Il Mito della Nascita del Mondo

Gea, Urano e Crono

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  1. Lagertha•
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    Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i saggi in mezzo a biasimi e lodi (Buddha)

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    Non esisteva la terra, il mare o qualunque altra cosa del creato. ERA SOLO IL CAOS, senza forma al di là del tempo e dello spazio.

    All'improvviso dal Caos apparve Gea, la terra principio di vita e madre della stirpe divina, prima realtà materiale della creazione. Dopo di lei apparvero Eros, il Tartaro (luogo di punizione delle anime malvagie), l'Erebo (la notte) ed i Giganti simbolo della forza bruta e della violenza sconvolgitrice della natura.

    GEA ED URANO

    Gea generò da sola Ponto il mare ed Urano il cielo stellato che scelse come sposo e dalla cui unione nacquero i dodici Titani, sei maschi (Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Crono) e sei femmine (Tea, Rea, Temi, Teti, Febe, Mnemosine). Nacquero inoltre i tre Ecatonchiri o Centimani, Briareo, Gia e Cotto mostri con cinquanta teste e cento braccia ed i tre Ciclopi Bronte, Sterope ed Arge tutti con un solo occhio in mezzo alla fronte e Crono.

    GEA E PONTO

    Gea si unì anche con Ponto, dal quale ebbe Taumante che secondo alcuni fu padre delle Arpie; Forco, la personificazione del mare in tempesta; Ceto la personificazione delle insidie che si celano nel mare in tempesta ed Euribia personificazione della violenza tempestosa del mare .

    GEA E TARTARO

    Gea concepì anche con Tartaro dal quale nacque Tifone (o Tifeo) padre di tutti i venti furiosi e dei più orribili mostri.

    Iniziava cosi' il REGNO DI URANO, che assieme a Gea governavano il creato.

    Urano era ossessionato dall'idea che i suoi figli potessero privarlo del dominio dell'universo, di cui era il primo signore tanto che, ottenebrato da questa paura, iniziò a sprofondarli al centro della terra.

    Urano

    Gea, triste e irata per la sorte che il suo sposo destinava ai figli, decise di reagire. Costruì, all'insaputa di Urano, un falcetto con del ferro estratto dalle sue viscere e radunati i suoi figli, chiese a tutti di ribellarsi al padre. Uno solo, il più giovane osò seguire il consiglio della madre, Crono che armato dalla madre, si nascose nella Terra ed attese l'arrivo del padre. Era infatti abitudine di Urano, discendere la notte dal cielo per abbracciare la sua sposa nell'oscurità.

    image

    Non appena Urano si presentò, Crono saltò fuori e con una mano immobilizzò il padre mentre con l'altra lo evirava con il falcetto. Il sangue che sgorgava copioso dalla ferita fecondò Gea dalla quale nacquero le Erinni, le ninfe Meliadi e le ninfe del Frassino i Giganti mentre dalla spuma dei suoi genitali che cadevano nel mare, si generò Afrodite
    Urano, riuscì però a scappare lontano e da allora mai più si avvicinò alla terra, sua sposa.

    Il governo della terra, sarebbe toccato al più anziano, Oceano (uno dei Titani), ma Crono, con l'inganno riuscì a impossessarsi del trono e a regnare sul creato.

    Iniziò così il REGNO DI CRONO.

    La prima cosa che fece Crono fu quella di liberare i suoi fratelli dalla prigionia alla quale il padre li aveva relegati ad eccezione dei Ciclopi e degli Ecatonchiri nei confronti dei quali nutriva seri dubbi sulla loro lealtà nei suoi confronti. Questo fu un grave errore da parte sua, errore che, negli anni a venire, gli sarebbe costato molto caro.

    Per continuare l'opera della creazione Crono, scelse Rea (una dei Titani), sua sorella come sposa.

    Crono

    Nel frattempo, la grande opera della creazione continuava e numerose divinità apparivano:

    - le Graie e le Gorgoni;
    - Thanatos la morte, Eris la discordia, Nemesi la vendetta, le Moire , il destino (tutti figli di Erebo, la notte);
    - Elios il sole, Selene la luna, Eos il mattino (tutti figli del Titano Iperione);
    - Iride l'arcobaleno ed altre ancora.

    Con Rea, Crono ebbe numerosi figli tra cui Poseidone, Ade, Era, Demetra, Estia.

    Sotto il regno di Crono la terra conobbe l'età dell'oro ma la sua tranquillità fu minata da un triste vaticinio: gli fu infatti predetto che il suo regno avrebbe avuto fine per mano del suo figlio più forte. Terrorizzato, per tentare di ingannare il destino iniziò a divorare i suoi figli non appena nascevano, tenendoli così prigionieri nelle sue viscere.

