La Luna nella mitologia

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    Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i saggi in mezzo a biasimi e lodi (Buddha)

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    Il nome del pianeta deriva da quello dell'omonima divinità romana, in latino Luna, corrispondente della greca Selene, personificazione della Luna piena e spesso associata con Ecate (la Luna calante) e soprattutto con Artemide (la Luna nuova).

    La Luna ha sempre rappresentato uno degli elementi essenziali della mitologia e della cultura popolare. Nelle antiche culture era diffusa l'idea che la Luna morisse ogni notte per calare nel mondo delle ombre, o che fosse coinvolta in un continuo inseguimento con il Sole, mentre nella mitologia medievale, alla luce della Luna si trasformano i lupi mannari, e alle sue fasi erano legate le riunioni delle streghe.

    Nella religione induista, l'origine delle fasi lunari è spiegata con un aneddoto che coinvolge Ganesha, la divinità con la testa di elefante, ed ampio spazio è ricoperto dalla Luna anche nella cultura islamica.

    Molte delle credenze popolari sono legate agli effetti della Luna: la fase di luna piena è favorevole ai pescatori poiché attira i pesci in superficie, il mosto va messo nelle botti nelle notti di luna nuova, mentre gli ortaggi devono essere seminati con la luna crescente, periodo in cui aumenta anche il numero delle nascite.

    Tra le numerose divinità lunari compaiono alcune figure maschili, come Nanna e Sin tra i popoli mesopotamici, Thoth per gli Egiziani, il giapponese Susanowo, o anche Isil, personaggio mitologico del mondo immaginario creato dallo scrittore J.R.R. Tolkien; tuttavia le principali divinità legate alla Luna sono impersonate da figure femminili, come l'etrusca Artume, ma tra tutte spiccano le dee greche Selene e Artemide, e le loro equivalenti romane Luna e Diana.

    Secondo la mitologia classica, Selene era sorella di Helios (il Sole) e di Eos (l'aurora), ed era figlia dei Titani Iperione e Teia. Dal suo matrimonio con Zeus (Giove), nacque Erse (la rugiada).
    Selene veniva rappresentata come una bella donna, dal viso pallido; indossava lunghe vesti argentate e portava in mano una torcia e sulla testa una luna crescente. Talvolta era raffigurata su una biga trainata da cavalli, all'inseguimento di quella solare.

    Artemide (Diana) era la sorella gemella di Febo (Apollo) e la figlia di Zeus e Leto (Latona). Secondo la legenda Hera (Giunone), la moglie di Zeus, lanciò su Leto una maledizione che la costringeva, per dare alla luce i suoi figli, a cercare un luogo in cui non avesse mai battuto il sole. Per questo motivo Zeus fece emergere dai mari l'isola di Delo, e fu qui che nacque Artemide. Ella nacque per prima ed aiutò la madre a mettere al mondo il fratello Febo, ragione per cui Artemide era considerata anche la dea del parto e della fertilità, una figura simile alla dea frigia Cibele.

    Artemide era anche la dea della caccia, dei boschi, delle fonti e dei torrenti e la protettrice degli animali selvatici. Secondo un aneddoto raccontato da un poema di Callimaco, Artemide, giunta all'età di tre anni, chiese al padre Zeus di esaudire alcuni suoi desideri, ossia di non doversi mai sposare, di rimanere vergine e di avere sempre, come compagni di caccia, dei cervi che tirassero il suo carro e dei segugi, oltre a sessanta fanciulle. Il padre la assecondò. Le sue compagne rimasero vergini, come lei, ed ella vigilò strettamente sulla loro castità.

    Altri epiteti con cui era conosciuta Artemide sono Locheia (patrona della nascita e delle levatrici), Cynthia (dal Monte Cinzio, luogo di nascita), Phebe (versione femminile del fratello Phebo), Potnia Theron (patrona degli animali selvatici, epiteto usato da Omero), Agrotera (protettrice dei cacciatori) e Kourothrophos (protettrice dei giovani).

    Nelle rappresentazioni più antiche Artemide è raffigurata come una dea alata, che tiene in mano un cervo, un leone o un leopardo, mentre nel periodo classico indossava degli stivali da caccia e portava un arco e una faretra con frecce d'argento; al suo fianco venivano spesso ritratti un cane, un cervo o dei cipressi. In alcune rappresentazioni è vista come dea delle fanciulle e tiene in mano una lira. Nei periodi successivi compariva anche con vesti argentate e una corona lunare, simbolo della sua identificazione con la dea Luna.

    Il simbolo astronomico (e astrologico) del pianeta consiste in una rappresentazione stilizzata della sua fase crescente.

