute fino a oggi alle persecuzioni, che hanno ereditato le tradizioni dei Templari.

    Fonte: www.shan-newspaper.com - articolo di Giancarlo Barbadoro

    Forse questo luogo sperduto nelle Alpi è di poco interesse per le persone, ma ne parlo per via del legame forte che ho con queste vallate.
    A testimonianza di quanto è scritto e dell'importanza che ebbero questi emblematici personaggi, vi è il fatto che la maggior parte della gente che abita Balme porta proprio il cognome Castagneri, che è un distintivo, quasi un marchio. Ovunque, nei paesini circostanti, se dici di chiamarti Castagneri, ti rispondono "Allora sei di Balme!".
    Questo è il "ruciass":

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    Ma ho cercato queste informazioni in seguito a una foto che scattai io stessa, nell'estate di due anni fà, la prima volta che mi aggirai per il paese per visitarlo. Infatti di solito i turisti non si fermano a Balme (a meno che siano escursionisti che effettuano la Grande Traversata Alpina, di cui Balme è una tappa), ma proseguono verso l'ultimo altopiano prima delle Alpi Graie, che è il Pian della Mussa. Insomma, Balme viene troppo spesso considerata solo un luogo di passaggio, mentre tra le sue strette viuzze è ricca di opere d'arte che meritano attenzione.
    La foto che ho scattato è questa, all'epoca ero del tutto ignara della leggenda templare:

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    Come potete vedere il simbolo di questa famiglia è un cavaliere, molto simile a un templare (anche se non porta la croce rossa), che tiene in mano uno scudo su cui sono raffigurate tre ruote di carro a sei raggi. Come detto qualche riga più sopra, la ruota secondo i Celti è il simbolo della conoscenza donata da Fetonte, il Dio nel quale credeva questo popolo. Inoltre le ruote qui raffigurate sono tre e per quel poco che ne so, il 3 è proprio il simbolo della Divinità, nonchè della Perfezione.
    Ma quelle ruote, oltre a essere potenzialmente l'emblema della conoscenza del mito di Fetonte, sembrerebbero una stilizzazione del cosiddeto Sole delle Alpi, che guarda caso è il simbolo della bandiera Francoprovenzale ed è questo:

    0fsq.th

    Il Sole delle Alpi è un simbolo che si trova solo nelle nostre zone alpine, mentre oltralpe è pressochè sconosciuto. Ma la cosa ancora più bella della foto che ho scattato all'affresco è la data: 15 giugno 1817. La maggior parte delle informazioni che trovo su internet si fermano al 1600 e spesso terminano con un generico "tramandando la cultura fino ai giorni nostri", ma dal 1600 al 2000 intercorrono ben 400 anni, che spesso sono vuoti, non vengono approfonditi, o comunque si devono ricercare in maniera personale, consultando archivi comunali o facendo ricerche sul posto come quella che ho fatto io. La data di questo affresco crea un ponte di collegamento tra questi secoli, a testimonianza che ancora nei primi dell'800 queste simbologie misteriose erano invece comuni tra la gente, tanto da utilizzarle come stemma di famiglia :)
     
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    Ottimo articolo, Aliena, e anche le tue riflessioni con tanto di foto! Quante cose non si conoscono! :D
     
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    Molto interessante Aliena!!!! :)
     
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    Un articolo bellissimo e interessante,Aliena; poi io adoro le storie sui templari.
     
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  5. Aliena
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    Grazie...a dire il vero potrebbe essere più ricco e più documentato, ma le cose più belle spesso si scoprono con casualità e da una semplice foto ci si ritrova ad aprire un mondo intero :)
    Comunque la prima volta che torno lassù, magari faccio altre foto alla cappella, al vecchio castello e ai suoi simboli :)
     
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4 replies since 24/6/2013, 10:55   283 views
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