    Rea, disperata, chiese aiuto ai genitori per cercare di salvare i propri figli. Fu così che dopo aver fatto nascere il suo ultimogenito Zeus, Rea si recò dal suo sposo e anziché presentargli il figlio, gli consegnò un masso avvolto nelle fasce che Crono ingoiò senza sospettare nulla.

    image

    Il piccino era stato nascosto da Rea in una caverna del monte Ida nell'isola di Creta e secondo molti fu nutrito dalla capra che si chiamava Amaltea mentre secondo Ovidio (Fasti, V, 115 e segg.) Amaltea era il nome della ninfa Amaltea che possedeva una capra che aveva due capretti la quale costituiva l'orgoglio del suo popolo per le superbe corna ricurve all'indietro e per le mammelle ricche di latte, degne di allattare il grande Zeus. Un giorno la capra si spezzò un corno urtando contro un albero perdendo metà della sua bellezza. Il corno fu raccolto da Amaltea che lo ricolmò di frutta ed erbe e lo donò a Zeus. Questi, una volta diventato il re degli dei, pose Amaltea fra le costellazioni e rese fecondo il corno che ancor oggi porta il suo nome, cornucopia (dal latino "cornu=corno" e "copia = abbondanza"). Anche l'ape Panacride nutriva Zeus dandogli il miele ed un'aquila gli portava ogni giorno il nettare dell'immortalità. I suoi pianti erano coperti dai Cureti che battevano il ferro per impedire ad alcuno di sentire i suoi vagiti.

    Zeus quando fu grande a sufficiente salì in cielo e con l'inganno fece bere a Crono una speciale bevande preparata da Metis che gli fece vomitare i figli che aveva divorato e dopo ciò dichiarò guerra al padre.

    Ebbe così inizio una terribile lotta che durò dieci anni che vide da una parte Crono, al cui fianco si schierarono i Titani; e dall'altra Zeus, al cui fianco c'erano tutti i suoi fratelli.

    Entrambe le parti si battevano senza esclusione di colpi. La terra era devastata dai Titani che con la loro forza cambiavano i contorni della terra, distruggendo montagne e scagliandole nell'Olimpo, il monte più alto della Grecia, dove Zeus ed i suoi fratelli avevano stabilito il proprio regno.

    La guerra sarebbe andata avanti ancora per parecchio tempo se Gea non fosse intervenuta per consigliare a Zeus di liberare i Ciclopi e stringere alleanza con loro. I Ciclopi, per ripagare Zeus di avergli reso la libertà fabbricarono per lui le armi che sarebbero entrate nella leggenda e con le quali avrebbe retto il suo regno dalla cima dell'Olimpo: le folgori.

    Zeus liberò anche gli Ecatonchiri, che con le loro cento braccia iniziarono a scagliare una quantità infinita di massi contro la gente di Crono che assieme alle folgori scagliate da Zeus, decretarono la vittoria finale.

    Sulla sorte che Zeus fece fare al padre Crono ci sono diverse ipotesi. Secondo alcuni gli fu concesso di regnare nelle isole dei Beati, ai confini del mondo. Secondi altri, fu condotto a Tule e sprofondato in un magico sonno secondo altri ancora fu incatenato nelle più profonde viscere della terra.

    Certa è invece la sorte che fu destinata ai Titani: furono incatenati nel Tartaro, e la loro custodia fu affidata agli Ecantonchiri.

    Racconta Luciano nei Saturnali in un singolare dialogo tra Crono detronizzato e vecchio ed un suo sacerdote:

    " (…) Crono: Ti dirò. In prima essendo vecchio e perduto di podagra (e questo ha fatto creder al volgo che io ero incatenato) io non potevo bastare a contenere la gran malvagità che c'è ora: quel dover sempre correre su e giù, a brandire il fulmine, e folgorare gli spergiuri, i sacrileghi, i violenti, era una fatica grande e da giovane; onde con tutto il mio piacere la lasciai a Zeus. Ed ancora mi parve bene di dividere il mio regno tra i miei figlioli , ed io godermela zitto e quieto , senza aver rotto il capo da quelli che pregano e che spesso dimandano cose contrarie, senza dover mandare i tuoni, i lampi e talora i rovesci di grandine. E così da vecchio meno una vita tranquilla , fo buona cera, bevo del nettare più schietto, e mo un po' di conversazioncella con Giapeto e con altri dell'età mia; ed egli si ha il regno e le mille faccende. (…)"

    Terminava così il regno di Crono, secondo sovrano della divina famiglia e aveva inizio quella di Zeus, terzo sovrano e suo figlio.

    Disse Omero (Iliade, VIII, 3 e sgg.)