    Fonte: www.lavocedellestelle.com/pianeti/luna.aspx


    Edited by Lagertha• - 10/9/2018, 12:28
     
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    Signora del Cancro è la Luna. Il nome Luna si può collegare alla radice leuk/louk (brillare), da cui anche lux (luce). Luna, quindi, aveva in origine il significato di “luminosa”, “splendente” ed era il soprannome cultuale di una divinità lunare. E quando Luna divenne un semplice nome comune, apparvero altre personificazioni come, ad esempio, Diana, che significa pure “luminosa”. In greco, poi, Luna è Mene, dalla radice me da cui anche men e mensis che, rispettivamente in greco e in latino, indicano il mese. Ed è lunare – si sa – il ciclo mensile.

    Ma vediamo le mitiche figure lunari. Selene splendente, Luna piena nel massimo del suo fulgore. Seléne, nome legato a sélas (sanscrito svargah). Selene, detta anche Mene, figlia dei Titani Iperione e Theia, sorella di Elios-Sole e di Eos, l’Aurora. Guida, Selene, come il fratello, un carro cui sono aggiogati una coppia di cavalli o buoi; ma anche cavalca un cavallo o un mulo o un bue. Leggenda d’età alessandrina la fa innamorata del pastore o cacciatore giovinetto Endimione che ha spinto Zeus ad immergerlo in un eterno sonno. E ogni notte scende, Selene, in una grotta nella Caria, per contemplarlo. Ma si narra anche che Pan, preso di lei, l’abbia attirata nei boschi. E che da Zeus abbia generato la rugiada o Herse. Anche detta “bicorne” e “taurina”, Selene, poi identificata con Artemide. Ma è diversa, Artemide, vergine olimpica, figlia di Zeus e di Latona, sorella di Apollo. Dea delle grandi solitudini, ricorda Luigia Stella, “dove la mano dell’uomo non ha ancora modificato, anzi neppure scalfito il volto della terra, ella non è dea di grandi città come Atena, né dea di grandi santuari come Apollo”.

    Mai calma, mai serena come il solare fratello, come lui impugna ed usa l’arco. Bimba di nove anni – verseggia Callimaco – chiede al padre il privilegio dell’arco, come fosse un balocco. E senza tema si reca dai Ciclopi a farselo costruire insieme alle frecce. Né è puramente decorativa quest’arma, ma spesso usata. Con essa uccide le figlie di Niobe, che aveva vantato una sua superiorità su Latona, con essa libera Ares, imprigionato in un orcio di bronzo dai giganti Aloadi, con le sue frecce trafigge il gigante Tizio che tenta di usare violenza a Latona. E da lei vengono le morti femminili improvvise: colpisce le donne “con frecce che non fanno male” e, per questo, anche è detta “leonessa per le donne”. Ma anche senz’arco uccide. Non suscita uno scorpione dalla terra perché colpisca Orione? E non è lei che muta in cervo Atteone, che l’ha vista nuda, perché sia sbranato dai suoi stessi cani? Non meraviglia che il suo nome, Artemis o Artamis, sia stato popolarmente accostato ad artamos che significa macellaio, uccisore. Ma è anche presentata, Artemide, come potnia theron, signora delle fiere, delle bestie selvatiche, protettrice delle creature della selva.

    Si aggira, a piedi o su un carro tirato da cervi, con lieto corteggio di ninfe, votate, come lei, alla castità. E guai se infrangono il voto! Le attende il destino della giovane Callisto, mutata in orsa dalla dea perché amata da Zeus, o della figlia di Merope, trasformata in cerva perché troppo attenta alla sua bellezza. Ma la dea vergine, stranamente, protegge le partorienti: Latona s’è sgravata di lei senza dolore. Nell’Attica, a Braurone, bambine con vesti color zafferano (forse per imitare il vello orsino) danzavano per lei la danza dell’orso: arkteuein (fare l’orso) il verbo che l’indicava. Ed orse, arktoi eran dette le stesse bimbe. Fin dall’antichità, poi, viene identificata con Artemide l’italica Diana. Famoso il culto che le era reso ad Ariccia.

    Come oscura, invisibile Luna Nuova, può essere intesa la terribile Ecate. Ecate Trivia, venerata nei crocevia e associata con il mondo degli spiriti e con le cose ultramondane. Vista spesso come un’orchessa che viene incontro ai viandanti ed è legata alla magia nera. Ci sono rimaste invocazioni che la scongiurano di portar via spiriti molesti o di favorire filtri amorosi che possano distruggere le persone alle quali sono destinati. Ogni mese, nei crocevia, venivano esposti i “banchetti di Ecate” a base di carne di cane ed uova. Antonino Anzaldi

    www.goleminformazione.it/astrologia...ml#.V_fUXXRoahA

    Edited by virginella - 8/10/2016, 12:09
     
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