    "Su l'alto Olimpo il folgorante Giove
    Tenea consiglio. Ei parla e riverenti
    stansi gli Eterni ad ascoltar: M'udite
    Tutti ed abbiate il mio voler palese;
    E nessuno di voi, nè Dio nè Diva,
    Di frangere s'ardisca il mio decreto;
    Ma tutti insieme il secondate ...
    ... degli Dei son io
    Il più possente ... "

    Dopo la sconfitta del padre Crono ed avere precipitato gli alleati del padre, i Titani, nel Tartaro, sembrò finalmente che iniziasse un periodo di serenità per la stirpe divina, governata dal potente Zeus.

    In realtà però, una nuova minaccia si affacciava all'orizzonte che avrebbe portato Zeus ad intraprende un'ennesima lotta contro un temibile nemico: Tifone

    Zeus contro Tifone

    Gea per vendicarsi di Zeus che aveva precipitato i Titani, suoi figli, nel Tartaro, si recò in Cilicia, da suo figlio Tifone (o Tifeo), che aveva generato dopo essersi unita al Tartaro. Alla richiesta di aiuto di Gea, Tifone, decise di allearsi con lei e di muovere guerra a Zeus.

    Tifone, reso ancora più orribile dall'ira che lo animava, salì sull'Olimpo per battersi contro gli dei. La sorpresa e lo spavento fu tale che gli stessi dei, dopo essersi trasformati in animali (Apollo in corvo, Artemide in gatta, Afrodite in pesce, Ermes in cigno, ecc.), scapparono nel lontano Egitto lasciando da solo Zeus ad affrontarlo.

    Il combattimento fu lungo. Zeus dapprima iniziò a scagliare le sue folgori, poi, mano mano che Tifone si avvicinava, lo colpì ripetutamente con la falce. Il mostro sembrava vinto ma quando Zeus si avvicinò per scagliare il colpo mortale, fu afferrato dalle gambe di Tifone ed immobilizzato. Tifone fu rapido a strappargli la falce con la quale gli recise i tendini delle mani e dei piedi.

    Zeus era vinto.

    Tifone decise quindi di nascondere Zeus in Cilicia, rinchiudendolo in una grotta chiamata Korykos (il "Korykos antron", che vuol dire "sacco di pelle") mentre i suoi tendini, deposti in una sacca di pelle d'orso, li affidò alla custodia della dragonessa Delfine, metà fanciulla e metà serpente.

    Il suo destino sarebbe stato segnato se Ermes, figlio di Zeus, ripresosi dallo spavento decise di reagire. Rubò la sacca a Delfine e trovata la grotta dove era stato imprigionato il padre, lo liberò e lo curò rendendolo nuovamente forte e potente.

    Zeus, iniziò allora una nuova aspra e dura lotta contro Tifone, che riuscì a sconfiggere scagliandogli addosso l'isola di Sicilia e ad imprigionarlo sotto il monte Etna, dove ancora giace. Narra la leggenda che le eruzioni del vulcano altro non sarebbero che le fiamme scagliate da Tifone per la rabbia di essere stato vinto.

    Narra Ovidio nella Metamorfosi (V. 346-358)

    "(...) la vasta isola della Trinacria si accumula su membra gigantesche, e preme, schiacciando con la sua mole Tifeo, che osò sperare una dimora celeste. Spesse, invero, egli si sforza e lotta per rialzarsi, ma la sua mano destra è tenuta ferma dall'Ausonio Peloro, la sinistra da te, o Pachino; i piedi sono schiacciati dal (Capo) Lilibeo, l'Etna gli grava sul capo. Giacendo qui sotto, il feroce Tifeo getta rena dalla bocca e vomita fiamme. Spesso si affatica per scuotersi di dosso il peso della terra, e per rovesciare con il suo corpo le città e le grandi montagne. Perciò trema la terra, e lo stesso re del mondo del silenzio teme che il suolo si apra e si squarci con larghe voragini."

    Dopo questa ennesima lotta sostenuta da Zeus, seguì un nuovo periodo di tranquillità. Gli dei fecero ritorno all'Olimpo dove Zeus aveva stabilito la loro dimora.

    Ma una nuova minaccia si profilava all'orizzonte: Gea, che continuava a tramare contro Zeus.

    Zeus contro i Giganti

    Gea, si era recata infatti a Pallade, dove avevano dimora i Giganti, suoi figli generati con Urano. Ad essi chiese aiuto per muovere guerra contro Zeus. I Giganti, accosentendo alla richiesta della madre, forti anche della profezia secondo la quale nessun immortale sarebbe stato in grado di batterli, guidati da Porfirione, il più forte tra loro e da Alcioneo, si recarono nell'Olimpo e iniziarono quella che gli storici chiamarono GIGANTOMACHIA.

    La profezia della loro invincibilità nei confronti degli immortali era nota anche a Zeus, pertanto lo stesso decise di far partecipare alla lotta, oltre a tutti gli dei, anche il mortale Eracle (noto anche come Ercole), suo figlio, generato assieme ad Alcmena.


    Fonte: www.elicriso.it/it/mitologia_ambiente/nascita_mondo2/
     
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